«Puoi venire a casa?» chiedo a Bradley, dopo aver preso il telefono una volta finita la conversazione con i miei genitori, e corro in camera mia.
Lui mi comunica che sarà qui a momenti e mio fratello mi raggiunge.
«Perchè hai reagito così al nome di quella Mary?» mi chiede.
«Non lo so, non ho un buon presentimento. E sappiamo che ultimamente le cose che mi sento avvengono realmente. Ho bisogno di risposte.»
«E perché hai chiamato Brad?»
«È pur sempre il mio fidanzato. E poi ho bisogno di risposte anche da lui.» gli chiedo e mio fratello sembra non capire, tantoché scuote la testa assottigliando gli occhi.
«Riuarda lui il brutto presentimento.» Tristan spalanca gli occhi e sbuffa.
«Aspetta Ve, come si chiama la mamma di Bradley e Isabella?» magicamente sembra ricordarsi e spalanca la bocca.
«Mary.» deglutisce.
«Non sarà lei, insomma, sai quante altre persone di nome Mary esistono al mondo.» dice e non ha tutti i torti. Avrò sicuramente sbagliato, lo spero. Altrimenti sarebbe parecchio strana questa situazione.
Suonano al campanello e mi affetto ad andare ad aprire, Bradley mi abbraccia e mi lascia un bacio sulla fronte. Va da Tristan e saluta anche lui.
«Allora? Tutto bene?» chiede e io e mio fratello annuiamo.
«Tu conosci Alysha?» chiedo diretta e lui spalanca gli occhi, evidentemente non si aspettava questa domanda da parte mia.
«No, perché dovrei conoscerla?» alzo le spalle.
«Tua mamma diciotto anni fa era sposata con tuo papà?» chiedo nuovamente. Lui pare non capire.
«È una storia complicata quella della mia famiglia Ve.» si gratta la nuca e gli afferro la mano.
«Con me puoi parlarne.» disegno dei piccoli cerchi su di questa e lui annuisce.
«Se volete io vado in cucina e non ascolto.» Tristan si alza ma Bradley scuote la testa.
«Tranquillo non ce n'è bisogno, puoi rimanere anche tu.» si sorridono e mio fratello annuisce, poi si siede nuovamente sul divano accanto a noi.
«Partirò dalla domanda che mi stai facendo da tanto tempo: perché non reputo mio padre come un vero padre.
In sostanza parecchi anni fa mia mamma è andata a letto con un uomo, era più giovane di quest'ultimo, ma non le importava. Non stava con mio padre, certo io ero già nato ed Isabella anche.
Diciamo che erano in una fase strana della loro vita, mia mamma usciva ogni giorno continuamente e incontrava pure altri uomini, mio papà era solo dipendente dal suo lavoro.
Dedicava pochissimo tempo ai suoi figli, non c'era mai nel momento del bisogno, non c'era mai quando stavo male. Sempre e solo attaccato al suo lavoro.
Mia mamma appunto per questo faceva un'altra vita, perché quella del suo compagno era una vita spesa a rincorrere il suo ego.
Sembrava quasi che non gli importasse di noi, sembravamo persino due estranei.
Dopo che mia mamma andò a letto con quest'uomo, di cui io ancora non so niente, rimase incinta. Mio papà andò su tutte le furie, iniziò ad urlare, a ricoprire di insulti mia mamma e Isabella piangeva, piangeva tantissimo, ed io rimanevo in camera sua a consolarla, a dirle di stare tranquilla, che non sarebbe successo niente, cose che avrebbe dovuto fare un padre. Fu così che mia mamma decise di non abortire, e tenne questo figlio, non ho mai avuto nessun tipo di rapporto con quella bambina, avevamo giocato insieme sì e no due o tre volte. Poi mai più vista. Mia mamma, una volta che questa bambina fece tre anni, la spedì in orfanotrofio, non avrebbe mai voluto lasciarla, ma voleva tornare con mio papà a tutti i costi, d'altronde lo amava, e amava me e mia sorella.
Quando questa ragazza diventò più grande, a tredici anni se non sbaglio, andò in orfanotrofio da lei, a raccontarle tutto, e le disse inoltre che non poteva riaccoglierla a casa, ma che sarebbe andata a farle visita ogni giorno. E così fece. Non ci raccontò più niente, anzi ci disse persino che l'avevano adottata e non stava più in orfanotrofio, così diciamo lasciammo il tutto alle nostre spalle. Mia mamma e mio papà si sposarono e continuammo a vivere la nostra vita normalmente, come se la storia di mia mamma non fosse mai accaduta.» finisce di raccontare ed ha gli occhi lucidi, sento un groppo in gola e mi passo una mano tra i capelli frustrata. Ogni mio presentimento negativo era reale. Non riesco neanche a formulare una teoria esatta, stento a crederci.
Tristan ha gli occhi fissi e spalancati dall'inizio del racconto.
«Bradley..» sussurro. Lui mi prende la mano.
«Tua mamma, è andata a letto con mio papà diciotto anni fa. Alysha, è la bambina, la ragazza che si è presentata ieri alla festa. Lei è la nostra "sorellastra".» dico ed una lacrima scende lungo le mie guance.
«Quindi è come se io e te fossimo fratellastri?» chiede poi alzando le sopracciglia, il braccialetto che aveva tra le sue mani cade a terra e la sua bocca assume la forma di "o".
Scuota la testa, poi annuisco.
Non lo so nemmeno io.
È tutto così confuso.
«Sai che io e te non possiamo essere fratelli vero? Sei la mia fidanzata Cristo!» alza la voce e si alza in piedi.
Mi alzo anche io.
«Lo so Brad, lo so. Ho bisogno di altre spiegazioni però.» sussurro afflitta e lui mi stringe tra le sue braccia.
«Tranquilla, dobbiamo saperne di più, chiamo qui i miei genitori, puoi chiamare i tuoi?» chiede lui.
«Per dirli cosa?»
«Per farci spiegare meglio la situazione. Perché non ci avevano detto niente prima che io e te potessimo innamorarci l'uno dell'altro.»
«Quindi anche io e Isabella è come se fossimo fidanzati. Oh dio.» esclama Tristan con gli occhi sbarrati.
Chiamo i miei genitori e quando accettano di venire chiudo la chiamata, Bradley fa lo stesso.
Mi siedo sul divano e fisso un punto vuoto sul muro bianco.
«Va tutto bene?» mi chiede Bradley, circondando le mie spalle con il suo braccio.
«A dire il vero no. Ho così tanta confusione in testa.»
Suonano al campanello e mi affretto ad aprire. I genitori di Bradley.
«Mamma, papà, grazie per essere venuti. Volevo parlare con voi.» saluto i loro genitori e guardo Mary, immaginandola insieme a mio papà, con la loro figlia.
Strizzo gli occhi e una lacrima cade.
«Va tutto bene tesoro?» mi chiede. Annuisco sorridendo, cercando di smascherare il casino che ho in testa.
Suonano nuovamente al campanello e questa volta sono i miei genitori.
«Cos'è tutta questa gente?» ridacchia mio padre non appena mette piede in casa.
«Io e Bradley dobbiamo parlarvi.» loro diventano subito seri e mio papà guarda dritto davanti a lui.
«Mary.»
«Frank! Da quanto tempo!»
E tutte le mie teorie sono davvero concluse.
«Già, sono passati diciotto anni.» borbotta Bradley. Lo fulmino con lo sguardo e vado a sedermi in mezzo a lui e mio fratello.
«Vi chiederete perché sono qui. Io e Bradley abbiamo messo le due storie a confronto e abbiamo parlato di Alysha.» mio padre scatta in avanti e mia mamma sospira tristemente.
«Papà, perché non mi hai detto prima che Bradley ed io siamo "fratellastri"?» chiedo e faccio le virgolette, perché sono ancora scioccata da questa storia.
«Non lo siete. È complicata la situazione.» risponde questa volta il papà di Bradley. Che ora riesco a vedere solamente come un uomo a cui importa poco della propria famiglia.
«Mamma, tu e Frank siete andati a letto insieme, per di più facendo nascere una bambina. Ora questa è come se fosse mia sorella, e Veronica lo stesso.» alza il tono di voce, mi sembra arrabbiato, o semplicemente è deluso.
«Ragazzi, la situazione è davvero delicata, non siamo una grande famiglia, è stato tutto uno sbaglio, io ero ubriaca e tua mamma pure. È successo ma involontariamente davvero. Però Alysha è nata ed ora ha persino diciotto anni. Possiamo far finta che questo non sia mai accaduto?» chiede mio padre. Una lacrima scende dalle mie guance e mi stringo a mio fratello.
«Quindi ora dovremmo comportarci come due fratelli che si vogliono bene?» chiede Bradley preoccupato. Anche se mi dovessero imporre ciò io non cambierò mai il mio rapporto con Bradley.
«No ragazzi, non ce n'è bisogno.» dice mia mamma.
«Io amo Veronica, tengo a lei più della mia stessa vita, non posso far finta che questo non sia mai successo però.»
«Non voglio che questo cambi cosa c'è tra noi.» sussurro verso di lui. Lui scuote la testa, triste. Ho voglia di piangere.
«Ne parliamo dopo.» mi dice Bradley e si alza.
«Non ho nient'altro da dire, ho bisogno di riflettere un attimo. Grazie per essere venuti.» dice ed invita ad uscire i nostri genitori.
Torna da me e guarda Tristan.
«Puoi lasciarci un attimo soli?» chiede e mio fratello annuisce.
«Vado da Isa. Ci vediamo dopo.» mi abbraccia e poi saluta Bradley.
Esce dalla porta e guardo il mio fidanzato, se ancora tale posso considerarlo.
Lui sospira e si lascia cadere sul divano.
Inizio a piangere silenziosamente e mi metto le mani in faccia, Bradley di scatto si gira e mi abbraccia, mi rannicchio accanto a lui e continuo a piangere, non posso farne a meno.
«Shh non piangere.» come posso non farlo? Ho paura che tutto ciò che si era creato fin'ora con Bradley ora cada a pezzi, che mi lasci.
Non voglio considerarlo un fratello, non ci riuscirei mai a farlo, lo amo come non ho mai amato nessuno. E non è lo stesso amore che provo per mio fratello, sono due tipi di amore ben diversi.
«Cosa succederà ora?»
«Assolutamente niente. Io non ti lascio, cascasse il mondo io a te non rinuncerò mai.»----
ALOHAAAA
non avete commentato lo scorso capitolo, sad me :'(
Anyway questo capitolo volevo farlo finire male, ma visto che sono una brava persona l'ho fatto finire bene yaaa.
A MILANO NEVICA ADORO UN SACCOO È TUTTO BIANCOOO.
detto ciò, spero il capitolo vi sia piaciuto (scusate se aggiorno con troppi giorni di ritardo ma non ho un attimo libero rip) e votate e commentate.
Vi voglio bene, ciauuuzz
-fede
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Il ritratto di Bradley Will Simpson.
Fanfic«Regola fondamentale per lavorare qui: non dare confidenza a nessuno. Assolutamente a nessuno. Ciò che potresti vedere potrebbe lasciarti leggermente scossa, ma vedrai che ci farai l'abitudine.» *la trama è stata inventata da me, vi prego di non cop...