|Capitolo 2|

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"La curiosità uccise il gatto, ma la soddisfazione lo riportò in vita"

<< No, ti prego no >> borbotto ancora insonnolita.

Dalla finestra della mia attuale stanza penetra un fastidiosissimo raggio di sole che punta all'altezza del mio volto.

<< Non posso crederci... >> mi lamento cercando di nascondere la testa sotto il cuscino.

Le quattordici ore di viaggio sono state una distruzione per me, la mia testa sembra staccata da resto del corpo, e i miei muscoli non hanno intenzione di obbedire ai comandi.

Come se non bastasse il mio telefono continua a squillare, e Dio solo sa L'autocontrollo che mi ci vuole per non scaraventarlo fuori dalla finestra.

Prima delle dieci di mattina il mio cervello non connette, e soprattutto devo prendere prima una bella tazza di caffé per non sembrare uno zombie scorbutico e nervoso ambulante.

Inoltre odio svegliarmi sotto il suono di altri oggetti, per me il liceo è stata una vera e propria tortura. Soprattutto per la sveglia.

Afferro di malavoglia la scatolina elettronica posta sul comodino bianco davanti al letto per poi sbuffare rumorosamente alla vista del mittente della chiamata.

<< Mamma... >> sussurro sbadigliando mentre cerco di trovare la buona volontà per ascoltare uno dei suoi discorsi infiniti.

<< Tesoro! Ma ti sei svegliata adesso? Muoviti o non riuscirai a visitare nulla della città! >>

Dio adoro mia madre, ma la sua voce squillante di prima mattina e, soprattutto, appena sveglia, non riesco proprio a sostenerla.

<< In ogni caso sappi che ti ho lasciato dei soldi nel barattolo della credenza sulla sinistra in alto, dietro la scatola dei cereali. Vestiti, lavati e mangia fuori, io tornerò per le 9 pm okay? Mi dispiace non poter passare la giornata insieme oggi ma sai qui c'è molto da fare e... >>

<< Mamma stai tranquilla capisco. Ora mi vesto e esco. Sarà per un altra volta >> dico col tono più calmo che ripesco dal mio repertorio.

<< Certo, certo. Buona giornata tesoro! >> e attacca prima che possa rispondere.

Con uno sbuffo pesante, mi alzo dal letto a fatica, e mi trascino letteralmente in bagno per darmi una rinfrescata e cercate di svegliarmi.

Il clima a Toronto è di tipo continentale, quindi all'inverno gelido si affiancano estati terribilmente calde.
Già in questo periodo, primavera, la temperatura afosa inizia a farsi sentire con i suoi 34ºC.

Per questo opto per un paio di jeans corti e una canotta non troppo scollata.

L'ennesimo sbuffo fuoriesce dalle mie labbra non appena noto la ridotta misura dei jeans. Non che siano vecchi o altro, li ho comprati poco prima di venire qui.

Il problema si chiama "madre" e la sua pessima abilità nel montare una lavatrice. Ed ecco il risultato.

Purtroppo dovrò accontentarmi, le nostre cose devono ancora essere estratte dalle valigie nel nostro suv, e non possiedo neanche le chiavi per iniziare a portare su qualcosa.

Per questo, una volta indossate le scarpe e aver preso la mia abituale tazza di caffé, armata della mia macchina fotografica inizio a visitare il quartiere di Queen street, accompagnato dai murales e dalla sua arte che colora mura e luoghi del posto.

Affascinata da tutti quegli intrecci interessanti ed espressivi, inizio a scattare foto a raffica.

Ho sempre trovato l'arte come qualcosa di affascinante.
Pittori o, in questo caso, ragazzi esprimono ciò che hanno dentro attraverso un semplice intreccio di colori che da vita a qualcosa di completo, a parer mio.

Be fast {-DoNotFallInLove-}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora