CAPITOLO 24

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La vacanza fu breve ma intensa.
Ci divertimmo molto, andammo a pattinare e facemmo passeggiate. Scattai molte foto, data la mia passione per la macchina fotografica. 

Il lunedì seguente fummo costretti a tornare a Los Angeles, anche perché Lele e Nash sarebbero dovuti ritornare dai loro genitori. Arrivammo intorno alle quattro del pomeriggio. Aiutai la mia amica a preparare le sue cose da portare via e poi mangiammo una pizza.
La sera stessa, li salutai con un abbraccio e poi Cam accompagnò la coppia a casa. 
Passò una mezz'oretta.
Poi un'ora. 
Poi un'ora e venti.
Poi due ore e del mio fidanzato non c'era alcuna traccia. Provai a chiamare Nash che, ovviamente non era raggiungibile. Scrissi un messaggio a Lele, che dopo poco mi rispose. Nemmeno a lei rispondevano. 
Le chiesi di tornare a casa di Cam ma i suoi glielo vietarono, dato che era stata con noi lì per molto tempo. 
Ero sola,completamente sola. 
Decisi di andare a dormire per ingannare il tempo.
Mi misi il pigiama, scrissi un messaggio di buonanotte al mio ragazzo e poi chiusi gli occhi.
Sentii una porta sbattere. Guardai il telefono: le due del mattino. Che aveva fatto Dallas fino a quell’ora? Andai in cucina per chiedergli spiegazioni ma era vuota. Lo cercai in tutta la casa ma non c'era anima viva. Spaventata, presi un coltello e cercai di chiamare Cam per vedere se era lui in casa a farmi uno scherzo.
Un telefono squillò . La suoneria era la sua. Ascoltai attentamente per capire in che stanza fosse: era al piano di sopra. Salii le scale facendo attenzione a non fare rumore.  Arrivai davanti alla porta della nostra camera. Il buio totale. Cercai l'interruttore ma toccai qualcosa di lungo,ruvido e che si muoveva :era una mano.  Urlai con tutta la forza che avevo in corpo,quando qualcosa mi urtò con violenza la testa. Lì persi i sensi.

Mi svegliai in un posto freddo,umido e buio. Una brandina era l'unica cosa che arredava la stanza. I muri grigi e con l'intonaco sgretolato circondavano quella stanza che sembrava essere uno scantinato. Un piccolo spiraglio di luce liberato da una finestrella stretta, illuminava un quarto della mia prigione.
L'ansia e la paura presero il sopravvento, facendomi scoppiare in un pianto disperato.
Gridai e tirai botte contro la porta. 
Dopo alcuni minuti entrarono due ragazzi. Li riconobbi : erano quelli che avevano cercato di tenermi mentre il loro apparente capo cercava di farmi del male il giorno in cui sono scappata in quel quartiere malfamato. 
Iniziai a tremare leggermente e loro mi lanciarono in vassoio con sopra due biscotti ed un cartoncino di succo tipo quelli da portarsi in giro con la cannuccia inclusa.
<<tieni, ecco la tua colazione>>disse uno di loro.
<< sarà sicuramente migliore di quella di Cameron! >>, aggiunse l'altro.
<< tranquilla che non avrai più questo problema, ci siamo occupati noi di lui...e non lo vedrai mai più! Tranne se il capo ti farà fuori, ovvio. Lui ed i suoi amichetti angioletti ti staranno vicini. Ora puoi volerci bene, non ringraziarci!>>.
Sentii un colpo forte al petto e le gambe crollare . Davvero avevano ucciso Cameron? Le lacrime cadevano ininterrottamente sul pavimento freddo.
Uno di quei mostri mi continuò a ripetere il modo in cui avevano fatto fuori Cameron. 
<< Nate ha preso il tuo fidanzatino ormai svenuto a terra e l'ha messo su un letto, incatenandogli i piedi alla fine di esso e le mani alla spalliera. Abbiamo preso un coltello affilato ed abbiamo giocato un po'con il tuo ragazzo. Pensa un po' è avvenuto in questa stanza!  Noi però ti vogliamo bene, perciò ti abbiamo cambiato il letto...un po'di igiene non fa male>>. Il ragazzo iniziò a ridere, seguito dal suo amico. 
A causa di uno scatto d' ira, balzai addosso a colui che mi ha raccontato quest'orrore e cercai di colpirlo ripetutamente sul viso. 
Subito dopo, il suo compagno riuscì a togliermi da lui. 
Quando egli si alzò da terra, mi si avvicinò e mi diede uno schiaffo forte sul viso. Sentii la guancia bruciare.  Mi portai una mano su di essa e la massaggiai lentamente.
<<portami due paia di manette. Ora>>, ordinò.
Il ragazzo tornò immediatamente con gli oggetti richiesti e le chiuse intorno ai miei polsi, mettendone un paio al mio polso sinistro ed alla testiera del letto ed un altro sempre attaccato a quest'ultima ed al mio polso destro. Si avvicinò a cinque centimetri dal mio viso. 
<< ora l'uccellino solitario non è più libero. Come ci si sente?>>. Gli sputai in faccia e gli feci un' occhiolino. <<bene!>>, risposi.
<<Ryan, hai visto che ha fatto? Io la ammazzo!>>, impazzì.
<< Nate calmati. Lascia il dessert al capo>>.
Il ragazzo sbuffò e finse di tirarmi un pugno addosso. Si fermò a 2 cm di distanza e poi scoppiò a ridere di gusto. Ryan lo prese per un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza insultandolo. Fu così che mi ritrovai sola, come prima , e con la consapevolezza che il mio ragazzo è stato ucciso. 

Dopo ore interminabili di pianto, mi addormentai esausta. 
Fu una persona con il viso incappucciato a svegliarmi. Mi porse del pane ed un bicchiere di plastica colmo d'acqua. 
<<ecco a te>>, disse.
La voce era acuta e, ovviamente, femminile. Notai che aveva un tono familiare.
<<puoi toglierti il cappuccio, per favore? >>, chiesi.
<<no, questo sarà il dolce. Prima mangia il pane>>.
Una volta finita la mia pietanza, essa se lo abbassò lentamente. La prima cosa che vidi, furono dei boccoli biondi. Poi delle labbra carnose ed infine tutto il volto.  Era Angel.
<<sorpresa! Ti avevo detto che prima o poi ti avrei sistemata per le feste, mia cara Jade >>

Downfall || Cameron Dallas Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora