Mercoledì 23 maggio 2012, ore 14.40

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-Pronto?-
-Jessica, ti prego aiutami!-
-Ehi, calmati. Cos'è successo? -
-Eleonora non c'è nè a casa né in negozio, sai dov'è?-
-Sinceramente no...-
-Chiama tuo padre. -
-Ora lo chiamo. A dopo.-chiusi la telefonata.
-E adesso che succede?-mi chiese Francis.
-Eleonora è scomparsa. - dissi digitando il numero di mio padre.
-Pronto? -
-Papà, Eleonora è scomparsa! -
- Jessica, la procedura dice di aspettare almeno ventiquattro ore ma visti gli ultimi eventi, procederemo subito. -
-Grazie papà. - la telefonata terminò.
-Vuoi andare? - mi chiese Francis. Lo guardai perplessa :- Dove? -
-A cercarla. -
-Mi lasceresti andare?!-
-Sì ma muoviti. - lo ringraziai e corsi verso la macchina. Nel frattempo chiamai David ma partì la segreteria telefonica. Era a lavoro e aveva spento il cellulare, come sempre! Inconsciamente decisi di chiamare Barbara ma non rispose. Mi fermai davanti la casa di Eleonora. Gli agenti stavano parlando con Alessia e John. Vidi che, parcheggiato davanti la casa, c'era un furgoncino della polizia. Presi Alessia per un braccio e la portai dentro il furgoncino.
- Che fai?!-
- Mi servi. -
- A cosa? -
- A ritrovare tua sorella. -
- E come vorresti fare, scusa?-
- Li vedi questi bei computer? -
- Sì...-mi sedetti davanti ad uno di quelli e provai a rintracciare il cellulare tramite il GPS.
- Trovato! - esclamai :- Tu dammi le indicazioni ed io guido quest'arnese. - partimmo. Sentii i poliziotti urlare dicendo di fermarmi ma non avevo tempo.
- Jessica, ti prego, fermati! Tu sei pazza! -
- Dammi le indicazioni e non rompere, svelta! -
- Ok!-dopo venti minuti il segnale si fermò. Trovammo la macchina parcheggiata in un vicolo buio. Presi la mia pistola che tenevo nella borsetta.
- Aspettami qui. - scesi dal furgoncino. Andai verso la macchina, aprii lo sportello e trovai la sua borsa con il cellulare dentro. Uscii dal vicolo buio e, guardandomi attorno, vidi un vecchio edificio. Decisi di andare a vedere cosa c'era dentro. Era l'unico edificio presente nel raggio di dieci chilometri. Avvicinandomi, notai che era un vecchio manicomio. Lo stesso manicomio che chiusero nel 2010 e dove, lo stesso anno, morì lo zio di Christopher. Presi coraggio ed entrai. All'interno era vecchio e sudicio, le lampade a neon illuminavano il corridoio in modo irregolare. Dietro di me, udii un rumore, mi voltai puntando la pistola.
- Ferma! Sono io!-abbassai la pistola :- Alessia, mi hai fatto morire di paura! -
- Mi dispiace, volevo seguirti. -
- Io ti avevo detto di restare nel furgone. -
- Lo so. -
- E perché non l'hai fatto?!-
- Non mi andava! - sbuffai e poi dissi :- Muoviti e non fare danni. - camminammo piano piano, tenendo gli occhi aperti. I neon accecanti si spensero definitivamente.
- Stammi vicina. - Alessia si avvicinò a me, restammo ferme. Solo una stanza restò illuminata, ci avvicinammo e trovammo Eleonora appesa a testa in giù, al centro della stanza.
- Eleonora! - urlò sua sorella
- Ferma! - la bloccai :- Qualcosa non quadra...-
- Devo portarla giù da lì. - fece un passo avanti e qualcosa scattò. Eleonora stava per scivolare giù. Corsi verso la corda che le bloccava i piedi, per fermarla. Dall'uscio non feci caso ad una cosa inquietante:sotto di lei c'era una vasca piena di aghi e siringhe. In quel momento Eleonora aprì gli occhi, si rese conto della gravità della situazione ed iniziò ad agitarsi.
- Sta ferma! Rischi di cadere sotto. - si bloccò.
- Che cosa facciamo? - mi chiese Alessia. Non avevo alcuna idea. Poi notai che la vasca sotto la testa di Eleonora non era molto grande :- Cerca qualcosa di solido che arrivi da una parte all'altra della vasca. -
- Come faccio?! È tutto buio. -
- Il cellulare, usa il cellulare per farti luce! Muoviti, non so se resisterò a lungo. - sentii Eleonora singhiozzare. Era imbavagliata e legata come un salame.
- Ti prego, resisti! - sentii la corda allentarsi; " merda " pensai. Sentii un rumore avvicinarsi : " Ti prego, fa che sia Alessia..."
- Ce l'ho fatta! - disse trascinando una lunga scrivania.
- Mettila sopra la vasca. - la mise con le quattro gambe del tavolo verso l'alto. La corda si spezzò definitivamente ed Eleonora cadde sopra la scrivania. La trascinammo fuori dalla scrivania e la slegammo. Dalla caduta , si era lussata una spalla e una caviglia. Ce ne andammo da quella stanza sorreggendo Eleonora, cercammo di aprire la porta principale per poter uscire, ma non si aprì.
- Come faremo ad uscire? - mi chiese Eleonora. Non sapevo come fare...notai che la porta era di vetro. Feci allontanare le ragazze e provai con una piccola lastra di ferro che si trovava lì, a rompere il vetro. Il vetro si spaccò e, tramite quella fessura, provai ad aprire la porta dall'esterno. Con la mano cercai la maniglia. Dopo vari tentativi, la porta si aprì. Ce ne andammo di corsa verso il furgone, salimmo ed andammo dirette in ospedale. La portarono subito a fare dei raggi, per vedere se c'era qualcosa di rotto o qualcosa di più. Finché Eleonora era con i medici, io ed Alessia non potevamo entrare; decisi di andare da Ilaria per vedere come stava. Mi bloccai sull'uscio della stanza e vidi che, accanto al letto di Ilaria, c'era Barbara.
- Ciao. -dissi. Lei mi guardò e scoppiò a piangere. Mi avvicinai a lei e l'abbracciai, lei si strinse forte a me :- Mi dispiace, è tutta colpa mia! -
- No, non è colpa tua...-
-Invece sì! -
- Perché dici così? -
- Perché è la verità! - non era la risposta che mi aspettavo ma non avevo di certo voglia di discutere o di litigare, accettai comunque questa sua risposta. Non era una vera e propria risposta che volevo, l'unica cosa che veramente mi interessava, era di fare pace con la mia migliore amica.

Il gene di un assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora