CAPITOLO 8

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Cameron doveva essere molto forte. Si fermò solo una volta per rilassare le braccia per via del mio peso.

Dopo circa otto minuti, arrivammo a destinazione. Notai che era la casa davanti a quella dei miei vicini.

<<Sai che abiti praticamente davanti a me? >>, domandai e lui sollevò un sopracciglio. <<Grazie per avermi portata in braccio. Potevo anche camminare da sola >>, continuai.

<<Tranquilla, sei leggera, quindi non ho faticato. Poi, se non ti avessi portata io, a quest'ora saremmo stati neanche a metà tragitto>>, mi tranquillizzò.

Aveva ragione. Non risposi e lui mi fece entrare in casa sua. Aveva ancora molti scatoloni da svuotare ma era molto bella lo stesso. Mi mostrò camera sua. Era molto grande, le pareti erano bianche. Era mansardata, con un asse di legno che usciva dal soffitto bianco e con un grande lucernario che faceva vedere il cielo. Sotto di questo c'era un letto matrimoniale. Davanti c'era una cassettiera con sopra la tv avevo una seconda finestra che dava sul giardino e vicino a questa c'erano un divano ed una scrivania con un computer abbastanza grande.

<<Ti piace?>>, chiese notando la mia espressione stupita.

<<Sì, tanto >>, risposi.

<<Bene, ora prendo le chiavi della macchina ed andiamo subito. Hai perso troppo sangue.>>.

Arrivati in ospedale, un dottore mi controllò subito e dopo un po' mi lasciò uscire. Niente di rotto, solo una storta. Per il sangue, mi disinfettò, mi bendò e mi diede un po' di punti. Appena uscimmo da lì, andammo in macchina.

<<Grazie, davvero>>, dissi sincera guardandolo negli occhi.

<<Di niente. Dai, è tardi. Ti accompagno a casa... Sicuramente i tuoi ti stanno aspettando >>, mi sorrise.

<<In realtà mio padre è fuori per una cena di lavoro>>, giocherellai con il bordo della maglia.

<<Allora fai compagnia a tua madre, no? >>, chiese ovvio.

<<Mia madre non vive con me e mio padre>>, dissi imbarazzata.

<<Mi dispiace. Allora ci vediamo tra un ora per venire a prenderti per cenare a casa mia. Non accetto un no. A dopo>>.

Lo ringraziai esitante e lui se ne andò.

Entrai in casa, salii a fatica le scale ed entrai in camera mia. Misi dei jeans neri strappati, una tshirt bianca e le scarpe nere.

Ci impiegai un po' a vestirmi, dato il dolore alla caviglia. Mi truccai con un filo di eyeliner ed il mascara e poco dopo qualcuno suonò al campanello. Era Cameron.

<<Hey! Andiamo?>>, chiese quest’ultimo.

<<Sì, certo>>, sorrisi.

Downfall || Cameron Dallas Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora