Prologo

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Sentì un forte picchiettare sul finestrino della sua auto. Senza neanche aprire gli occhi assonnati poté capire di chi si trattasse. In automatico alzò le mani in segno di assenso e, con una mossa pigra e goffa, scavalcò i due sedili per portarsi al posto del guidatore. Senza dire una parola all'agente mise in moto, fece qualche isolato e imboccò una stradina quasi invisibile, proseguì fino alla fine del lungo viale e parcheggiò al ridosso del bosco, lontano dalle ultime case. Riprese a "dormire". Dormire per modo di dire.

Da quando era risalito in superficie tutto era cambiato, anche se nella maniera più impercettibile. Tutto era diverso. Lui. Lui era diverso.

Quando un tempo era uno sbruffone, privo di emozioni e completamente insensibile verso il genere umano, ora si sentiva costantemente impaurito e incapace di controllarsi. Questo lo innervosiva. Spesso gli succedeva di notte, quando per tutti era un sollievo coricarsi, per lui era un'incubo. Un' incubo costante. Cominciava a tremare e gli si insinuavano nella mente mille paure e in quell'auto gelida si sentiva terribilmente solo, come nel luogo più disabitato e remoto del mondo.

Però se ci pensava bene, tanto solo non era. A suo malgrado, ogni singola notte in ogni singolo incubo, qualcuno c'era. Lei c'era. Lei cercava vendetta, ma non se la prendeva mai fino in fondo. Lo torturava fino a che gli strappava il suo cuore, poi tutto ricominciava da capo come in un infinito rewind. Forse la vera vendetta era quella. Non dargli pace, facendolo soffrire.

Si sarebbe sentito meglio se quella vendetta un giorno fosse arrivata, ponendo fine a tutta quell'agonia. Si. Preferiva morire pur di dover sopportare, ogni giorno della sua esistenza, tutto quel male, che in fondo meritava. E fu lì che capì. Da quel piccolo desiderio, capì di essere diverso, che qualcosa nella sua mente si era smosso. Tempo prima non avrebbe battuto ciglio in punto di morte, ma ora. Ora avrebbe fatto tutto il possibile per una fine che non includesse quella brutta parola che era la morte.

*********

Se lo sentiva che prima o poi sarebbe successo. Da tempo le cose non andavano bene, litigavano spesso per le cose più insignificanti. Non riuscivano a superare quei problemi che una relazione implica, ma forse, si ripeteva che era meglio così. Era meglio se ognuno avesse preso la propria strada, lasciandosi alle spalle ciò che era successo, fingendo di stare bene. Lui lo sapeva, entrambi lo sapevano. I problemi non erano solo quelli derivanti da incomprensioni, il problema riguardava qualcun'altro. Un'altra persona. Non se lo erano mai confessato, ma sapevano che era così. Sapevano ogni cosa, ma l'orgoglio prevaleva su tutto quanto.

Si erano sempre capiti con un solo sguardo e forse quello aveva portato all'instaurarsi di una forte amicizia ed infine all'amore. Ma se questo poteva essere un lato positivo, lui non era completamente d'accordo. In parte incolpava quella forte intesa che c'era tra loro, in parte incolpava lei per averlo tradito e nell'angolino più remoto della sua mente si incolpava per aver creduto che tutto si sarebbe risistemato.

E così lei se ne andò in lacrime, e lui si ritrovò nella sua stanza. Solo. Solo ad osservarsi le nocche insanguinate, mentre un rivolo di sangue cadde sul lenzuolo seguito da una goccia di acqua salata. Su quel letto dove avevano fatto l'amore per la prima volta. Dove si erano dati il primo vero bacio. Dove avevano fatto i compiti insieme per giornate infinite. Tutto era legato a lei. Ogni cosa in quella stanza gli provocava mille ricordi.

In un secondo tutti quei ricordi si ritrovarono riversi a terra. Provocando un rumore infernale. Il rumore dei cuori spezzati. Ogni cosa in quella stanza era rotta, scheggiata, strappata. Si avvicinò allo specchio e si osservò. Artigli affilati prendevano il posto delle unghie, canini come coltelli e gli occhi gialli come girasoli in piena estate, lo facevano assomigliare ad un mostro. Anzi, era un mostro. Lo era sempre stato.

Tornando nella sua forma umana, lanciò un urlo trattenuto fino a quel momento e prese il cellulare. Fece scorrere la lista dei contatti in cerca di un nome. Mason, il suo migliore amico. Ma inconsciamente proseguì oltre la M e si ritrovò davanti agli occhi quel nome. Theo. Tentennò un attimo non capendone il motivo e in un momento di furia ceca scagliò il cellulare contro la parete e si buttò di peso sul letto. Pianse. Pianse tutte le lacrime che aveva.

Alone - THIAMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora