Capitolo 12

67 8 2
                                    

Aprii la porta di casa, seguita a
ruota da mia madre.

"Sicura che non vuoi nulla da mangiare?"

Roteai gli occhi. Era la decima volta che glielo ripetevo.
Constatando che alla fine eravamo riusciti a preparare una pentola di pasta, che a dirla tutta non era stata neanche male, non avevo molta fame.
Sopratutto dopo aver visto Jacob giocare con gli spaghetti.
Terribile.
America, poverina, era dovuta correre in bagno a vomitare.

"Visto, Young? La tua cucina è pessima!"
Aveva ribattuto Carter girando la forchetta nel piatto.

E, di tutto punto, Rachel, senza aggiungere nulla, l'aveva guardato negli occhi, e aveva sbattuto la pentola nel cestino dell'immondizia, correndo subito dopo a soccorrere America in bagno.

Quindi si, non avevo per nessun motivo fame.

"No grazie. Non ho fame"
Lei annuì, prendendo le buste della spesa, che aveva sicuramente fatto prima che io tornassi.
Sfilai lo zaino dalla spalla,
abbandonandolo dietro il divano.

Casa nostra, non era molto grande. Aveva solo due camere da letto, un bagno, un salottino, e una piccolissima cucina che conduceva anche al microscopico balcone che affacciava in strada, e dove mia madre stendeva di solito i panni.
Non aveva un piano di sopra, era tutto ad un unico piano, essendo in un condominio.
Ecco perché mi ero meravigliata tanto quando avevo visto la villetta ad Houston

Mi aveva ricordato molto la mia vecchia casa. Quella che affacciava sulla spiaggia, e che dove avevo sperato di passare tutta la vita.
Ma, alla morte di mio padre, mia madre non c'è l'aveva fatta.

Essendo nell'esercito Steven Jones non era molto spesso presente come padre. Ma io lo ammiravo comunque.

Quando non era in missione, lavorava come segretario in un ufficio dentistico.
Il dentista, un certo Malcom McLeen, era un suo carissimo amico, che gli garantiva lavoro ogni volta che non era in Afghanistan o in Iraq.
Portava a casa una buona somma di denaro, che sommata a quella di mia madre, che lavorava in un negozio di abbigliamento, era pur sempre un buon gruzzoletto.
Eppure da quella stupidissima missione del gennaio dell'anno scorso, mio padre non era più tornato.

"È morto con onore." Ci aveva detto un signore in giacca e cravatta, dagli occhi color grigio tempesta, quando era venuto a
riferirci l'accaduto.

"Proteggendo i suoi compagni. Ha fatto ciò che andava fatto. Ha portato onore al suo paese"

Ricordavo le labbra di mia madre fremere per la paura, e poi le lacrime.
Tante, e tante lacrime, buttate per il dolore insostenibile.
Tante notti passate insonni, per paura di rivedere il viso di mio padre, che si offuscava ogni notte di più.

La paura si era fatta grande.

Ed il coraggio era venuto sempre di meno.

Alcune volte sarei voluta tornare indietro. Abbracciarlo ancora una volta. Dirgli che gli volevo bene.

"Promettimi che non avrai paura.
Promettimelo Cassidy. Qualunque
cosa accada"

Erano state queste le sue ultime parole, l'ultima volta che l'avevo visto.
Me lo faceva promettere ogni volta che andava via. Ed io, ogni volta, gli facevo sempre la stessa promessa, accompagnata dalla speranza di poterlo rivedere i due mesi a venire.

Ma quella volta non venne.

Non tornò più da quella guerra.
Me lo aveva promesso anche lui.
Sarebbe tornato, aveva detto.
Promesse vuote, ecco cos'erano. Ecco cosa avevo chiesto a Logan di non dire.

Young Love. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora