Capitolo 15 Nina

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"Nina è un oggetto che tratto come mi pare, tanto lei ci casca sempre ed è talmente tanto cotta di me da cascarci in pieno quando lo vorrò io" . Questa frase fu l unico frammento di conversazione che riuscii a captare prima di scoppiare in un pianto senza fine.
Decisi che quella sarebbe stata l'ultima volta che Andrea avrebbe pervaso i miei pensieri, e che da quel giorno lo avrei ignorato .
Mentre spingevo il carrello tra i vasti corridoi di quel supermercato , mi resi conto che lungo il tragitto in auto non avevo minimamente rivolto la parola ad Andrea.
<ei tutto bene?>. Decisi di ignorare quella vocetta e di prendere il necessario per preparare la cena. Pagammo la nostra spesa e ce ne andammo in silenzio.
Durante il viaggio di ritorno mi soffermai sui dettagli di quella macchina data in dotazione dalla scuola: era grande e non aveva un aria vissuta.  I maschi discutevano su alcune partite di calcio , mentre io con la testa appoggiata sul finestrino mi soffermai a guardare Matteo: era uno di quei ragazzi con una bellezza particolare e tutta propria. I capelli corti e ben curati davano l' idea di " bravo ragazzo" , anche se il sorriso malizioso , gli occhi castani e il suo abbigliamento casual mi convinsero il contrario. < Guarda che la Roma ha perso, mi devi 10€>. Disse Andrea al volante. Federico rispose:<se vabbè> . Si diedero due pizzicotti mentre il mio sguardo passava in rassegna i marciapiede deserti di Orlando. Entrammo nel vialetto di quella che da qualche ora divenne casa mia, e parcheggiammo l' auto . Presi le buste della spesa e una mano tocco le mie nocche tese dal peso della spesa. Sapevo chi fosse , così dissi scontrosa < ce la faccio da sola> . La voce che mi rispose non fu, però quella di Andrea ma quella di Matteo:< scusami, mi sembravano pesanti per te >. Mi girai con i capelli sugli occhi, e la stanchezza stampata in faccia, poiché quelle buste erano evidentemente troppo pesanti per me. < mi aiuteresti?> annuì e trasportò le cibarie in cucina , dove Lorenzo aveva già messo la pentola sui fornelli.
Salii nel corridoio delle femmine e in silenzio mi diressi in camera della mia amica Lisa . < oi , mi sono appena svegliata!> . Risposi al suo entusiasmo :< tra un po' è pronta la cena... posso parlarti?> . Annuì mettendosi a gambe incrociate sul suo morbido letto. < Ho sentito Andrea che mi derideva alle mie spalle> . Non si meraviglio più di tanto , ma disse:< dimostragli che non sei come lui, allontanati e vedi come verrà strisciando da te pentendosi di quello che ha detto>. Le diedi un bacio sulla guancia e me ne andai facendo tesoro delle sue parole , era bello avere con me persone così .
Andai nella mia stanza per personalizzare quella che sarebbe stato il mio unico spazio privato nel corso della mia permanenza in America. Attaccai delle foto alla parete, misi il lenzuolo più colorato che avevo , riordinai i libri, i vestiti nel armadio e mi sdraiai per chiudere gli occhi e riposarmi prima della cena.

< Nina, è pronto in tavola!> mi scosse una mano familiare : era Andrea. Mi alzai di scatto e risposi :< devi bussare prima di entrare!> . Rise mostrando i suoi denti bianchissimi . Scostai bruscamente la sua mano dal mio braccio , provocando un' espressione interrogativa sulla sua faccia . Dissi :< è inutile che fai quella faccia , lo sai benissimo perchè ti tratto così>. Rispose:< sei pazza?>. La sua infantilità alimentò la mia rabbia repressa, così dissi :< ti ricorda niente la frase " Nina è un oggetto">. La sua espressione si tramutò in vergogna. Esordii:< non dici niente eh?! >. Disse:< non è come pensi > lo interruppi prima che potesse finire la frase:< Andrea basta. Prima il bacio, poi le battutine, le chiacchierate notturne, Asia , le scenate di gelosia e ora questo. Cosa devo pensare?> .
Non reagì , abbassò lo sguardo e disse solo :< ho lasciato Asia.> . Risposi :< Non cambia le cose. Se ti fosse importato di me non avresti detto quelle cose, e siccome io non sono il "giocattolino" di nessuno , basta .>
Disse solo :<okay, come vuoi>. Uscì dalla mia stanza ed io lo seguii poco dopo per andare in sala da pranzo.
Una lunga tavolata ben apparecchiata , era contornata da facce e voci chiassose ma tutte allegre e divertite: quella sarebbe stata la mia famiglia per sei lunghi mesi.
Passai tutta la durata della cena  in silenzio , mentre tutti gli altri erano eccitati all'idea di passare la prima notte nella nostra lussuosissima villa.
Aiutai Lorenzo a sparecchiare , mentre gli altri stravaccati sul divano accesero la televisione per seguire il telegiornale locale quando ad un certo punto , la scatola elettronica che tutti fissavano dal divano si spense , e così tutte le luci: un black out aggredì tutta la nostra via. Lorenzo disse :< cosa facciamo?>. Accendemmo tutti la torcia del telefono ed uscimmo dalla casa per chiedere una mano a qualcuno. Moltissima ragazzi della nostra età erano scesi in strada , e stranieri come noi, erano nel panico per la stessa situazione. Bussai sulla spalla del primo individuo che trovai e chiesi :< cosa sta succedendo?>. Mi rispose in italiano :< anche noi siamo italiani!>. Era rassicurante avere altri italiani come noi , ma quello non era di certo il momento per espandere le nostre conoscenze. Mi disse :< stiamo provando a chiamare il numero di emergenza, dovrebbero arrivare a momenti>. Annuii e portai il messaggio agli altri , mentre ci mettemmo comodi sul vialetto di casa. Dopo 15 minuti arrivarono dei piccoli omini in divisa e in men che non si dica tornò la corrente nella nostra via.
Mentre tornavamo dentro casa , il ragazzo con cui avevo parlato disse :< comunque , piacere! Io sono Samuele. Non siamo gli unici italiani, ce ne sono almeno una trentina in questa via . Una ventina di spagnoli, francesi e inglesi. Ci vediamo.> e se ne andò . Solo dopo notai la sua bellezza : alto, occhi verdi , aveva i ricci castani e labbra carnose con un tipico accento milanese. Tornata dentro la mia nuova abitazione dissi ciò che Samuele aveva mi riferito ,agli altri.
Sole e Lisa erano accoccolate in un angolo del divano, Andrea seduto accanto a Fede, Lorenzo e Matteo per terra con la schiena poggiata sul divano , Asia dormiva con la testa sulle  gambe di Matteo ,Caterina sulla spalla di Lisa ed io che fissavo questo quadretto con una felicità nascosta. Così, salii nella mia stanza, presi la mia polaroid e scattai una foto scatenando le grida dei miei coinquilini.

Io che odio solo teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora