Capitolo 36

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La mia cella non è mai stata così buia, nemmeno un filo di luce entra da quel piccolo buco somigliante ad finestra. Credo che ormai, abbia iniziato a piovere e l'ora di pranzo è passata da troppo tempo, sarà metà pomeriggio. Le ombre richiamano il demone che c'è dentro di me, è più grande dei demoni d'incubo. È più grande di me e mi sta mangiando dall'interno. Sta divorando ogni centimetro della mia luce, come quest'ombre. La porta si apre, per in secondo una scintilla mi nasce dentro. La speranza di vedere Shale sulla porta svanisce quasi immediatamente: Michael si eregge alto sulla soglia. Mi guarda dall'alto, rimango seduta sul pavimento della cella, preferendolo a lui. Lentamente, scosto la rosa blu dai miei capelli annodati, le sue spine mi graffiano le dita, poco prima che la lasci scivolare al gelo. Michael entra, alto e possente.
-Devi venire con me.- mi annuncia con educazione.
-E se io non volessi?- chiedo velando il mio tono minaccioso con una paura falsa.
Lui come Drew non ha un cuore e so perfettamente come comportarmi con chi non ha cuore. Loro amano vedere la paura, li fa sentire potenti, Benissimo.
-Verrai con le buone o con le cattive- dice e sul suo volto sboccia un sorriso maligno.
-Che noia che siete voi aristocratici- annuncio con stizza, con la testa alta e gli occhi puntati nei suoi. Se si potesse incenerire qualcuno con lo sguardo, Michael starebbe bruciando. Mi alzò e continuo a guardarlo negl'occhi senza il minimo timore, come se non fosse altro che un servitore. Lui inizia ad avere una posizione accigliata e sorpresa, provocando in me un sorriso stirato. Esco dalla cella e metto le mani sui fianchi, crucciandomi.
-Vogliamo muoverci? Vorrei tornare qui prima di cena-
Lui mi guarda come se fossi impazzita e mi passa accanto in fretta.
-Ma certo, Lady- Il suo passo è lento ma ampio, il mio corto e affrettato per stargli accanto. I nostri silenzi si stanno urlando cose che mai avrei il coraggio di dirgli. È difficile trattenere la paura. È come un veleno che scorre dentro le vene e non si ferma, arriva al cuore che lo pompa alle altre parti del corpo. Fino a che hai paura con tutta te stessa. Ma non posso dargliela vinta. Io devo vincere.
Continua a brillare
Sì, Ally non temere.
Michael mi fa girare in un corridoio stretto, immettendoci in una grandissima sala. È pazzesco come questa casa sia immensa, un vero labirinto. È tanto che sono qui e ancora non mi oriento. Nemmeno se stessi qui per un anno riuscirei a girarla tutta. In fondo alla sala c'è una grande porta. Marschall ci affianca, con lo stesso passo ampio e fastidioso del fratello.
-Siete arrivati presto- dice
Michael annuisce, ma nient'altro
-Credevo, che opponesse resistenza- ammette sigillando la mascella.
La porta è in legno scuro e con le maniglie di ferro, metto una mano sul legno, precedendo Michael sotto lo sguardo sbalordito di Marchall
-È cedro-
-Da dove viene?- Michael spinge la porta e la tiene educatamente aperta.
-Ha importanza?- chiede con il sopracciglio alzato.
-Taci, Michael. Si vuole acculturare!- mi difende Marshall.
Un lampo mi attraversa la mente, sudo freddo.
Ho un piano
Un sorriso mi attraversa il volto, una sensazione calda mi attraversa ogni fibra del mio corpo, come se si stesse accendendo.
-Andiamo- fa Michael mentre scuote la testa. La camera è in penombra. Una scrivania si innalza in fondo alla stanza e troneggia sul resto dell'arredo, davanti all'unica fonte di luce viene da una finestra aperta sul balcone. La stanza è stracolma di libri e ogni mensola ha un numero. Questa stanza è enorme. C'è qualcuno seduto dietro la scrivania. Vedo solo il suo contorno. Michael mi spinge verso di lui e sotto questa luce fioca riconosco i tratti del suo viso tanto simili ai miei e quasi identici a quelli di mio padre: Caius.
-Perchè sono qui?- sussurro. La paura sta per inghiottirmi nella sua oscurità cieca. Non voglio fare un'altra prova, sono ancora troppo scossa da quella di sta mattina. L'aria è così difficile da immettere nei polmoni che, come bambini pigri, non vogliono fare il loro dovere. Stringo le mani ai fianchi, pronta ad urlare, ma non lo faccio. Sono pronta a scansarli se dovessero provare a prendermi, non lo fanno.
Rimano interdetta in quei secondi silenziosi.
No non portatemi via
Potrei raggiungere presto
La strada per la pazzia
-Siediti, Clarissa-
-Mi chiamo Clare- commento quasi in un ringhio, lui socchiude gli occhi e mi squadra mentre mi siedo sgraziatamente sulla sedia di fronte a lui.
Michael e Marshall sono ai miei lati lontani solo qualche metro. Mi sento in trappola. Sono in mezzo ad un triangolo pericoloso, con un solo semi alleato ad uno dei vertici.
-Allora, Clarissa- inizia mio zio e in questo momento mi andrebbe di sbattergli un vassoio di ferro in faccia, gli ho appena detto che non è il mio fottuto nome.
-Dalla simulazione ho visto che tu hai capito quanto puoi essere pericolosa e ho anche visto la tua voglia di risolvere il tuo problema- mi riferisce -Bene-
Il sangue sotto la mia pelle diventa ghiaccio.
-Io non ho nessun problema- dico ostentando una freddezza glaciale.
-Il tuo problema sei tu-
Pianto una mano sul tavolo di legno massiccio. L'impatto risulta così forte che sul prezioso legno si forma una grossa crepa
-Smettila di fare come se mi conoscessi, come se tu mi leggessi l'anima. Non è così la mia anima è fatta di geroglifici incomprensibili e non sarai di certo tu a decifrarli. Smettila di fare come se sapessi tutto perchè potrai anche sapere tutto del mondo in cui io vivo a stento, ma Tu non sai niente di me- gli ringhio contro ad un palmo dal suo volto, occhi contro occhi, verde contro verde.
Gli occhi, solo Dio lo sa quanto possano essere sinceri gli occhi, anzi nemmeno lui. Nemmeno lui. Possono rivelare un miliardo si cose che la nostra bocca non direbbe
I suoi sono spaventati da quello che ha davanti e le sue pupille sono come uno specchio nel quale è riflessa la mia immagine.
-Anche tu hai visto quanto puoi essere pericolosa e anche tu hai capito che la miglior soluzione e estirpare il fiore prima che cresca troppo- prosegue, facendo saettare lo sguardo su di me in cerca di una reazione.
-Sì- ammetto -Ma quella non ero io. Era una simulazione, non era reale-
Marschall rimane a bocca aperta, a fissarmi come se gli avessi tirato uno schiaffo.
-Tecnicamente, ha ragione- sussurra e Michael lo fulmina all'istante.
-Quindi non hai intenzione di estirpare il problema?-
-Sai, zietto caro. Io non sono fragile o bella come un fiore, quindi non mi estirpi, al massimo mi uccidi, chiama le cose con il loro nome. E per la cronaca, prima di uccidermi, dovrai parlare con il Signore, perchè non credo che mi voglia lì su- dico volgendo gli occhi in alto
-Bestia di satana- sussurra con rancore. Sorrido
-No, io non sono una bestia, quella è lui- dico indicando Michael -Io sono la figlia- il mio sorriso passa da un orecchio all'altro.
Dato che essere dolce e innocente non ha funzionato, passiamo alla dittatura di Mr. Terrore
Evoco l'eco dell'anima così che i miei occhi cambino colore e nuovamente, il suo viso si altera in una maschera di terrore.
-Portatela fuori- ordina secco e subito i due fratelli si avvicinano.
-Non vi azzardate a toccarmi- sibilo mantenendo il mio sorrisetto impertinente -o giuro che faccio salire mio padre e come potrete immaginare, il caro buon vecchio Lucifero non è molo paziente- Marshall si arresta, incuriosito dalla mia affermazione beffarda,  mi alzo dedicando un gesto di stizza a mio zio e li seguo in corridoio. Michael torna dentro, Marschall mi accompagna in cella.
-Ma dico sei uscita di zucca?- mi chiede guardando davanti a sè.
Io rido senza troppa allegria.
-Perchè?-
-Sfidare così Caius, insinuare di essere Satana-
-Ah ah la figlia- lo correggo alzando un indice in aria. Lui si gira verso di me, stizzito.
-Già ti vuole morta, così non aiuti molto- commenta alzando un sopracciglio -Certo che sei strana. In 100 anni non mi era mai capitata una più fuori di melone di te-
-100 anni? Vecchietto-
-Ehi! Michael ne ha 111-
-E Shale?-
-90. C'è del tenero tra te e mio fratello, non è così?- mi chiede appena arriviamo alla porta a sbarre, sussulto di puro stupore.
-Non mentire! Uno, lo capirei; due non è una cosa di cui vergognarsi, ti tratto con rispetto e ti prendo un po' più in simpatia solo perchè ho capito che sarebbe inutile fare troppo il duro con te- mi dice.
-No- rispondo secca -Non c'è del tenero tra me e Shale. Io amo un altro e lui non è minimamente interessato a me in quel senso- lui alza le spalle.
-Comunque, come hai fatto a capire che era una simulazione?-
-Io non l'ho capito-
-Ma se sei riuscita a spezzarla-
-L'ho fatto e basta.-
-Quindi tu credevi che fosse vero?-
-Sì- rispondo atona
-E se fosse stato vero, tu...-
-Sì-
-Ma a Caius hai detto...- questo tono da bambino curioso mi ricorda vagamente Ally, di certo non si addice a Marshall.
Sospiro.
-Sì, lo so, ho detto tante cose. Una cosa è certa, Marschall, non ho intenzione di morire. Non importa se vi farò del male- dico sussurrando quella minaccia e velandola di chiarezza.
-Ecco cosa lo spinge a te- dice sovrappensiero come se non lo avessi appena minacciato di morte.
-Uh?- domando.
-Assomigli molto a mia madre- confessa piano abbassando lo sguardo. Mi chiude dentro la mia voliera dalla quale io, piccola rondine, non posso volare via.
-Marschall!- lo chiamo mentre si volta. Fa un paio di passi e poi si ferma.
-Mi dispiace per lei- concedo, sincera.
-Mio fratello deve proprio aver sciolto la lingua con te- borbotta irritato.
Rimango lì al buio per ore. Ho disegnato un orologio con il coltello sul pavimento della mia cella. Ora le due lancette sono formate dal gioco di ombre e luci della luna. Secondo me la vita è come il tempo: prezioso porzionato ad ognuno di noi.
Mi addormento sul pavimento di marmo, osservando le ombre che entrano dalla piccola finestrella e formano mille e più sogni.
-Clare- mi scuote. Ho il coltello sotto la manica, è il mio momento: posso uccidere. Mi metto in piedi di botto e punto il coltello alla gola di qualcuno che si affretta a mettere i palmi delle mani accanto alla testa.
-Clare! Clare, tesoro, sono io-
Tesoro?
Lo prendo dalla collottola e lo sposto verso la luce, con il coltello puntato a due millimetri dalla gola. La luce invade il suo viso ed è costretto a socchiudere gli occhi. Appena lo riconosco lo lascio andare in un sospiro, acquietandomi e stropicciandomi gli occhi ancora assonnati.
Shale
-Wow, ma che ti prende?-
-Scusa è che sono agitata. Tra due giorni...- farnetico e abbasso lo sguardo.
-Non pensarlo nemmeno- mi ammonisce lui. -Clare, non permetterò che ti uccidano-
Nel dirlo accenna ad un sorriso sghembo, obliquo. Ha un piano, luccica nei suoi occhi e sparge luce, attirandomi a lui come un faro. Fende il buio che adesso avvolge entrambi in un abbraccio affettuoso. La sua mano si protende verso di me, nel buio ed un sorriso attraversa il mio volto rivolto al suo. L'aria è densa, il mio cuore si stringe nella gabbia toracica prendendo vita quasi dolorosamente. Le sue iridi si plasmano mente le mie dita sfiorano il palmo della sia mano, prendono a luccicare. Stringe la presa, il mio patto con il diavolo, lo stringo con leggerezza se il diavolo è lui. Il diavolo potrebbe essere lui, potrei essere io. Potrebbe essere con noi, potrebbe essere noi. La sua mano si riscalda, sotto le mie dita e delle fasce d'ombra nascono dal nostro contatto lieve e candido come la neve.

Innamorata del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora