Alex Parker e le discussioni con i defunti

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Ci credereste se vi dicessi che ho una specie di sogno? Non saprei come altro definirlo. Vi spiego: mi trovo proprio allo Specchio, ad osservare il cielo colorato del regno dei sogni, casa mia. Sono sdraiato su di esso, ma non affondo. Non ho la forza di alzarmi. Forse non voglio farlo. Accanto a me, mio padre sta seduto ad osservarmi. A meno che non sia morto, deve trattarsi per forza di una specie di visione. A dire il vero, però, preferirei essere morto.
«Come va il lavoro, Zack?» inarco un sopracciglio, guardandolo storto.
«Sul serio, papà?»
«Mai stato così serio, figliuolo.» percepisco appena l'assurdità della situazione: è come se non se ne fosse mai andato, non riesco a provare così tanto dolore. Ripeto, probabilmente sono morto.
«Ho fallito, papà, ecco come va.»
«Ma se hai appena cominciato.»
«Appunto, ed ho fallito.» sento di nuovo il proiettile colpirmi, il dolore e la debolezza arrivano di colpo e non sono più al regno dei sogni. Eccomi di nuovo sdraiato sul freddo asfalto. La bufera copre il cielo, Drew è morto, Ana è stata portata via. «Ho fallito» ripeto con un groppo in gola «Ho deluso tutti, non ho dato un senso alla tua scomparsa... E Drew è morto. Forse lo sono anch'io. Lo sono? Oppure sto per diventarlo? »
«Non lo so.»
«Grazie, molto di aiuto.» chiudo gli occhi un attimo, dieci volte più debole di prima, a stento li riapro.
«Sì, credo... Credo che sto morendo.»
«Ragazzo mio, te l'ho già detto. Hai appena cominciato.» si piega a guardarmi ed ecco che la sento, la terribile nostalgia che mi logora da anni. Mi rivedo da bambino sulle sue gambe a leggere il libro sugli esseri umani, lui che mi saluta quando va a lavoro, che mi racconta di come è bella la camera del suo umano. Tutto troppo pesante per uno che si aggrappa alla vita a stento. Chiudo gli occhi, voglio andarmene, voglio raggiungerlo, voglio raggiungere Drew...
«Zack tieni gli occhi aperti, figlio mio, forza.»
«Non riesco.» ammetto in un sussurro, vuoto.
«Su, alzati.» mi solleva di peso, cerca di tenermi all'in piedi. Lotto per non perdere i sensi.
«È finita, papà. Non ce la faccio.»
«Sì che ce la fai.»
«Non è una vittoria senza Drew. Ho fallito nel mio ruolo da incubo, da fratello, da figlio.»
« Zack, guardami.» I suoi occhi sono vivi. Sembra così vero, cavolo. «I tuoi amici, tutti hanno bisogno di te. Tu hai ancora qualcosa da dare prima di andartene, lo so. Devi saperlo anche tu. »
«Drew è morto, tu lo sei, io... Non sono niente senza voi. Vi ho portato solo a morire.»
«Svegliati e prova a rialzarti. Sei un puro, Zack. Sei mio figlio. Magari non ti ho insegnato come essere un incubo, ma sicuramente come amare e proteggere sì.» lo guardo dritto negli occhi, per la prima volta non ho in mente la scena della sua terribile morte. «La profezia non si è avverata, Zack, non ancora. Non devi chiudere gli occhi .Adesso ti lascio.» mi reggo in piedi da solo, barcollo un po', premo la mano sulla ferita mentre mio padre si avvia nella nebbia della bufera. Mi appoggio ad un palo della luce, lotto per rimanere in piedi.
«Papà!» si volta a guardarmi. È identico a Claire. «Quindi sono vivo?» mi sorride.
«Sì, lo sei.»

