Capitolo 2

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Sette anni dopo.

La campanella suona e tutti noi ci affrettiamo ad uscire dalla classe.

Matematica è una vera e propria tortura per tutti, ma non per me.
Per me la vera tortura è storia.

Perché? Beh, perché a storia sono seduto proprio davanti a Jolyon.

E sebbene adesso abbiamo 17 anni e non più 10, lui continua a rendere la mia vita scolastica un inferno.
Anzi, la mia intera vita.

Ringrazio Dio che è soltanto l'ultima ora, non ce la farei altrimenti.
Sarei con l'umore giù per ore scolastiche, almeno dopo quest'ora posso starmene per ore in camera mia ad ascoltare la musica.

Mi siedo subito al mio banco, mettendo il libro di storia americana davanti a me e accucciandomici sopra.
Magari se divento piccolo piccolo Jolyon non mi noterà.

«Ehi, frocio!».

Per un attimo ci stavo credendo realmente.

Alzo la testa e lo vedo.
Jolyon Smith: capelli biondissimi, occhi azzurri che a volte diventano verdi. Il suo corpo è perfetto, proprio come il suo viso. Tutte le ragazze della scuola gli corrono dietro.

Invece io ho dei semplici capelli biondo cenere e degli occhi castani non troppo scuri.

Accanto a lui ci sono i suoi più grandi amici: Jones, Brown, Davis e Lopez.
Tutti membri titolari della squadra di basket, di cui Jolyon è capitano.

«Ehi frocio, come va?» mi chiede lui.

«Adesso che ci sei tu, male» rispondo, guardandolo malissimo.
Oggi lo affronterò e vincerò.

«Uh!» fanno i suoi amici, sorridendo e aspettano la risposta di Jolyon.

«Il frocetto ha deciso di essere acido oggi, eh?» sorride, ma la sua espressione è tutto fuorché felice.

Prende il mio libro dal banco, strappa delle pagine e le accartoccia.

«No!» dico, alzandomi per prenderle.

«Le vuoi?» ride, alzando il braccio.
È alto quindici centimetri in più di me, quindi non riesco a prenderle.

Si gira e le lancia nel cestino, facendo canestro.

«Jolyon! Sei bravissimo!» dice Stacy, la sua ragazza. Ha i capelli biondi e gli occhi verdi.
Sono una bella coppia. Stupidi e stronzi entrambi.

Lui non la degna di uno sguardo, mi prende il colletto della maglia e mi alza a se. «Prova a trattarmi così un'altra volta, e ti giuro che a rompersi non saranno delle stupide pagine, ma le tue gambe.».

Mi lascia e lancia a terra il mio libro.
Poi si siede dietro di me.

Anch'io mi siedo, sconfitto.
Non riuscirò mai a liberarmi da quel ragazzo, anche perché dice soltanto la verità.

Sono gay. L'ho scoperto da un paio di anni ma non lo dico a nessuno, perché sono sicuro che se facessi coming out comincerebbe a prendermi ancora più in giro.

La mia vita fa schifo. E tutto grazie ad un deficiente.

I Was WrongDove le storie prendono vita. Scoprilo ora