Amare è, soprattutto, comprendere - F. Sagan

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Alessia e la sua squadra avevano vinto, seppur al tie-break, e avevano ottenuto due punti fondamentali per raggiungere il loro obiettivo. Solo altri quattro punti e sarebbero state matematicamente salve.

Salutò le compagne e uscì dalla palestra, pronta per incamminarsi verso casa.

Ma, raggiunto il parcheggio, scorse subito Nikola. La stava aspettando appoggiato alla macchina, bellissimo nel suo giaccone scuro. Gli corse incontro, buttandogli le braccia al collo.

<<Credevo non saresti riuscito a venire>> gli disse, sorpresa, cercando poi le sue labbra.

<<Scusa il ritardo>>

<<Sei qui, ora>> gli sorrise e lo abbracciò.

Si crogiolò per svariati secondi tra quelle braccia, mentre le mani di lui la accarezzavano delicatamente. Era sempre così: quando erano vicini non riusciva più a distinguere dove finisse lei e dove, invece, iniziasse lui. Le sembrava di essere stata creata per combaciare perfettamente col suo corpo, per fondersi e svanire dentro di esso.

<<Vieni, ti porto a casa>> la esortò Nikola.

Alessia si scostò, un po' controvoglia, e lo fissò negli occhi.

<<Non guardarmi così>> la prese in giro lui. <<Il divano è molto più comodo, no?>>

Lei lasciò affiorare un sorriso.

<<Se la metti così...>>


Nikola era più taciturno del solito. Le prestava le solite attenzioni ed era dolce e premuroso come sempre, ma aveva l'impressione che, ogni tanto, la sua mente vagasse in qualche luogo dove lei non poteva raggiungerla.

Si raddrizzò, lasciando il confortante tepore del suo abbraccio, e lo studiò, mentre fissava con grande insistenza una delle sedie poco lontane.

<<Nik?>> lo chiamò.

Il palleggiatore sbatté le palpebre e si voltò verso di lei, mettendola a fuoco.

<<Cosa ti preoccupa?>>

<<Non sono preoccupato. Solo, pensavo>> le accarezzò una guancia.

Lei posò una mano su quella di lui, rivolgendogli un muto invito a continuare.

Il giovane respirò a fondo e le raccontò della discussione avuta con Nataša qualche ora prima. Quando ebbe terminato, rimase in silenzio, fissandola.

Alessia ripensò a tutto quello che aveva ascoltato e, seppur consapevole di ciò che avrebbe significato, non poté non parlare. Le cose più importanti erano il bene del bambino e la felicità di Nikola.

<<Dovresti riconoscere Matija. Legalmente, intendo>> mormorò.

Sapeva che lui sarebbe stato fiero e orgoglioso di dare il suo cognome al piccolo.

Il giocatore puntò gli occhi nei suoi con un'intensità che quasi la fece boccheggiare.

<<Ci pensavo da un po', ma ora mi sembra l'unica soluzione possibile>> Nikola si interruppe, scrutandola premuroso. <<Per te va bene?>>

Gli strinse la mano.

<<E' tuo figlio, Nik. Con o senza il tuo cognome. E, sinceramente, non mi sarei aspettata niente di meno da parte tua>>

La bocca di Nikola sulla sua chiuse definitivamente la discussione e i suoi baci cancellarono qualunque pensiero coerente tentasse di affacciarsi nella sua mente.


Quando si allontanarono per rifiatare, con gli occhi che brillavano e il cuore che sembrava voler esplodere, il palleggiatore riuscì, a fatica, a trovare la forza per parlare.

<<Devo andare, ora>>

<<Pensavo che saresti rimasto>> Alessia lo fissò con lo sguardo più tenero che riuscì a produrre, sperando di convincerlo.

Ma, evidentemente, la sua tecnica non era ancora abbastanza efficace.

Lui rise e le baciò la punta del naso.

<<Domani abbiamo il turno infrasettimanale, devo riposare. E qualcosa mi dice che qui non dormirei molto>>

<<Confessa: Vladi ti ha minacciato>> disse Alessia sospirando e abbandonandosi contro lo schienale del divano.

<<Più o meno. Quando ha saputo che stavo venendo a prenderti mi ha ricordato che, in vista dei play-off, ogni partita è importante>> rispose Nikola, alzandosi e indossando la giacca.

Poi tornò a chinarsi su di lei per darle un bacio pieno di dolcezza.

<<Buonanotte>> lo salutò e, dopo che la porta si fu chiusa, se ne andò a dormire, pensando al discorsetto che avrebbe dovuto fare a Vladimir alla prima occasione utile.

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