Sono in ansia. Cioè... andremo a New York! Sono così in ansia che mi sono svegliato alle quattro e mezza, un'ora e mezza prima che suonasse la sveglia. Ho ricontrollato la valigia, il bagaglio a mano, i documenti, la mia chitarra, mi sono appena fatto la doccia e adesso non so cosa fare, di tornare a letto non se ne parla, se mi riaddormento è la fine.
Guardo fuori dalla porta finestra, le tende della stanza di Lindsay sono ancora tirate. Dorme ancora? Fra tre quarti d'ora passano a prenderci!
Apro la porta finestra e vado da lei. La sua è quasi chiusa, c'è solo una piccola fessura, dove infilo l'indice destro e faccio leva, aprendola. L'allarme non è inserito, chissà chi si è dimenticato di attivarlo.
Lindsay dorme tutta raggomitolata, sul pavimento c'è la sveglia, il coperchio del vano batterie e la pila sono accanto a essa, deve averla buttata per terra.
«Lindsay.» la chiamo, «Svegliati.» dico ma lei dorme.
«Linds.» la scuoto piano ma lei non reagisce, «Lindsay, svegliati.»
«Fammi dormire.» biascica lei e infila la testa sotto al lenzuolo, coprendosi fino agli occhi.
«Mancano dieci minuti alle sette.» esclamo e mento, perché sono appena le sei e cinque.
«Che cosa?» strilla lei e io mi scanso per evitare una testata sul naso. «Oh mio Dio!» strilla ancora, «Ho un sacco di cose da fare!» dice mettendosi in piedi.
Io la fisso trattenendo una risata mentre lei si agita e corre per la stanza, incurante di indossare una t-shirt extra-large che le scopre le gambe.
Poi si blocca di colpo davanti alla libreria.
«Sette meno dieci, eh.» dice e mi accorgo che fissa una pendola posta sopra uno dei ripiani più alti, «Sono le sei e cinque!» sbraita girandosi verso di me, «Imbecille!» sbotta e io rido, «Non ridere!» squittisce e io rido ancora di più.
«Cretino.» borbotta, diventa rossa e tira giù l'orlo della maglietta, «Esci!» esclama, «Maniaco!» dice.
«Quanto la fai lunga.» esclamo, «Se non ti avessi svegliato avresti continuato a dormire.» le faccio notare ed esco dalla stanza - sempre dalla porta finestra -, «Ah, l'allarme non era inserito.» la informo. «Ci vediamo dopo, ciao!» la saluto mentre lei borbotta altri insulti.
«Grazie, signora Mars.» sorrido mentre la madre di Lindsay mi porge una tazza di caffè.
«E tu che ci fai qui?»
Mi giro e sorrido a Lindsay, «Bevo un caffè.» dico e alzo la tazza di caffè, «Buongiorno.»
«Buongiorno un cavolo.» mugugna lei e si versa del caffè. «Stupido.» borbotta.
«Linds, capisco che è presto, ma cerca di essere gentile.» la rimprovera la madre.
Lindsay irrigidisce la schiena. «Okay mamma.» esclama e versa lo zucchero nel caffè, poi si gira e mi fissa, rimango sorpreso nel vedere il suo viso segnato dalla stanchezza.
STAI LEGGENDO
Straight Through My Heart |Storia Presente anche su EFP. | In revisone
ChickLit[In a world like this serie Parte I] "Lui mi ha messo le corna e mi ha piantato dicendomi che non mi amava più, che vedeva un'altra da sei mesi e che era meglio lasciarci. E io avrei voluto piantargli il coltello in mezzo agli occhi. E in più... il...