Capitolo 15

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Len's Pov

Addento un pezzo di carne mentre lo tengo usando le mani.
Che piacere c'è ad usare le forchette se puoi usare le mani? Se non servono a questo allora perché le abbiamo?

«Len...» mi rimprovera mia madre.
Lei non è della mia stessa idea, infatti pensa che le mani siano fatte per tenere le posate.
E per quanto io a casa non voglia mai usare le posate, lei non si arrende: dice che 'non è mai troppo tardi per imparare le buone maniere'.

Le lancio un'occhiataccia, per poi lasciar cadere la bistecca sul piatto e prendere le posate.

Lancio un'occhiata a Jolyon e vedo che lui è seduto composto, almeno ad un palmo di distanza sia dal tavolo che dalla spalliera della sedia, soltanto i polsi sono appoggiati alla tavola e tiene le posate in un modo così composto ma spigliato che sembra quasi che lui sia nato mettendo le posate in questo modo.

Mia madre lo guarda con occhi adoranti. So bene che vorrebbe tanto che anch'io fossi così composto a tavola.

«Allora, Jolyon...» ricomincia mio padre. «Che lavoro vorresti fare?».

Oh no!
Vuole davvero continuare a fargli il terzo grado?! Quest'uomo è assurdo!

«Sinceramente non lo so ancora. È da quando avevo sette anni che non penso più seriamente a che lavoro potrei fare. E a sette anni volevo fare l'astronauta!» risponde Jolyon, dopo aver ingoiato il boccone. Cavolo quant'è educato! «Però so già che me ne vorrei andare subito a vivere da solo».

«Interessante...» risponde mio padre, facendo una di quelle facce che solitamente fanno gli investigatori nei film, quando devono dedurre qualcosa dall'unico indizio che hanno a disposizione.

Io invece so bene che lavoro vorrei fare. L'ho deciso quando avevo dieci anni e non l'ho più cambiato da allora.
Vorrei fare l'architetto. Ma non mi va di dirlo perché è lo stesso lavoro che faceva suo padre, e non ho proprio voglia di intristirlo.

«Len invece vorrebbe fare l'architetto. Vero Lenny?» dice mia madre, sorridendomi quando mi chiama 'Lenny'.
Ma è mai possibile che sono l'unico in questa famiglia che pensa prima di parlare?

Mi giro subito a guardare Jolyon, per vedere se ha una reazione triste.
Ma invece mi sorride normalmente e nei suoi occhi non riesco a vedere nemmeno una briciola di tristezza.

Ritorna a mangiare, sempre con quella postura perfetta.
Sarà stato suo padre ad insegnargli a mangiare così? Oppure sua madre? O il suo patrigno?
Ha detto che non va molto d'accordo con quest'ultimo, perché? Lo tratta male? Oppure Jolyon non riesce ad accettare che sua madre stia con qualcun'altro?

Tutte queste domande affollano la mia mente.
Ho sempre creduto di conoscere Jolyon: una persona disgustosa, che si divertiva a prendere in giro le persone senza motivo insieme alla sua banda di bulli.
Ma non avevo mai pensato che potesse esserci anche un'altra parte di Jolyon. Una parte gentile, educata.
Non avevo mai pensato che Jolyon potesse essere una persona che aveva sofferto per un brutto avvenimento nel suo passato.

Forse è vero che non mi bisogna mai giudicare un libro dalla copertina.
Forse è vero che non esistono persone cattive, perché queste persone sono solamente sole ed hanno bisogno di qualcuno che le aiuti.
È vero che ogni persona ha sofferto almeno una volta nella sua vita, o continua a soffrire senza che lo dia a vedere. O forse lo fa vedere benissimo, ma siamo così presi da noi stessi e da ciò che può farci felici, da non vedere tanta sofferenza e tanta tristezza.

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