Uno. When I Met You |Parte1/2

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Sbuffo

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Sbuffo.

Sbuffo, sbuffo e sbuffo ancora mentre appendo il mio abito da cocktail di Vera Wang nell'armadio.

Cosa c'è di peggio nel tornare a casa dei proprio genitori, speranzosi di usare la dependance, e ritrovarsi nella propria vecchia cameretta?

Bha, forse sapere che nella dependance c'è un nerd brufoloso che suona la chitarra. Oh, e magari passa tutto il suo tempo attaccato ai videogames... lo odio, lo odio, lo odio. Scommetto che è uno di quei tizi alti e così magri che un soffio di vento li fa ribaltare, e che non ha nemmeno mezzo muscolo, che porta gli occhiali da vista e ha il viso pieno di brufoli.

Mamma dice che è tanto carino... ma lei trova carini anche i bambini che al ristorante si puliscono le mani sporche di crema alle zucchine sul tuo trench da ottocento dollari. Io li strozzerei, invece. Il Nerd, i bambini e mia madre.

«Ranocchietta?»

Aggiungo anche papà alla lista delle persone da strozzare, mi chiama in quel modo da vent'anni ormai. Non sono più una ranocchietta, cavolo.

«Sì?» domando uscendo dalla mia stanza e lo vedo in fondo al corridoio.

«Andiamo da Jacob's per le otto e un quarto.» mi ricorda.

«Va bene.» dico, anche se vorrei solo urlare e rientro in camera anche se vorrei fuggire. È venerdì sera e io dovrei uscire con gli amici, girare per locali, ballare, divertirmi, bere, ballare, divertirmi e sperare che ci sia un taxi libero che mi riporti a casa.

Prendo una maglia dalla valigia e la fisso, con orrore. È quella che mi ha regalato la mamma di quel brutto figlio di buona donna del mio ex fidanzato. Dio, avrei voglia di strozzare anche lui. E anche la segretaria con cui mi ha messo le corna e per cui mi ha piantato, una sera di un mese fa, mentre cenavamo tranquillamente.

Lo sapevo che la crostatina con la crema alla Nutella che mi aveva portato due giorni prima era un brutto segno, un bruttissimo segno, ma io i cosiddetti "segnali premonitori" non li colgo, non ne sono capace e, quando riesco a coglierli... li ignoro.

Però mi sono vendicata... altroché se l'ho fatto. Per prima cosa ho buttato qualche suo vestito giù per il condotto della spazzatura, poi ho preso uno dei cacciaviti che il cretino del mio ex si ostinava a comprare ma non usare mai e l'ho usato per tracciare delle belle linee quasi parallele da una parte all'altra della fiancata della sua auto, una comunissima utilitaria, anche se potrebbe comprarsi una Ferrari.

Il mio ex è anche tirchio, quell'imbecille.

Comunque non mi sono fermata lì: sul cofano, usando sempre il cacciavite, ho scritto: spero che non ti tiri più.

Afferro un paio di forbici e taglio la maglietta, creando un paio di stracci che userò per pulire il gabinetto.

Oh... ma mi sono vendicata anche della sua segretaria... una mattina ho portato fuori Neve, il collie della signora che abitava nell'appartamento sotto al quale vivevamo io e quell'ambea del mio ex e... ho raccolto la montagna di cacca che quella bestiola tanto simpatica ha prodotto. Poi sono corsa nel grattacielo dove lavoravamo sia io che il mio ex e ho trovato la macchina di quella e le ho spalmato la cacca su tutte le maniglie delle portiere. E anche sul tettuccio perché quell'idiota ha sempre avuto l'abitudine di posare la sua borsa da cinquemila dollari sul tettuccio dell'auto prima di aprirla.

Straight Through My Heart |Storia Presente anche su EFP.  | In revisoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora