Capitolo 29

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Quella mattina quando mi alzai, fu diverso.

Il sole mi batteva in faccia, tanto che mi parve di essermi abbronzata quando uscendo incrociai lo specchio in corridoio.

Tutto tornò a galla quando varcai la soglia della cucina.
Ero ad Houston, e fino a li, tutto mi era parso normale.

Poi il vestito, Mya che girava.
Christian, con i capelli al vento, lui che si chinava per darmi un bacio.
E la verità, poi la corsa.
La dimenticanza, il desiderio di sparire.
Il desiderio sfrenato di scappare.

E Logan.

Logan tra le mie braccia, che mi dava un bacio fra i capelli.
Il cimitero. Mio padre.
Le lacrime, il dolore, i ricordi.

E poi Logan.

Logan che guidava, nella notte buia di una serata umida.
Noi due sul divano. E poi avvinghiati nelle coperte sullo stesso letto, a parlare.
A parlare e parlare.
A ridere, e scherzare.

Poi il bacio.

Il fuoco, l'acqua. Il freddo, il gelo.
Contraddizioni. Sensazioni.
Emozioni straordinarie.
Pure.

Ed infine la verità.
La dolorosa e atroce verità per chi è stato preso in giro.
La rabbia, il dolore, e poi la sensazione di sentirsi stupidi. Ingannevoli.

Le parole dette, non dette. Sputate, arrabbiate. Le parole dette in una sera che stava diventando alba.
In una giornata che avrebbe dovuto esserne l'inizio.
Che ne era diventata la fine.
Le parole che non avrei mai avuto il coraggio nemmeno di dire.

"Non provo nulla per te. È finita."

La porta che sbatteva, quella accanto che si apriva.
Io che cadevo stanca sul materasso.
In lacrime.
Senza più voglia di andare avanti.

Poi la notte si era fatta giorno.
E tutto era tornato ad essere come era sempre stato.
Io e Logan però...io e lui non fummo noi stessi, quando ci incrociammo in cucina.

Se ne stava davanti ai fornelli ad armeggiare con una padella, provando più volte ad accendere il gas.
Aveva le spalle curve, ma non fu solo quello che mi fece pensare a quanto stesse male.
Non fu l'andatura bassa, triste.
Ne il fatto che non si voltò a salutarmi non appena varcai la soglia della porta.
Sapevo che aveva capito che c'ero.
Ne ero sicura.

Non fu per il silenzio che regnò per dieci minuti pieni, nel quale mi domandai più volte se avessi sbagliato io. Se alla fine lo meritasse davvero ciò che stavo facendo.
Ma subito dopo mi veniva in mente che ciò che lui aveva fatto a me...io non lo meritano.
Non gli avevo mai dato una ragione valida per cui dovesse mentirmi.
Illudermi.
E, in fondo persino deludermi.
Credevo non fosse così.

Mi avvicinai lentamente al frigo, di fianco a lui, aprendolo e sbirciandoci dentro con l'assoluta certezza di non volere niente.
Mi era passato l'appetito, anche se fui sicura di aver avuto lo stomaco chiuso e il groppo in gola già da prima.

"Il latte è nel microonde" disse Logan. La voce impassibile.
"Lo sto scaldando"

Annuii, non guardandolo direttamente.
Poggiai le mani sul piano cottura, non sapendo bene cosa fare o dire.
Ne che pensare.

Mi rigirai, pronta per dirigermi in salotto e accendere la TV. Così da sprecare un po di tempo, fino a che non avessimo deciso entrambi di andarcene.
Lui sarebbe tornato a casa, in macchina. Questo era sicuro. Ed io, a meno che non volessi tornare a casa di Mya, dovevo andare con lui.

"Cassie"

Mi sentii chiamare non appena voltata.
Neanche in questo c'era segno di preoccupazione, solo...solo dolore.
O magari rassegnazione.

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