***

La prima cosa che percepisco sono i suoni attorno a me. La tentazione di riaddormentarmi e abbandonare tutto è alta, eccome se lo è, ma tanto sono debole anche per pensare o ordinare al mio corpo di muoversi appena al momento, quindi lascio che i minuti passino. Mi sento osservato. Non sono sull'asfalto, ma su un letto morbido, sotto delle coperte. Dove diamine mi trovo? Perché l'odore di questo posto non mi è nuovo? Cerco di inspirare, ma il dolore al petto è così atroce che mi fa gemere. Qualcuno accanto a me sobbalza, probabilmente non si aspettava un mio risveglio. Mi rendo conto di avere qualcosa nel naso che mi trasmette aria e mi aiuta a respirare.
«Svegliati.» mi ordina una voce severa. È una donna. Li occhi li apro appena, ma le palpebre cadono di colpo da sole. Sento il rumore dello sparo, di nuovo il dolore al petto...«Svegliati, ho detto. » provo ad immaginare che questa voce appartenga a mio padre ed obbedisco. Pian piano riesco a mantenere le palpebre sollevate, la vista ritorna a poco a poco mostrandomi un soffitto pieno di fotografie e, tra queste un piccolo spazietto foto. Sfioro appena la mia tasca, ci provo. Quella foto l'ho presa io e... Aspetta, perché sono in camera di Ana? Con la coda nell'occhio mi accorgo che la donna non è altri se non sua madre . Ok, ho avuto una specie di sogno e adesso tocca all'incubo, giusto? Ditemi che è così, vi prego. «Prova a rimanere sveglio. Lo so che ci riesci.» potrebbe anche sembrare un incoraggiamento, ma non sono ridotto così male da non capire che con quel tono vorrebbe ammazzarmi adesso. Perché non lo fa? Non lo so. Vorrei tanto lo facesse però. Un colpo secco e finalmente pace...
Comunque, la signora non vuole accontentarmi nemmeno in questo desiderio. Ruoto il capo verso di lei confuso. Quindi l'ambulanza l'ho solo immaginata?
«Hai detto un nome prima di perdere i sensi. Ben Stefans. Hai detto che è lui tuo padre.» annuisco appena. «Ragazzo, giuro che se mi stai raccontando balle ti sparo di nuovo. È davvero tuo padre?» annuisco di nuovo stanco di questa storia. La donna sembra sconvolta nonostante tenti di nasconderlo. Cerco di sollevarmi sui gomiti e ovviamente me ne pento amaramente. Il dolore mi costringe a tossire. «Fermo!» mi scopro lentamente, scoprendo per sbaglio una cicatrice sul punto in cui avevo il proiettile. Una benda macchiata del mio sangue blu pensola di lato e... Macchiata del mio sangue! Vuol dire che i medici, lei... Oh, ma di che mi preoccupo? Con lei avevo una pessima reputazione anche da finto umano, quindi. «Sì, ho visto il tuo sangue blu.» conferma lei avendo capito la mia espressione. Mi sistema qualche cuscino dietro la schiena per farmi rimanere col busto sollevato, il che è un brutto segno. È chiaro che mi tempesterà di domande, ricordandomi così... Beh, tutto. Chiudo di nuovo gli occhi stanco, ripensando a quelli di Drew che si spengono.
«Ah, vivo sei!» la vecchietta a cui abbiamo distrutto la casa, zia Gió, entra nella stanza e mi guarda a braccia incrociate. E lei da dove spunta? Di bene in meglio, proprio.
«Non lo so cosa vuoi tu da quella povera figghia di Ana, ma se non mi dici dov'è t'ammazzo co ste mani mie!» Vorrei tanto saperlo, signora. Mi sfioro la cicatrice. Come diamine ci sono finito qui? Chi mi ha medicato? La signora sistema la mia fasciatura e, dalla velocità con cui lo fa nonostante l'età, capisco che è stata lei.
«L'a...» tossisco quando provo ad alzare la voce. Sono costretto a sussurrare. «...l'ambulanza mi ha portato all'ospedale?»
«Macché, io ti ho ti ho salvato proprio su questo letto. Ero un chirurgo na vota. Bei tempi...» mi accorgo solo adesso del piatto col proiettile macchiato di blu. Deglutisco nell'immaginare di nuovo la scena. Almeno il mio sangue blu non è stato visto da un intero ospedale. Non che questo migliori la situazione, ma sempre meglio di niente.
«E... Perché?» la signora sembra stupirsi della mia domanda, forse nota il vuoto del mio sguardo con il suo ormai invecchiato.
«Ti lasciavo morire?» capisce che era mio desiderio e lancia uno sguardo alla madre della mia umana, distrutta. Perché non mi riaddormento e basta? «Beh, giovanotto, na cosa è certa: Margaret ti voleva vivo. Non so perché. E... Sì,anche Ana, sicuramente lo avrebbe voluto .» chiudo gli occhi. Non riesco a non pensarci. Era tra le braccia di Isaac, priva di sensi, pallida mentre pochi secondi prima piangeva per me nonostante tutto. Piangeva per Drew. Scosto la mano della signora, non voglio essere medicato. Cerco di alzarmi mi faccio un male cane, respingo zia giò.
«Smettila, ca è peggio così!»
«Ragazzo sta fermo!» nel tentativo di respingere entrambe, ecco che sento il petto spezzarsi in due ed il dolore mi taglia il fiato. Sono costrette a sorreggermi prima che cada dal letto. Sento il cuore battere forte, come se mi stesse picchiando da dentro insieme alle parole di Isaac che mi torturano. Ripenso ad Ana, a Drew e a come a poco a poco le sue guance siano impallidite, a Luke che nonostante tutto mi ha voluto aiutare, a Claire... Strappo via la medicazione appena ultimata di zia Giò mi sdraio con le lacrime agli occhi.
«Te l'avevamo detto che faceva male.»
«il giovanotto piange per altro, figghiacapisce zia Giò. Si siede accanto a me. «Se magari ci dici chi sei, tutto sarebbe più semplice, no?» chi sono, dice... Un disastro. Un incubo. Zia Gió sbuffa.  «Ho capito. Qui ci vuole qualcosa da mangiare. Aspetta ca ora ci penso io.» la signora esce convinta che davvero metterò qualcosa sotto i denti. A questo punto, la madre di Ana coglie l'occasione per prendere la mia mano senza preavviso, la stringe e la sua espressione severa viene tradita dagli occhi lucidi che vogliono esplodere.
«Se solo mi spiegassi cosa sei e dov'è finita mia figlia, io metterei a disposizione qualsiasi cosa pur di riaverla qui. Ti darei tutti i soldi che vuoi. Ti prego, dimmi dov'è la mia bambina, perché l'hanno portata via?Dove? Cosa centri tu con lei?» tiro fuori lentamente la sua foto dalla mia tasca, la osservo. Ricordo a memoria il suo sorriso. Sospiro affranto.
«Dovevo proteggerla.» ammetto sussurrando. «Il mio unico scopo era questo. Proteggere lei e salvare tutti quelli che ho condannato... Ma non ce l'ho fatta.» le porgo la foto. «Mi creda, sua figlia è la cosa più bella che  abbia mai avuto il piacere di conoscere e non poterla più vedere sorridere come nella foto solo per colpa mia fa più male di quella pallottola. Perfino delle sue manette.»  sembra credermi, il che è strano. Smetto di guardarla, mi concentro ancora sul vuoto che ho lasciato sul soffitto. Sono stato capace di rovinare anche quello. «Ho il sangue blu perché sono un incubo, signora. L'incubo di sua figlia.Ed il mio amico... Beh, lui è... era il sogno di Ana. È morto.» ricordo a me stesso mentre la mia voce si spezza. È morto. Mi mordo il labbro inferiore, vorrei gridare ma mi fa male tutto, pure il cuore. «Le ombre hanno preso sua figlia perché lei è la discendente degli esseri umani che hanno creato il nostro Regno, il Regno dei sogni. Per questo l'avete sempre creduta problematica. In realtà riusciva a vedere più di tutti gli altri.»
«Ombre? Vuoi dire...?»
«Sì, quelle che avete sempre sotto i piedi. Senza noi incubi e sogni, sareste... Beh, come siete adesso. Esseri del tutto negativi, depressi, vuoti.» le si illuminano gli occhi.
«Depressi hai detto? Cioè, la vostra mancanza potrebbe anche portarci al suicidio?» annuisco. Ormai non ho motivo di nascondere nulla. Perché dovrei? Sono bloccato qui, sulla Terra, il mio regno verrà distrutto, Ana probabilmente morirà e con le tutti i miei cari. Tutto va a rotoli a prescindere.
«Ragazzo, cosa è successo a Ben Stefans? A tuo padre?» riapro gli occhi ma non vedo nulla. Guardo davanti a me vuoto, rispondo con una voce quasi meccanica. Lo sapevo che non dovevo svegliarmi.
«È morto. Ucciso da un'ombra perché il suo incubo lo ha tradito.»
«Quindi lui non era un incubo?»
«Un sogno.» ritorno ad avere un minimo di essenza vitale in corpo quando la sento singhiozzare. La osservo. Perché piange? Che motivo avrebbe di piangere per mio padre?
«Oh mio Dio, allora Alex... Lui non delirava. Aveva ragione.»
«Di che parla?» non sa se svelarmi il suo profondo segreto o no ed io non ho di certo l'espressione curiosa che potrebbe spingere chiunque a parlare. In realtà non m'importa.
«Alex Parker. Era... Era il mio futuro marito e si è suicidato davanti ai miei occhi dopo un profondo periodo di depressione. Si gettò dalla finestra dell'ospedale, quinto piano, e pronunciò proprio il nome di tuo padre prima di gettarsi. Disse che era il suo sogno.» piange a dirotto. Io vorrei svenire di nuovo, il mio cervello ci prova pure, tanto che la donna mi scuote. Volete dirmi che ho quasi ammazzato con un cancello il padre dell'umano affidato a mio padre? Cioè, quanto ancora il destino vorrà giocare con me? La testa gira, il petto duole...
«No, no, rimani sveglio ti prego. Anche il sogno di mia figlia è morto, le ombre lo hanno ucciso hai detto quindi lei rischia la vita. La... La vogliono uccidere?»
«Non lo so.» ammetto.«Probabilmente. L'unico che avrebbero voluto sicuramente uccidere ero io.»
«Perché potevi proteggerla, non è così? Insomma, tu non l'hai tradita come è successo con tuo padre. »
«Non lo farei mai, signora. Mi creda. Eppure ho fallito. A quanto pare mi hanno sopravvalutato.»
«No,no aspetta. Sopravvalutato? Ragazzo, sei sopravvissuto ad una pallottola che ti ha sfiorato il cuore. Non so se c'entrino i tuoi assurdi poteri, ma dannazione sei qui. Puoi ancora riportare Ana indietro.» ma non DrewNon lui.
«No, non posso.»
«Certo che puoi! Devi! Perché... Aspetta, sei tu il ragazzo che sognava ogni santa notte, dunque?»
«Purtroppo sì.» si porta le mani ai capelli. Probabilmente sta capendo più cose di sua figlia adesso che in tutti gli anni in cui l'ha avuta in casa.
«Tutte quelle visite, quei colloqui e lei era semplicemente...»
«Speciale. Lei è speciale ed io ho rovinato tutto.» ammetto con rabbia. «Mi dispiace, signora. Non dovevo farmi vedere, lei non doveva rimanere coinvolta, ma... È stato quasi inevitabile. Per proteggerla dovevo starle accanto, pensavo fosse questa la soluzione, e invece è risultato tutto il contrario. Dovevo accontentarmi di vederla dormire ogni ogni notte, era stupenda con gli occhi chiusi intenta a sognare. Ma... Andiamo, lei lo sa meglio di me. I suoi occhi aperti, luminosi e vispi, sono bellissimi. Identici ai miei. Non potevo non...»
«Innamorartene, giusto?» la signora lo deduce senza rabbia. Non provo nemmeno imbarazzo.
«Proprio così. Il fatto che io me ne sia innamorato ci ha portati a questo. Io non posso salvarla.» la donna sospira, si ricompone.
«

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