Si scorge sempre il cammino migliore da seguire - P. Coelho

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Goran osservò Nikola bere la birra che aveva davanti. Gli aveva chiesto di passare a casa sua per poter discutere con calma delle preoccupazioni di Alessia e ora si trovavano uno di fronte all'altro, seduti al tavolo, davanti a due bottiglie.

Il palleggiatore ricambiò lo sguardo, attendendo in silenzio che fosse lui a parlare per primo.

Dopo aver pensato a come iniziare, Goran decise di non sprecare tempo ed energie e di andare dritto al punto. Così si decise.

<<Ieri sera ho visto Alessia>> esordì.

L'altro annuì, deglutendo un sorso di bevanda ambrata.

<<Mi ha raccontato dell'incontro con Nataša di qualche sera fa. Perché non me lo hai detto?>>

Bevve anche lui e attese una risposta dall'amico.

Nikola si sedette meglio e rispose:

<<Non ero pronto a parlarne>>

<<E ora?>> lo incalzò.

Il giovane lo fissò in silenzio per alcuni secondi.

<<Preferirei evitare>> ammise.

Goran sospirò e mandò giù un altro sorso.

<<Sai che non mi piace intromettermi, e che per te ci sarò sempre, ma Alessia è preoccupata. Ha intuìto che non le hai detto tutta la verità, anche se non ha insistito con le domande. Ha paura di perderti>>

Il silenzio che seguì le sue parole non gli piacque neanche un po'. Si sarebbe aspettato che Nikola lo tranquillizzasse immediatamente, invece restò zitto. Aveva abbassato gli occhi e non aveva detto nulla.

Ebbe quindi la conferma che le preoccupazioni della ragazza fossero fondate.

<<Nik, non posso aiutarti se non mi dici cosa è successo>>

Il giovane lo scrutò di nuovo, indeciso. Poi capitolò e gli raccontò dei giornali serbi e dei termini che erano stati usati per descrivere la situazione.

Goran ascoltò attentamente fino alla fine, poi si prese qualche momento per riflettere. Ma Nikola non aveva finito.

<<Non mi importa niente se scrivono male di me, o di Nataša. Ma non devono usare quei toni con Matija! Lui è solo un bambino, non ha colpe!>>

Lui annuì, comprensivo.

<<Non posso capire fino in fondo quello che provi, perché non sono padre. Mi dispiace davvero che stia venendo fuori tutto questo casino. Ma devi parlarne con Alessia. Spiegale tutto, lei capirà>>

<<Lo so, ma non sono pronto>>

<<Allora cosa vuoi fare?>>

Nikola terminò la sua birra, rigirandosi la bottiglia di vetro tra le mani. Quando la posò di nuovo sul tavolo, i suoi occhi lo cercarono e Goran vi lesse un profondo dolore.

<<C'è dell'altro>> disse semplicemente Nikola.

Lo schiacciatore rimase di sasso.

//Cosa può esserci ancora?//

Dopo una breve esitazione, il palleggiatore continuò, la voce poco più di un bisbiglio.

<<Ieri sera Nataša mi ha raccontato di essere stata dal Pope della comunità serba per chiedere di battezzare Matija. Le ha risposto che non è possibile>>

<<Cosa?>> Goran quasi saltò sulla sedia.

L'amico annuì.

<<Nataša sta divorziando e Dragan vuole disconoscere il bambino. La Chiesa non può battezzare un figlio illegittimo, concepito fuori dal matrimonio>> concluse Nikola, mesto.

<<Ma il bambino è innocente! E tu lo riconoscerai. Il Pope lo sa?>>

<<Lo sa, ma non sembra essere sufficiente>> distolse lo sguardo, posandolo su un punto indefinito del salotto. <<E' mio figlio, Goran, e voglio dargli il meglio... Ma non ne sono in grado>>

Il ragazzo rimuginò su ciò che aveva appena ascoltato. Capiva il dolore dell'amico: sebbene non fossero degli assidui praticanti, erano entrambi molto legati alla loro terra e alle loro radici, comprese quelle religiose. Era comprensibile che Nikola volesse che suo figlio vivesse le stesse esperienze che avevano vissuto loro. Dopotutto, quel bambino era serbo; era giusto che non gli venissero precluse le tradizioni del loro popolo.

<<Ci deve essere una soluzione>> disse, quasi parlando a sé stesso.

Scorse però l'amico muoversi a disagio sulla sedia, evitando di nuovo il contatto visivo.

Si sporse in avanti, verso di lui, e richiamò la sua attenzione.

<<Nik? Cos'altro c'è?>>

Dopo un silenzio che gli sembrò interminabile, l'alzatore parlò piano.

<<Ci sarebbe una soluzione>>

Goran elaborò quella risposta.

<<Quello sguardo...>>

<<Non ho nessuno sguardo>> si difese Nikola.

<<Sì, invece. Hai lo sguardo di qualcuno pronto a sacrificarsi per un bene superiore>>

<<E' mio figlio>> insistette.

<<Non farlo>> Goran tentò di nascondere la paura nella sua voce. <<Nik, sarebbe un errore gigantesco>>

In risposta al suo monito, l'altro si alzò e recuperò la giacca, raggiungendo poi l'uscio.

<<Devo pensarci>> gli disse, senza voltarsi.

Poi se ne andò, lasciando Goran attonito.

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