Capitolo 36.

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ANNABEL'S P.O.V.

''Spingi, coraggio!''.

''Ci sto provando!''.Urlai, stringendo ancora più forte la mano di Alexander.

Un altro lacerante urlo uscì dalle mie labbra.

Volevo fermarmi.

Le forze mi stavano abbandonando.

Sapevo che dovevo continuare, dovevo farlo, ma non riuscivo.

Non volevo morire, non ero pronta.

Non volevo abbandonare il nostro bambino: sapevo cosa si provava ad essere abbandonati, e non volevo che anche il nostro cucciolo passasse ciò che io ho passato o sentisse il dolore che io ho sentito.

''Spinga!''. Gridò il medico, mentre un altro urlo uscì dalle mie labbra.

Non riuscivo più a respirare, l'aria non arrivava ai polmoni.

Sentivo, però, una piccola presenza dentro me, e sapevo che dovevo salvarla.

Sapevo che dovevo salvare almeno quella piccola presenza.

Guardai Alexander un'ultima volta, poi chiusi gli occhi, e con un'ultima spinta lasciai uscire il piccolo corpicino che era dentro me.

Sentii un pianto lontano, ma non riuscii a distinguerlo.

Le mie palpebre si stavano lentamente chiudendo, proiettandomi in un buco oscuro.

Vidi la faccia del mio compagno contorta per la tristezza, e sentii a malapena la sua voce chiamare il mio nome.

Cercai di alzare una mano per confortarlo, ma presto le forze mi abbandonarono, lasciandomi cadere in un profondo ed oscuro oblio senza fine.

***

ALEXANDER'S P.O.V.

Terrorizzato guardavo Annabel, spostando in maniera spastica lo sguardo dal suo volto al monitor che segnava una linea fissa.

Il suo cuore non si muoveva più. Non c'era più.

''Annabel!Annabel per favore, svegliati! Ti prego, Annabel!''. Urlai.

Sapevo che lei non era morta. Lo sentivo. Il mio lupo lo sentiva.

Sapevamo che la sua lupa era ancora lì, sapevamo che lei non era morta.

La afferrai per le spalle, iniziando a scuoterla.''Per favore, Annabel!Coraggio!Andiamo,andiamo,andiamo!Lo so che non sei morta Annabel!Per favore!Svegliati!Annabel...''.

Molte braccia mi circondarono, cercando di tenermi fermo mentre un medico provò a rianimarla attraverso scariche elettriche trasmesse direttamente nel suo petto.

''Annabel!''.Urlai.

Lei non poteva morire. Non poteva morire così.Non ora, non dopo tutto quello che avevamo passato, non dopo tutto quello che eravamo riusciti a costruire.

Non dopo aver avuto una piccola bambina tutta nostra.

Lei non poteva morire. Non davanti a me, non davanti al frutto del nostro amore.

Improvvisamente, un rumore.

Feci scattare lo sguardo sul monitor, mentre il cuore mi si gonfiava alla vista di una piccola onda che interrompeva il ritmo continuo ed incessabile di quella perfetta linea dritta.

''Lasciatemi''.Ringhiai, liberandomi da tutti quelli che inutilmente cercavano di tenermi fermo ed avvicinandomi alla mia compagna.

''Annabel...Andiamo. Coraggio,Annabel: apri i tuoi occhi''.Le accarezzai una guancia, lentamente. Ascoltavo il battito del mio cuore, cercando di tranquillizzarmi, quando sentii che un altro battito stava lentamente riprendendo a correre in sincronia con il mio.

''Andiamo Annabel, coraggio...''.Sussurrai, stringendole la mano.

Finalmente, i suoi occhi si aprirono e immediatamente si incatenarono ai miei.

Spinsi via il medico, incurante del fatto che avrei potuto ucciderlo.

La abbracciai, respirando a pieni polmoni il suo odore.

''Non sei morta''.Sussurrai, guardandola negli occhi.

''Non sei morta''.Sorrisi.

''Non lo sono?''.Sussurrò, la sua voce leggermente udibile.

''No''. Sorrisi.

Con la mano iniziai ad accarezzarle il volto, spingendo via le ciocche che le erano cadute sul volto.

''Luna?''. Un'infermiera si intromise, sorridendo ad Annabel e porgendole il corpo della nostra bambina.

''E' così bella...''. Sussurrò, prendendola in braccio e sorridendole.

Sorrisi anch'io, guardando nei gli occhi color fuoco di nostra figlia.

''Lo è''. Risposi, avvicinandomi e toccando la sua piccola manina.

''Ciao, Ambrosia''. Sussurrammo entrambe, guardandola con adorazione nei nostri occhi.

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