Capitolo 30

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<Senti, o stai fermo e ti dai una calmata, o ti butto fuori di casa a calci.>

Eric, si è accorto di quanto io fossi scioccata mentre lo stava picchiando, così, ha lasciato Derek dolorante sul prato ed è andato a farsi un giro. In un primo momento volevo lasciare quel coglione lì esanime, poi però mi ha fatto pena e adesso siamo in bagno. Io sto cercando di medicali, ma lui non sta fermo. Peggio dei bambini. Esasperante.

<<Ok, ok, ho afferrato. Sto fermo>> si siede sul bordo della vasca, e finalmente posso finire di medicargli il viso.

<<Van, sei dimagrita ancora, le tue mani sono ghiacciate e poi->>

<Sto bene. Ho finito ora vattene >. Un altro minuto insieme e potrei scoppiare.

<<Cosa? No. Non mi muovo, sono venuto fin qui per parlare con te, quindi non me ne vado>> ok, Vanessa, respira, sii lucida. Lucida un cazzo! Questo mi prende per il culo.

<Parlare? Parlare? Adesso tu vuoi parlare? E di cosa? Di come sei entrato nella mia vita, come un uragano, di come l'hai resa in qualche modo più leggera, meno dolorosa, più sopportabile, e poi mi hai mandata chiaramente a fanculo? Di questo vuoi parlare? O di come hai usato la mia cazzo di vita per una fottuta canzone? >

<< l'hai sentita? >> chiede sorridendo.

~certo che l'ha sentita e grazie a quella merda le è venuto un attacco di panico. Ora prima che ti prenda di nuovo a calci, fuori da casa mia~ mi precede Eric appoggiato allo stipite della porta.

Impulsivamente io abbasso la testa, trovando le mie scarpe molto interessanti.
Derek invece, è impietrito, mi fissa, ma non apre bocca. Forse questa non se l'aspettava. Solo ora mi rendo conto di quanto strada abbia fatto per venire qui ed i sensi di colpa per averlo trattato di merda si fanno subito sentire. Sento un sospiro, alzo di scatto la testa e proprio mentre si avvia verso l'uscita, la mia mano afferra la sua maglietta, lui si volta verso di me <<ok parliamo >>, mi alzo, prendo la giacca e esco di casa, e senza aspettarlo mi dirigo al parco dietro l'angolo. Mi siedo sull'altalena e quando lo vedo arrivare e sedersi, apro il discorso.

<<Perché sei qui Derek? >> ma non lo guardo in faccia.

< Sai, fino a prova contraria ho fatto la figura dello stronzo bastardo, e poi dopo aver riascoltato il tuo messaggio in segreteria almeno una ventina di volte, non ci ho capito più nulla e ho preso il primo volo. Per quanto riguarda la canzone... pensavo fosse un modo per farmi perdonare, ma evidentemente non è andata così > conclude sorridendo debolmente.

<<Perché sei qui stronzo bastardo?>>

<Perché la mia bimba ha bisogno di me>.

E quella frase, quelle otto parole mi fanno crollare, tanto che per cambiare in questo periodo, scoppio a piangere. Mi siedo sul prato, sperando di darmi una calmata, ma le lacrime continuano a scorrere incontrollate sul mio viso. Ad un certo punto due braccia che ormai sono come casa, mi avvolgono e come al suo solito inizia a cullarmi come una bambina, mi stringo a lui.

< Come stai Van? > lo stringo ancora di più e  le parole escono senza preavviso.

<< Non riesco a dormire la notte Derek, gli incubi mi perseguitano, sento ancora le sue mani addosso, non ho fame e gli attacchi di panico sono sempre di più. Io non ce la faccio più. Alessia e Riccardo sono fantastici, con Eric vado più che d'accordo, ma sto ancora male...sento che sto per morire, non reggo più tutta questa situazione, non reggo più questa vita... Sono stanca. >>

Lentamente mi accarezza i capelli, è un bastardo, sa che quando fa così mi rilasso.. mi dà un bacio sulla testa.

< non stai morendo, te lo prometto >.

Rimaniamo così seduti, per un'infinità di tempo, in silenzio. Ad un certo punto però ricomincia a parlare.

< Sai, mi mancava poterti chiedere "come stai?" e vederti prendere le difese da me che mi preoccupo per te perché ti voglio bene. Mi mancava dover insistere e doverti penetrare con le parole fin dentro la bocca e l'anima, anche se sai che alla fine, se si tratta di te, io non mollo la presa. Mi mancava stare ad ascoltarti mentre, con l'ansia che risalendo dallo stomaco ti stringe la gola e il fiato, mi racconti dei tuoi mille problemi che mi spaventano più di quanto quei farabutti fanno con te stessa, perché ho sempre paura che da sola tu non possa reggerne il peso. Mi piace ascoltarti parlare della tua famiglia anche se non la conosco, delle tue giornate storte anche se io non ne faccio parte, delle tue aspettative anche se non le ho mai incontrate, del tuo passato che non ho visto scorrere sotto i miei occhi. Mi mancava toglierti quella maschera che indossi per difenderti dai mostri che porti addosso come ciondoli benedetti e preziosi: non riesci mai a capire fino in fondo come è possibile che quel finto volto sorridente con me non funziona. Mi manca quella costante, inquieta incertezza di non sapere mai se dentro di te ci sia un posto che stai preparando per me: lo immagino pieno di luci, di colori, di odori, di ferite, di dolori. Io sguainerei la mia silenziosa spada di inchiostro che tengo riposta tra l'indice e il pollice e strapperei via l'erbaccia, i rovi, i veleni per donarti speranze e giorni nuovi e per appoggiare il tuo capo al mio cuore: "non ti volevo causare danni, ma solo amore".
Anche se eri lontana dalle mie mani, non ti ho strappata dai miei pensieri e ti ho sempre avuta qui vicino al cuore e ho pregato  Dio affinché tu fossi protetta da tutti quei mali e quei mostri che ti spaventano e ti tengono prigioniera.>

Alzo il viso verso di lui e come al mio solito rovino l'atmosfera...

<<Non ti facevo il tipo dalla bella addormentata>> dico guardandolo riferendomi alla parte della spada sguainata... e entrambi scoppiamo a ridere.

<Mi mancava la tua risata Van. Mi sei mancata così tanto> continua stringendomi a se.

<< Sai Derek, mi è capitato di volerti accanto con una disperazione quasi abissale e potevi riempirla solo tu, mi  facevi venire voglia di vivere, di avere più giorni da darti. Se non fosse stato per te, non so se sarei ancora qui, in questa vita. Mi hai allungato la vita senza saperlo>>. Sembra colpito dalle mie parole, e in realtà lo sono anche io, insomma, nemmeno con gli psicologi mi sono mai aperta così tanto.

<<Quando torni a New York?>> è meglio saperlo, così da non farmi troppe illusioni...

<Non so... Per ora, mi fermo da un amico... Si vedrà... Sono appena arrivato e vuoi già mandarmi via Van? >

<<No è che sembra così surreale... Insomma sei qui, e... Ho paura, paura di cosa succederà quando andrai via, di nuovo... >> ammetto.

<Mettiamola così, finché ne avrai bisogno, io resto > e sorride. E cavolo, quanto mi è mancato quel sorriso.

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