Capitolo 49

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La giornata passa nel modo più normale del mondo,a parte il fatto che ho consumato sette pacchetti di fazzoletti.
Appena tornata a casa mia madre ha cercato di parlarmi più volte,ma io mi sono rifiutata chiudendomi a chiave in camera mia e uscendo solo per andare in bagno.
Non tocco cibo da sta mattina.
La ciambella che mi aveva preparato mia madre con tanto amore.
Certo,come no.
"Io e Brendon andiamo a fare un controllo all'ospedale"
Sento dire da fuori alla porta.
Sono spaparanzata sul letto con le cuffie nelle orecchie,vorrei telefonare Chris,ma ho finito il credito e non ho la minima voglia di scendere per prendere il telefono fisso.
Incontrerei loro,poi.
"Isa,ci sei?"
Mi domanda mia madre notando che non le rispondo.
"Si,okay" sbotto.
Dopo qualche minuto di silenzio sento le sue zeppe allontanarsi,e io scoppio in un ennesimo pianto.
Vorrei un abbraccio da parte di Jack,vorrei stare abbracciata nel letto con lui sentendomi dire che va tutto bene e che ANDRÀ tutto bene.
Ma lui non c'è,non c'è in tutti sensi.
Basterebbe un suo sguardo,ma quegli occhi non sono riservati a me.
Non devo pensare a lui,è il primo ad avermi fatta del male,cazzo!

Apro gli occhi confusa,prendo il telefono accanto al letto e guardo l'ora:
00.54
Cosa?
Sto dormendo dalle 6 del pomeriggio!
Per il resto della giornata sono stata chiusa in camera a leggere  libri e guardare Netflix.
Poi,come mio solito,mi sono addormentata.
Ora che faccio?Rimango sveglia a torturarmi pensando alla mia catastrofica vita?
Non ho parlato con mia madre per tutto il giorno,e lei non si è preoccupata nemmeno di fare il primo passo per riuscire a chiarire la situazione.
Da quando ho messo piede in questa città,non va bene niente,zero.
E poi ripenso a mio padre,alla scena a cui ho assistito da piccola,a mia madre distesa sul divano per giorni a piangere guardando vecchie fotografie.
Passavo le mie giornate con la nonna in quel periodo:è morta qualche mese fa.
Non posso più vivere in questo modo,non ho niente a cui aggrapparmi.
Fino a quando abitavo a New York avevo tutti i miei amici,la mia scuola,la mia casa,il mio stage pagato e soprattutto ero felice.
Mentre adesso..mi sta crollando tutto addosso.
Tutto ciò che avevo,frantumato su di me.

"Jack,dove sei?"
Sussurro tra me e me,credendo che possa rispondermi.Fino a qualche giorno fa è stato l'unico capace di starmi accanto,ma poi,mi ha ferita,delusa e usata anche lui.

Il giorno dopo...
Il tragitto da scuola a casa mi sembra cortissimo,tanto che faccio un giro in più dell'isolato per pensare ancora un po' e stare sola.
Non ho voglia di andare a casa,non ho voglia di parlare nè con mia madre,nè con Brendon.
Insomma,so che lei non ne ha la minima colpa se l'universo ha voluto che risultassero due gemelli,ma mi sarebbe sembrato già abbastanza complicato avere un fratellino,in più due!
Insomma,è comunque mia madre e ieri avrebbe potuto parlarmene.
Sono troppo orgogliosa per fare il primo passo,nonostante sia la persona che mi ha messa al mondo.
Cerco di non pensarci e mi concentro sulla musica che sto ascoltando facendo sì che mi tranquillizzi molto.
Il sole mi splende sul viso e un lieve venticello primaverile mi scompiglia un po' i capelli,più di quanto non lo siano già.
Mentre percorro gli ultimi metri e sono pronta ad attraversare un camion bianco si ferma affianco a me.
Il conducente all'interno del mezzo abbassa il finestrino e io rimango ferma per sapere di che cosa ha bisogno,o semplicemente che cosa vuole.

Il ragazzo alla guida è carino,ha gli occhi azzurri e i capelli castani.
Quegli occhi mi riportano subito a lui.
Cavolo,perché è così difficile togliermelo dalla testa?!
È come se avesse lasciato un segno dentro di me,ma come cavolo è stato possibile?
"Scusa,puoi ripetere?"
Domando al ragazzo,noncurante di ciò che mi ha domandato poco fa.
Guarda davanti a sè ridendo e poi ritorna a posare il suo sguardo su di me.
"Sai per caso dov'è la farmacia?"
"Ehm..sono qui da poco."rispondo mortificata e imbarazzata.
"Non fa niente,tranquilla."
Mi sorride.
"Mi dispiace"
"E di che?Grazie comunque!"
Sfreccia via sulla strada,e io penso a come sarebbe bello se avessi la patente.
Potrei andarmene via..lontana da tutto e da tutti fregandomene delle conseguenze.
Manca circa un mese ai diciotto anni,dai.

Mentre percorro la strada per tornare a casa mi sento un peso sulle spalle crescere mano a mano che mi avvicino.
Mi ritrovo davanti al grande cancello,premo il pulsante in modo tale da farlo aprire e dopodiché cammino lungo il vialetto arrivando alla porta principale.

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