Non essere invadente per non essere respinto... - Siracide

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<<Allora, come vanno le cose?>> le chiese Betty, sorseggiando il suo the caldo.

<<Siamo solo all'inizio, la strada è ancora lunga>> le rispose Alessia.

Negli ultimi quindici giorni Nikola si era recato a Torino quattro volte, e altre due volte Nataša lo aveva raggiunto dopo l'allenamento. In quelle occasioni, lei si era tenuta in disparte, chiacchierando con Goran, senza avvicinarsi e lasciando a Nikola tutta la tranquillità di cui aveva bisogno per entrare in confidenza con suo figlio. Non era stato semplice.

<<L'hai visto? Il bambino, intendo>>

Scosse il capo.

<<Solo da lontano, in braccio a sua madre>>

Alessia sentì lo sguardo dell'amica addosso.

<<Che c'è?>> domandò, in realtà timorosa di conoscere la risposta.

<<Stai dimostrando grande maturità, sono fiera di te>>

La ragazza abbassò gli occhi, arrossendo leggermente.

<<Grazie. Ma quel bambino è suo figlio. Cos'altro dovrei fare?>>

Betty rimuginò a lungo prima di parlare.

<<Hai ragione. Però tu stai male, e mi dispiace tanto>> smise di muovere il cucchiaino nella tazza. <<Vorrei poter fare qualcosa per aiutarti>>

Alessia le sorrise.

<<Lo stai già facendo>> la rassicurò, e la bionda ricambiò il sorriso.

<<Adesso ti dirò una cosa e tu devi promettermi che mi ascolterai>> ricominciò.

Lei annuì, lasciandola continuare.

<<Ti do un consiglio. Capisco che non vuoi intrometterti nel rapporto tra Nikola e suo figlio, ma non restare troppo in disparte>>

<<Non capisco cosa vuoi dire>>

Betty sospirò, poi spiegò:

<<Nataša potrebbe pensare di avere una possibilità di riprendersi Nikola. Invece spetta a te stargli accanto. Il piccolo dovrà abituarsi anche alla tua presenza. Non dare modo a quella donna di allontanarvi>>

Le parole dell'amica le ronzavano in testa minacciose. Quello era un aspetto su cui anche lei aveva riflettuto; temeva che Nataša si insinuasse tra di loro e sapere che un'altra persona nutriva la stessa paura la spaventava. Si fidava ciecamente di Nikola ed era certa che non l'avrebbe mai tradita. Ma questo non implicava che si fidasse anche della riccia. Anzi, tutt'altro.

Betty aveva ragione. Avrebbe dovuto far parte della vita del bambino, senza per questo sostituirsi a sua madre; doveva solo capire quale fosse il modo migliore per assicurarsi di farlo senza creare problemi a nessuno.


Il match era terminato da pochi minuti con una netta vittoria sull'ultima squadra in classifica. I ragazzi erano stati bravissimi a sfruttare il fattore campo e ogni singola opportunità che si era presentata loro, senza mai consentire agli avversari di metterli in difficoltà.

Alessia e Betty stavano parlando con Nikola e Juan, mentre Goran non li aveva ancora raggiunti; ad un tratto, una voce femminile, che Alessia aveva imparato a conoscere fin troppo bene, li interruppe.

Si voltarono tutti, vedendo, a pochi metri di distanza, Nataša. Teneva in braccio il piccolo Matija e aspettava che il palleggiatore la raggiungesse.

Il sorriso che aveva in volto fece rabbrividire Alessia: la donna non stava facendo nulla di particolare, in realtà, ma il suo atteggiamento spavaldo le sembrava calcolato e pensato apposta per infastidirla.

Respirò, cercando di essere superiore non innervosirsi. Prima avesse imparato a convivere con quella donna, meglio sarebbe stato per tutti.

Nikola la baciò sulla guancia e poi si incamminò verso Nataša.

Ormai non era più un segreto per nessuno, in squadra, la situazione che si era creata e tutti i giocatori - e persino lo staff - erano stati solidali con lei, non facendole mancare parole di amicizia e sostegno. Tutto ciò le aveva fatto piacere, ma, purtroppo, non avrebbe cambiato lo stato delle cose.

Si rese conto di essersi imbambolata a guardare Nikola e il bambino; il giovane sembrava aver preso confidenza col piccolo, il quale lo fissava tranquillo dalle braccia della madre. Inconsciamente, e nonostante tutto, si ritrovò a sorridere: vedere Nikola così sereno e affettuoso con suo figlio le scaldò il cuore.

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