Capitolo 2 Andrea

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" Non ho chiesto il tuo nome " era la frase più dolce che io avessi mai sentito, e di questo me ne vergognavo.
< Bolognesi ! A cosa sta pensando di così profondo da essere distratto?>
Sbattei gli occhi e Federico disse :
< prof, quella ragazza gli ha strappato il cuore!>. Risero tutti e diedi una gomitata al mio amico. Dissi in mia difesa :< ma ti pare!> ma il colorito della mia faccia non fu del tutto convinto. Ero il classico tipo da una botta e via, quello che trattava male le ragazze per poi portarsele a letto, insomma , un ragazzo tutt'altro che serio. La campanella suonò e ce ne andammo tutti . Il cancello chiuso dell'istituto difronte era il chiaro segno che le ragazze della S. Matilde erano già uscite.
Federico mi rincorse dandomi una spallata e disse :< questa non te la togli dalla testa eh?> risi dicendo :< ma ti pare! Quella me la scopo quando voglio , già starà cercando il mio nome su Instagram!> . Ridemmo alla mia squallida battuta quando ci raggiunsero gli altri. Matteo e Emiliano ci salutarono dal finestrino della microcar, mentre Lorenzo mi diede una pacca sulla spalla domandandomi :
< stasera a casa mia per il derby ?>
Cazzo. Mi ero totalmente dimenticato della partita . Sorrisi annuendo e salutai il mio amico con un cenno della testa.
Federico montò sul mio motorino e lo portai sotto il portone di casa sua. < ci vediamo stasera?> mi domandò il mio amico :< okay alle 20:00 ti passo a prendere> dissi e con un cenno alla testa me ne andai.
Io e Federico eravamo amici da sempre, anche quando alle elementari litigammo per un giocattolo, anche quando alle medie ci contendemmo una ragazza . Eravamo amici da sempre. I suoi genitori erano importanti avvocati, sempre pronti a rinunciare ai beni del figlio per seguire il loro mestiere. Federico era sempre il benvenuto nella nostra famiglia .
Entrai nella mia stanza e mi gettai sul letto , come se fosse l'ultimo pizzico di ossigeno presente sulla terra e accesi il cellulare. Mi alzai e mi guardai allo specchio: la divisa della scuola era la cosa che più odiavo al mondo, ma ammisi che la cravatta mi donava una particolare aria da intellettuale. Mi levai l'uniforme della Cramboth e indossai dei pantaloncini, ed una maglietta per andare a correre.
< Andrea, tesoro che fai oggi?> la voce di mia madre irruppe nei miei pensieri.
Risposi :< ora vado a correre , poi penso di andare da Lollo per la partita> .
Annuì, ed io uscii di casa per andare a correre.
Sudai tantissimo, corsi quasi per un'ora finché non inciampai . < tutto bene?> rise una voce femminile . Alzai lo sguardo e mi trovai difronte Asia Brunacci , la ragazza più figa del liceo S. Matilde , il sogno proibito di tutti i ragazzi della Cramboth.
Mi alzai , consapevole della figura di merda che avevo appena fatto :< si, certo tutto apposto tu?> . La osservai nei suoi pantaloncini attillati ed il top praticamente inesistente. Era veramente una figa stratosferica, e mi stava dietro da chissà quanti anni. L' avevo sempre respinta , prendendomi insulti di ogni genere dai miei compagni, ma a me Asia non era mai particolarmente interessata . Rispose :< si , tutto apposto> . Rimanemmo in silenzio poi la interruppi :< è stato un piacere , io continuo la mia corsa > . Lessi la delusione nei suoi occhi poi aggiunse :
< ti va se corriamo insieme?> ovviamente no, ma cosa potevo dirle? <okay> . Corremmo con il ronzio della sua chiacchierata in sottofondo , un rumore lontano che neanche ascoltai. Avrei voluto buttarla dentro una siepe, oppure correre fino allo sfinimento per superarla. Mi limitai a dirle :< ci vediamo a scuola , io vado> .
La salutai con la mano e me ne andai .
La doccia fredda era il momento più intenso della mia giornata . Erano solo le 18:00 di un venerdì pomeriggio noioso come gli altri. Pensavo a lei, e a ciò che avrebbe potuto fare in quel momento. Era strano per me , pensare ad una ragazza in quel modo.
< Andrea, posso parlarti un minuto?> la voce di mia madre irruppe nei miei pensieri, di nuovo. <dimmi> dissi, e la seguii in cucina. Si fece seria e disse :
< Devo andare a Berlino , per lavoro.> non capivo il motivo della cupezza nelle sue parole, in fondo era già partita molte volte per lavoro lasciandomi a casa da solo . Riprese :< hai quasi diciotto anni e mi chiedevo se per due mesi potessi occuparti della casa in mia assenza> . Il cuore mi esplodeva di gioia : avevo seriamente sentito quella frase? Risposi contenendo a stento l' allegria :< si mamma> mi guardò ancora più seria e disse :< mi fido di te, ma ogni settimana verrà zia Betta a vedere cosa combini e per fare la spesa, okay? Niente festini o cose del genere e se sgarri, giuro su Dio che prendo il primo aereo per Roma e ti uccido con le mie mani.> . Ero al settimo cielo , ma mi resi conto che due mesi erano tanti. La abbracciai e me ne tornai in camera.

Io che odio solo teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora