Capitolo 20

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Mi alzo dal letto e vado verso il bagno, prendo il cestino dei rifiuti e ritorno in camera da letto. Con il naso ancora gocciolante per le troppe lacrime, salgo lentamente sul letto per raccogliere tutti i fazzolettini che ho usato per soffiarmi il naso. Li butto tutti e scendo di sotto per bruciarli nel camino, che ho accesso da poco. Non so se sento freddo per via della temperatura bassa o si tratta di qualcosa che viene da dentro di me. So soltanto che non riesco a smettere di tremare.

Sono le tre del pomeriggio, sono passate nove ore o poco più da quando ho litigato con Carter. Lui aveva detto che sarebbe ritornato a riprendere la sua roba, ma ancora non si è fatto vivo. Ad essere sincera sono leggermente preoccupata per lui, non so come abbia preso questa storia del tradimento. Chissà adesso dove si trova, cosa sta facendo... con chi è. Per lo più sono preoccupata per la sua salute, ho paura che possa farsi del male.

Il cielo fuori è sereno, si sentono addirittura alcuni uccellini che cinguettano, così ne approfitto per uscire un po' e prendere una boccata d'aria. Ma non vado molto lontano, fa un freddo cane, e io sono vestita con dei leggings leggeri e una maglietta lunga e le scarpe da tennis. Riluttante ritorno dentro casa e mi ributto sul letto. Meglio dormire e buttare fuori altri dieci litri di lacrime.

Mi sveglio dal mio sonno agitato, stavo sognando Carter che veniva a conoscenza della mia tresca. Poi ricordo, è successo davvero.

Mi stropiccio gli occhi e mi stiracchio. Sento dei rumori provenire dal piano di sotto, questo mi rianima subito. Spero che sia Carter.

Mi precipito di sotto e fortunatamente trovo Carter in casa... con tre valige ai suoi piedi.

<<Ehi,>> sussurro con voce roca, per via delle lacrime che ho versato. Speriamo che facendo conversazione cambi idea e resti qui. Anche se non ha il diritto di stare con me. Dovrei andarmene io da questa casa, dato che sono io la traditrice.

Carter mi guarda, ma non dice nulla. Afferra le tre valige e sale di sopra.

Il suo sguardo tormentato mi fa sentire uno schifo, la feccia dell'umanità. I suoi occhi tristi sono la cosa peggiore del mondo, non mi piace affatto vederlo in quello stato.

<<Carter,>> lo chiamo, ma non risponde, così lo seguo. Salgo le scale dietro di lui e lo seguo come un cagnolino. Va in camera da letto, apre l'armadio e afferra tutti i suoi vestiti e li butta tutti insieme in una valigia, anche in malo modo. <<Non hai bisogno di fare tutto questo, posso andarmene io da casa. Tu puoi restare.>> Questo sembra bloccarlo, finalmente. Si ferma, con un paio di pantaloni in mano e mi guarda. Ora che lo guardo per bene in viso noto che ha gli occhi arrossati, come anche il naso. Ora mi sento la merda peggiore del mondo. Deve sentirsi davvero uno schifo per questa storia.

Butta i pantaloni nella valigia, <<credi che restare qui non mi farà pensare a voi due che scopate nel letto dove dovrei dormire?>> Prende un paio di camice e butta anche loro nella valigia, senza nemmeno raccoglierle come si deve.

Sento di nuovo gli occhi lucidi, finalmente ero riuscita a smettere di piangere. <<Per favore,>> sussurro. <<Carter.>> Continuo a chiamarlo, ma lui non mi ascolta. Chiude la prima valigia e apre la seconda, va verso il comodino e afferra tutti i suoi boxer e li getta nel bagaglio.

<<Possiamo venirne a capo.>> Cerco di farlo ragionare. Non voglio che il nostro rapporto finisca in questo modo. In questo momento non so cosa voglio, ma di certo so che voglio Carter nella mia vita. Lui è una parte importante di me.

<<Non credo proprio,>> mormora con il respiro affannoso. Ha la fronte leggermente imperlata di sudore.

<<Carter... ti amo e...>>

È troppo tardi #wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora