Capitolo 33

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Stamattina sono uscita di casa molto presto, tutti stavano ancora dormendo, dopo aver acceso il cellulare ed aver letto il messaggio di Derek, dove mi avvertiva che oggi avremmo passato la giornata insieme, gli ho scritto che mi avrebbe trovata al parco.
Siamo andati in giro tutto il giorno, centro commerciale, siamo andati a mangiare fuori, non mi ha fatto domande, ha pensato solo a farmi stare bene.. ma ho capito fin da subito, che qualcosa non va... E si sa l, il mio istinto non sbaglia mai...

Adesso siamo sdraiati sul prato, ad ammirare le stelle...ma non può continuare a non dirmi nulla..

<< Ok, sono stata bene, sarà una giornata che non dimenticherò facilmente e bla, bla, bla... Ora sputa il rospo o ti strappo le palle>> esordiscono, voltandomi verso di lui, e sistemandomi a pancia in giù..

Lui in tutta risposta scoppia a ridere, cazzo ride?

<<Cavolo Van, la finezza  fatta persona.Sei troppo perspicace, è vero, c'è qualcosa sotto... semplicemente non posso sparire come l'ultima volta>> dice, abbassando lo sguardo.

<<Ho capito. Parti. Torni a New York. Mi lasci sola, di nuovo.>> E quel senso di vuoto, torna a farsi sentire..

Sta per rispondere, quando lo blocco.

<< Perché non te ne sei semplicemente andato? Perché eh? Vuoi vedere la mia reazione e spassartela dato che ormai sai benissimo che davanti  a te sono totalmente vulnerabile? Oppure->> non mi lascia finire, che mi ritrovo tra le sue braccia e le sue labbra appoggiate sulle mie, lasciandomi completamente spiazzata.

Quando lentamente si stacca dal mio viso, prende parola consapevole del fatto che a breve scoppierò.

<<Sentiamo  bene  Van. Sei complicata. A volte ti fai talmente tante paranoie che è quasi impossibile non odiarti. Non ti piaci perché non sei perfetta. E sì, non sei perfetta, ma chi lo è? Ti lamenti in continuazione dei tuoi difetti, sei lunatica, insicura, un totale controsenso. Ma sei anche la persona più sensibile e dolce che io conosca. Ti nascondi dietro strati di sarcasmo, fingi di essere una stronza, ma non lo sei. Dici di odiare il romanticismo e poi ti perdi dentro un abbraccio. Ti affezioni facilmente e doneresti il cuore per quelli a cui vuoi bene. Ami tanto, ami forte e mai a metà. E resti anche quando non c'è più niente per cui lottare, resti fino alla fine, anche a costo di perdere te stessa. Quindi sì, potrei andarmene adesso, voltarti le spalle e convincermi di odiarti, ma non posso. Preferisco amarti." Conclude guardandomi negli occhi, sollevato, come se si tenesse queste cose da un bel po' di tempo e non riuscisse più a tenerle per lui.

Non vedendo ancora alcuna reazione da parte mia, mi riprende nuovamente e mi abbraccia. E cazzo, quanto amo i suoi abbracci.

« Ci abiterei tra le tue braccia se potessi, sai brutto stronzo?
Resterei lì, tra le tue braccia a lasciare che il tempo passi e non penserei a nulla se non a noi. Mi godrei soltanto il meraviglioso calore delle tue braccia e le mille emozioni che mi regali ogni volta che mi stringi a te.
Quando sono tra le tue braccia, ho la sensazione che non mi manchi nulla, che ho tutto ciò che ho sempre desiderato. Ho la sensazione di sentirmi protetta.
Quando tu mi stringi, in quel momento, non desidero stare altrove, neanche nella città più bella del mondo, perché tra le tue braccia, qualsiasi posto diventa meraviglioso.
Se fosse possibile, io vivrei solo dei tuoi abbracci. Sono sicura che non mi mancherebbe nulla, perché nei tuoi abbracci trovo tutto ciò che ho sempre cercato. Nei tuoi abbracci io ci trovo amore, sicurezza, fiducia e sopratutto mi sento a casa in qualunque posto ci troviamo.
Credo che non ci sia nulla al mondo più bello di un abbraccio, soprattutto se tuo, credo che nulla al mondo riesca a farmi provare le emozioni che provo quando mi perdo tra le tue braccia.
Vorrei abitare nei tuoi abbracci, perché solo lì, mi sento veramente bene!» termino poggiando le mie labbra sulle sue, anche se onestamente non so da dove siano venute queste parole, ma soprattutto il coraggio per baciarlo.

<<Che cosa cazzo vuoi dire?>>  Non capisco se sia felice o incazzato, ma se non glielo dico ora, non glielo dico più.

<<Voglio dire che prima ero persa, mi trovavo all'inizio di un bivio, da una parte farla finita e dall'altra lasciare  che il destino facesse il  suo  corso. Ma poi sei arrivato tu, e non so cosa mi hai fatto. Avevo speso così tante energie per costruire il muro che mi isolava dal resto del mondo, per proteggermi, e tu lo hai buttato giù come niente. Mi hai ricordato cosa significasse piangere fino a sentirsi sbriciolare a terra, mi hai ricordato cosa significasse ridere fino a non riuscire più a respirare, e ad amare e amarmi, anche se sappiamo entrambi che mi odio profondamente, a vivere per davvero.
Mi hai ricordato cosa significa essere umana.
Mi hai ricordato che non sono invincibile, ma posso fingere di esserlo.
Mi hai ricordato che il passato non si può cambiare, ma lo si può usare per migliorare, perché le brutte esperienze hanno sempre qualcosa da insegnare.
Mi hai ricordato che devo prima di tutto capire chi sono, e poi cercare di capire gli altri.
Mi hai ricordato che nonostante le mie insicurezze, c'è qualcosa di buono in me, qualcosa che gli altri possono amare.
Grazie, e quindi voglio dire che forse, in un futuro, potrei amarti anche io>> detto ciò, mi alzo e mi dirigo verso la macchina, ho bisogno di andare a casa e chiarire anche con quegli altri.
Dal canto suo Derek,  mi raggiunge, sale in macchina, e in religioso silenzio, mi accompagna a casa.

Una volta arrivati, rimane con lo sguardo verso il volante.

<<Non tornerai, quì a Londra vero?>> Chiedo titubante, anche se in cuor mio, conosco già la risposta.

<<No, non penso Van, mi dispiace>>ammette, ancora una volta, senza guardarmi.

E allora feci la prima cosa che sapevo fare meglio… restai in silenzio, sospirai e trattenni le lacrime.
Scendo dall'auto e prima di chiudere la portiera mi blocca.

<<Io ti aspetto perché altre mani, altri occhi, altre voci, altri sospiri non hanno senso.
Ti aspetto perché preferisco la tua assenza a qualunque altra presenza.>>

Ed è con questa frase, che sorridendogli, vado verso casa, e aspetto che se ne vada, prima di crollare, per l'ennesima volta, a causa sua.


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