In amore, chi non dubita e non teme, non ama - R. Gervaso

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<<Non  può essere vero!>> esclamò Betty, esterrefatta, quando Alessia ebbe finito di aggiornarli su quello che era venuta a sapere.

L'amica rimase in silenzio, il volto serio.

Lei guardò Juan e vide che anche il ragazzo faticava a credere a tutto quello.

<<Sei sicura che stia dicendo la verità?>> domandò.

<<MI ha mostrato delle foto e la somiglianza è impressionante. Io credo che non stia mentendo>> rispose Alessia, stringendosi nelle spalle.

<<Ecco perché te ne sei andata in quel modo dopo la partita>>

Stava ricollegando gli eventi, ma ancora mancavano alcuni passaggi.

<<Che cosa è accaduto dopo?>>

Alessia raccontò loro del bar, di Aleksandar, della sbornia, di Goran e infine di Nikola.

Più cose scopriva, più tutte quelle circostanze le sembravano assurde.

Poteva solo immaginare lo stato d'animo dell'amica in quelle ore e si sentì impotente, perché non sapeva come aiutarla.

Intanto Juan aveva preso la parola.

<<Nikola ti ama moltissimo, stai tranquilla. E, se hai bisogno di noi, non devi fare altro che chiamarci>>

Betty annuì. Forse non poteva aiutarla a sbloccare la situazione, ma poteva stare accanto alla ragazza. E lo avrebbe fatto.


Si stava rigirando nel letto da ore, ormai, e non riusciva a prendere sonno, nonostante la stanchezza. Il suo cervello continuava a ripercorrere le ultime ventiquattro ore: il giorno prima stava vivendo tranquillamente la sua vita e tutto gli sembrava chiaro, mentre adesso non aveva la minima idea di cosa gli avrebbe riservato il futuro. Era cambiato tutto.

Afferrò il cellulare e controllò l'ora, poi sospirò e lo rimise sul comodino. Era inutile, non sarebbe riuscito a dormire.

Esasperato, si alzò e andò in cucina per bere un bicchiere d'acqua.

Mentre il liquido fresco gli bagnava la gola, ripensò alla sua conversazione con Nataša, cercando delle falle nel suo racconto, delle incongruenze, ma non ne trovò. O aveva studiato tutto a tavolino con estrema attenzione, oppure gli aveva detto il vero.

L'immagine del bambino riempì la sua mente e non poté non riconoscere che gli assomigliava molto. Inoltre i tempi combaciavano. Avrebbe davvero potuto essere suo figlio. Ma doveva esserne sicuro al cento per cento.

Questa novità avrebbe sconvolto la sua vita, quella di Alessia e la loro relazione.

Adesso comprendeva la reazione della ragazza e il suo comportamento; doveva essersi sentita persa e impotente davanti ad una notizia del genere. E doveva soffrire molto; se i ruoli fossero stati invertiti, lui sarebbe stato sicuramente preda del dolore, dell'incertezza, della paura.

La cosa peggiore era che una piccola parte di lui iniziava già a gioire per il fatto che quel bambino avrebbe fatto parte della sua vita; tuttavia lui non era pronto per essere padre.

Lo aveva sempre desiderato, e ultimamente ci aveva pensato spesso, ma credeva che il quadro avrebbe ricompreso anche la ragazza che amava con tutto il cuore. Invece si era ritrovato un figlio dalla sera alla mattina, letteralmente, e non sapeva come reagire.

Se avesse continuato così, la testa gli sarebbe scoppiata.

Posò il bicchiere, ormai vuoto, sul tavolo e andò a vestirsi. Aveva bisogno di uscire.


Seguendo la ridda di pensieri che vorticavano nella sua testa, finì col ritrovarsi davanti al portone del palazzo di Alessia.

Era notte fonda, non c'era nessuno per strada e la giovane, con ogni probabilità, stava dormendo.

Rimase lì, indeciso, per svariati minuti, ma alla fine si decise: aveva bisogno di lei. Nonostante fosse stato lui a chiederle del tempo, si era accorto che non poteva aspettare un minuto di più. Doveva vederla, stringerla, baciarla.

Così suonò il campanello.

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