Capitolo 25

28 5 0
                                    

-Perchè piangi?- Eric è entrato silenziosamente in camera e si è appostato accanto a me, per terra. Non ha ancora aperto bocca riguardo alla conversazione di prima..
-No, non è niente. Anzi, guarda, non sto nemmeno piangendo, ho solo qualcosa nell'occhio. Una ciglia forse, o qualcosa di più grande ...ma non è nulla... davvero.
-Hei, riconosco una persona quando piange.-
-Ti sbagli.-
-Perchè piangi?- non molla proprio...
-Io...non lo so. Davvero non lo so, queste lacrime sono uscite all'improvviso, non lo so, e non si vogliono fermare, non si fermano. Io non voglio piangere. Non voglio...
-Sai? Papà una volta mi ha detto che piangere senza motivo, significa avere troppo per cui piangere. Significa aver tenuto dentro un oceano di lacrime, che prima o poi sarebbero dovute uscire. Mi ha anche detto che siamo come dei grandi contenitori che piano piano si riempiono, e sopportano, sopportano, sopportano, ma come sai, a tutto c'è un limite. Anche i contenitori forti e grandi hanno un orlo, e arrivati all'orlo non ce  la fanno più a tenersi dentro tutto. Scoppiano. Piangi, piangi tutte le lacrime che non hai pianto fin'ora. Sei stata forte, ma ora dimentica tutto, e butta fuori il dolore, io sono quì.- lo guardo intensamente negli occhi e mi fiondo tra le sue braccia scoppiando a piangere, lui mi stringe forte, e forse, in questo momento, inizio a capire cosa sia avere un legame fraterno, e quindi forse, tra me e lui potrebbe essere uno di quelli sa togliere il fiato... Le figure di Alessia e Riccardo fanno capolino in camera, e senza dire nulla, sorridono per la scena di me tra le grandi e forti braccia di Eric, e poi si siedono anche loro per terra... A un certo punto mi fanno una domanda che mai prima mi avevano posto - come hai fatto a sopportare tutto questo da sola? - e senza pensarci due volte, le parole escono incontrollate - Beh, prima piangevo. Piangevo per paura di restare sola. Piangevo vedendo gli altri figli scomparire tra le braccia dei genitori, mentre io abbracciavo  la coperta fingendo fossero le loro braccia. Piangevo vedendo amiche che si scambiavano regali, mentre io potevo solo sognarmele cose del genere.
Piangevo vedendo le altre che stavano male e venivano aiutate, mentre io il culo me lo dovevo alzare da sola.
Piangevo. Sempre. Ogni notte. Ma poi ho detto basta. Mi sono alzata. Più forte di prima. E sapete qual è il punto? Il punto è che non sono una di quelle ragazzine, dolci e gentili. No, lo dico apertamente, sono acida e stronza, faccio battutine acide quando mi incazzo e so essere irritante. Ho imparato a riconoscere chi c'è e chi non c'è, a fare da sola, a essere forte, ad avere una soluzione per ogni problema, o almeno fingere di averla. Ho imparato a contenere, a disarmare, a costruire e a smontare. Ho imparato ad avere certezze per poterle raccontare e a camminare sul filo ad occhi chiusi sorridendo.

Ho conosciuto l'ansia e la paura, non mi hanno abbandonata, ho conosciuto la felicità e il terrore di perderla, ho conosciuto la vertigine dell'Eternità, che dà un senso agli anni che passano.

Se sono cambiata?
Cambiare è un verbo piccolo, quando ti passa sopra un tir.-

Heartbreak GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora