Incubi

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Stiles era sdraiato sul letto di Derek, il suo petto faceva su e giù velocemente, ancora aveva il fiatone e cercava di realizzare che si era fatta sera e ancora non avevano parlato di nessun tipo di argomento, nemmeno del tempo o di quanto fosse carina la casa che aveva affittato con sua sorella.

Derek era andato a prendere qualcosa da bere per entrambi, stavano morendo di sete! Da quando aveva messo piede in quella camera non avevano fatto altro che rotolarsi su quel letto, non che la cosa gli dispiacesse, solo non capiva se stavano recuperando il tempo o era una specie di addio.

Quando l'altro arrivò con due bottiglie di birra, si mise a sedere sorridendo. ''Era giunto il momento'' si disse fra sé.

- Io non voglio che tutto questo finisca. – Disse Derek, porgendo la birra al ragazzo.

Bevve un sorso prima di iniziare a parlare. – Ho già provato con un rapporto a distanza e non è finita bene. – Fece una piccola pausa per capire se l'altro volesse dire qualcosa e poi riprese notando il suo silenzio. – Non appena mi sono trasferito qui, i problemi sono iniziati subito. Abbiamo provato ad affrontarli uno alla volta, il fuso orario ad esempio. Non fu difficile i primi tempi, ma poi sono aggiunti gli impegni, le lezioni, gli esami, il voler uscire con i colleghi e quindi il tempo dedicato a quell'unica ora che avevamo rubato al fuso orario, il più delle volte saltava e alla fine finimmo per non parlarci per settimane. Ovviamente la gelosia non ha aiutato perché è ovvio che si arrivi ad un certo punto che si crede che l'altro si sia scordato di te. – Bevve un secondo sorso dopo aver finito di parlare.

- Parli come se anch'io fossi uno studente. – Si sedette vicino a Stiles. – Sai che non sarà così con me. –

- Non so niente e questo mi spaventa! So che sarà così: tu ed io abbiamo i nostri impegni, io sono al terzo anno e già non ho che qualche ora libera, tu hai un istituto che accoglie bambini con problemi, non credo che tu abbia questo gran tempo libero! Entrambi abbiamo una vita che ci scarica impegni non appena apriamo occhi la mattina, come fai a dire che sarà diverso? Se anche ci provassimo? Lo sai che non verrò mai a Londra, non lascerò mio padre solo e la mia vita ormai è in questo Stato. – Aveva posato la birra sul comodino e si era messo a camminare per la stanza, gesticolando nervosamente.

Nonostante avesse una voglia incredibile di ribattere, non aveva la minima idea di cosa dire, osservava quel ragazzo e ascoltava le sue paure e i suoi dubbi, ma non aveva davvero idea di come scacciarli perché anche lui pensava quelle cose. Sapeva che non si sarebbe mai trasferito a Londra, sapeva che non avrebbe mai lasciato solo il padre e sapeva che il fuso orario sarebbe stato solo uno scherzo in confronto a quello che avrebbero dovuto affrontare.

- Ti fidi di me? – Chiese, guardando negli occhi ambrati del ragazzo.

- Si. – Rispose. – Ma non è questo il punto. – Si gettò esausto sul letto. – Sapevo che questo discorso non avrebbe portato a nulla. – Lo disse più a se stesso che all'altro.

- Se ti fidi di me, lascia che gestisca tutto io. –

- Non è un processo o un patteggiamento, è una relazione! Non puoi uscirtene con una cosa del genere, non ha senso! - Si mise una mano sugli occhi, non capiva davvero il senso di quella frase.

- Io non voglio lasciarti così. – Spostò la mano via dagli occhi.

- Forse non è il nostro momento o il nostro tempo, forse non siamo noi quelli che sogniamo. – Stava perdendo ogni tipo di speranza. Il sopracciglio di Derek gli fece capire che non lo stava prendendo sul serio. – Lo so, devo smettere di guardare troppi film, però sai che è così. –

Gli afferrò il braccio e lo fece sedere fra le sue gambe. – Per adesso godiamoci solo questi ultimi giorni. Tutto verrà da sé, che ne dici? – Posò piccoli baci sulla sua spalla.

Non credeva molto in quel "verrà da sé", ma non voleva nemmeno rinunciare a trascorre quei pochi giorni insieme a lui. Voleva il tempo che avevano perso fino a quel momento e quello che non avrebbero mai potuto avere. Un piccolo nodo allo stomaco si formò per quello che aveva pensato, alla fine quello per loro era un altro addio.

Trascorrere quei giorni con Derek fu come vivere in un sogno e rientrare nel suo appartamento fu il peggior risveglio della sua vita, qualcosa che andava oltre a suo padre che entrava urlando nella sua cameretta per informarlo che era tardi.

I giorni a venire volarono. Il processo venne reso nullo, la madre della piccola Alice era ritornata a Londra con i suoi genitori, sarebbe tornata in riabilitazione per l'ennesima volta. Vederla piangere al processo non aveva smosso nessun sentimento in lui, anzi, aveva fatto accrescere un sentimento simile al disgusto, se avesse davvero voluto sua figlia avrebbe lottato.
Persino il suo avvocato non la guardava negli occhi, era chiaro che non era felice di quella situazione, anche perché aveva sempre detto che lei voleva il bene per la piccola e quella donna non lo era.

Dopo aver chiuso il caso ci fu la partenza di Derek, e per quanto si fosse sentito preparato, il vuoto che aveva lasciato era stato più pesante del previsto. Si erano detti che questa volta non si lasciavano dietro nessun rancore, perciò si sarebbero potuti sentire ogni volta che avrebbero avuto del tempo libero.

A Stiles sembrò di salutare gli amici dell'estate, quando si fanno sempre le solite raccomandazioni "mi raccomando chiamami, non perdiamoci di vista e rimaniamo amici", quanto sarebbero durati loro due? Eppure avrebbe potuto dire di no perché sapeva il dolore che avrebbe comportato chiudere nuovamente quel capitolo definitivamente, però tutto era diverso dalla prima volta.

Dopo la partenza, il professor Jenkins li richiamò per il nuovo compito: avrebbero lavorato su una difesa di una donna che per salvaguardarsi dal marito lo aveva ucciso con una forbice. Sarebbe stata davvero dura, le foto della scene del crimine erano davvero orribili, era abituato a vedere quelle che il padre portava a casa, anche se lo Sceriffo era convinto di nasconderle bene. Non era stato il sangue o il cadavere a farlo rabbrividire è che non aveva mai visto tanti lividi su una donna.

Come aveva previsto, lo studio e il lavoro presero tutto il suo tempo e presto si ritrovò risucchiato nella sua solitaria routine, ma non gli dispiaceva affatto, preferiva così, non voleva nessun tipo di distrazione e poi sembrava che la storia delle chiamate con Derek funzionasse, nonostante gli orari assurdi, nessuno dei due aveva mollato la presa.

Una sera, dopo aver chiuso la chiamata con Derek andò a dormire serenamente, parlare con lui gli metteva sempre il buon'umore, anche dopo una giornata orribile, ma non appena chiuse gli occhi, uno strano sogno gli cancellò il sorriso.

Riconosceva l'ambiente, era la sala del ballo d'estate, questa volta però era solo, non c'erano persone che danzavano o che chiacchieravano, non c'era la musica che riempiva la stanza.
Provò ad andare sulla terrazza, ma la porta di vetro era bloccata. Provò a scendere nel giardino, ma non appena lo raggiunse, davanti ai suoi occhi si presentò una distesa di erba secca e bruciata. Mosse un passo per capire cosa stesse accadendo, ma al secondo passo un rumore catturò la sua attenzione, aveva incidentalmente calpestato qualcosa, quando abbassò lo sguardo vide la maschera che gli aveva dato sua nonna.

Dalle piccole crepe che si erano create cominciò a fuoriuscire del liquido nero, provò a raccoglierla da terra ma il liquido l'aveva avvolta completamente, facendola sparire.
Stiles si risvegliò urlando, i suoi polmoni cercavano aria e il suo cuore batteva a mille, le sue guance erano bagnate, non si era reso conto che per tutto il tempo avesse pianto.
Corse in bagno per lavarsi la faccia, aveva bisogno di svegliarsi e subito, come se cercasse di scappare da sogno appena fatto. Dopo aver fatto si diresse sul comodino per vedere che ora fosse: erano le quattro di notte, ma non aveva intenzione di tornare a dormire, anche se era sicuro che non avrebbe rifatto lo stesso sogno. I sogni legati a quella leggenda si facevano una sola volta.

Cominciò a camminare cercando di analizzare il sogno, prese addirittura un foglio per scrivere i dettagli, dopo cinque minuti era chiaro che avesse a che fare solo con lui, c'era solo la sua maschera e nessuna persona legata alle famiglia di Hill Valley.

Dopo trenta minuti aveva preso un biglietto del treno per tornare a casa, aveva scritto un'email al professore e aveva chiesto un paio di giorni al signor Porter, si era convinto che fosse qualcosa legato a sua nonna, perciò sarebbe tornato in quel paese che aveva imparato ad odiare dall'estate di tre anni fa. 

Melodia di un pianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora