Domenica 20 maggio 2012,ore 11.30

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Ero in macchina con mio padre. Avevamo trovato la vecchia residenza di Christopher,quando abitava con i suoi ultimi genitori adottivi.

-Siamo arrivati.-disse mio padre. Uscimmo dall'auto e ci incamminammo verso la porta. Bussammo ma non rispose nessuno. Bussammo nuovamente e questa volta ci aprirono. Ci aprì una giovane donna,aveva più o meno trent'anni,con i capelli lunghi fino al seno,lisci e biondi,i suoi occhi erano nocciola.

-Posso aiutarvi?-chiese

-Buongiorno signora Wilson,sono l'agente Frank e lei è mia figlia. Dobbiamo farle qualche domanda,riguardo Christopher.-

-Prego,accomodatevi.-il suo sorriso si spense. Ci fece accomodare;era una casa accogliente e molto in ordine.

-Vi avviso subito che non ricevo sue notizie da circa un anno.-annunciò 

-Si ricorda la vostra ultima discussione?-chiese Frank

-L'ultima cosa che ho ricevuto è stata questa.-aprì un cassetto e ci porse una lettera di addio.

-Mi potrebbe parlare di lui? Il suo comportamento a casa e a scuola o qualsiasi altra cosa le venga in mente...-cominciò a raccontare più o meno tutte le cose che già sapevamo. La interruppi chiedendole:-La sera di lunedì 8 settembre del 2008,cos'è successo di preciso?-mi raccontò che quella sera aveva avuto un incontro con la preside della scuola,che non era contenta del suo comportamento:-Diceva di lasciarlo andare,che aveva i geni di un assassino.-io e mio padre ci guardammo. La donna iniziò a piangere:-Anche se non era mio figlio biologico,l'avevo accudito io e gli volevo bene...e ora chissà dov'è...-mi sedetti accanto a lei per consolarla e poi le chiesi:-Di questo episodio,ne parlò con Christopher?-

-Si,a cena. Mi disse che aveva sentito tutto perché aveva installato un microfono.-rimasi allibita 

-Scusi della domanda,ma che scuola ha fatto?-

-È diventato perito informatico.-rimasi in silenzio:-Sta bene?-mi chiese e annuii sorridendo.

-Sa niente di Alexis?-chiese mio padre 

-So che era amico suo,ma niente di più.-

-E di suo padre?-

-Del padre di Alexis? Non so nulla di lui,mi dispiace.-

-Possiamo controllare la stanza di suo figlio?-chiesi

-Certo. È così ormai da sempre. Non ho mai toccato niente.-ci accompagnò nella stanza ed io e mio padre indossammo i guanti. Aprimmo i cassetti,guardammo ovunque. Mi soffermai davanti alla scrivania,c'era un indirizzo.

-Guarda.-dissi a mio padre

-È la via che hai visto questa mattina.-

-Dopo tutto,la mia idea non era proprio pessima.-mio padre sbuffò e poi disse:-Vediamo cosa possiamo fare...-uscimmo dalla stanza. Le domande erano finite. Era giunto il momento di passare all'azione.

Il gene di un assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora