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A Susanna dispiaceva dover smettere, proprio ora che era entrata nello spirito giusto. Anche se il polso sinistro, non abituato a tanto esercizio, le si era tutto indolenzito, avrebbe voluto suonare ancora. Ma ormai si era fatto tardi, stava imponendo la sua presenza (e le sue stecche!) a Lucia da quasi due ore, e suo padre era stato categorico riguardo all'orario da rispettare. Non aveva tempo da perdere a portarla e riprenderla in giro per la città, lui... a meno che non fosse per le cose che lui stesso decideva che sua figlia dovesse fare. Come l'odiata danza. O la piscina. O il corso di tedesco. O... altre cose che per fortuna alla fine erano state abbandonate, per materiale mancanza di tempo.

La chitarra era l'unica attività imposta dai suoi che Susanna aveva gradito, e forse per questo era stato recentemente deciso che era una perdita di tempo. Non le sarebbe servita per "uno sviluppo armonico del corpo" né le sarebbe stata utile negli studi.

«Sei brava» le stava dicendo Lucia, e il complimento la riempì di gioia. Teneva molto all'opinione di quella che considerava una vera musicista.

Non seppe rispondere, vergognosa, e si strinse nelle spalle con un gesto vago.

«Perché mai i tuoi non ti mandano più a lezione?» domandò, quasi le avesse letto nel pensiero.

«Ho portato a casa troppi brutti voti» confessò la ragazzina. «Dicono che devo studiare di più e limitare le distrazioni.»

«Capisco. Da quanto mi racconti, fai parecchie attività. Forse dovresti davvero lasciarne perdere qualcuna, sì, ma perché proprio quella che ti piace di più?»

«Non lo posso decidere io.»

Lucia stava per ribattere, ma si trattenne.

«Hai bisogno di aiuto per la scuola?» chiese invece, con cautela.

«No, grazie. Cioè, sì, ma vado già a ripetizione. Temo di non avere speranze, certe cose non mi entrano in testa. Del resto, l'unica cosa che mi è sempre riuscita bene è il disegno.»

Nel dire questo, Susanna accarezzava la cartelletta degli spartiti, sul cui fronte era stata attaccata, ritagliata da un cartoncino, la figura vivacemente colorata di una sirena che suonava la cetra.

«Aspetta, vuoi dire che quello l'hai fatto tu?!» esclamò Lucia, avvicinandosi per guardare meglio.

«Sì. Una schifezza, veramente... pennarelli scadenti... qui puoi vedere dove l'azzurro mi ha lasciata per strada e ho dovuto ripiegare su un'altra nuance, e l'angolatura del braccio destro non è affatto realistica, per non parlare del naso.»

«Chissà come dev'essere il naso di una sirena! Ma sei bravissima! E io invece sono negata per il disegno!»

«In compenso hai molto più talento di me per la musica.»

«Dovresti fare l'Istituto d'Arte!»

Susanna abbassò lo sguardo, mettendo via la cartelletta.

«Già, avrei dovuto.»

Deglutì a vuoto qualche volta, combattendo il magone.

«Vuoi bere qualcosa prima di andare?»

«No, grazie, ormai è quasi ora di cena.»

«Scusami ancora per il bidone che ti ho tirato ieri.»

«Figurati!»

«Milly è piombata qui inaspettata e mi ha costretta a studiare con lei una difficilissima sonata di Bach, non so cosa le è venuto in mente, ma alla fine ero così stanca che mi facevano male le dita!»

«Ti ho detto che non c'è problema! Telefonarmi e dirmi che non puoi non è tirare un bidone! Lo sarebbe stato se non mi avessi detto niente, lasciandomi venire qui a suonare inutilmente il tuo campanello, chiamare e bussare, rimanendo sola fuori della porta, a prendere freddo, con la chitarra a tracolla e tutti i passanti che mi guardano...»

Lucia scoppiò a ridere, subito imitata da Susanna.

«Cerco di non fare scherzi come questi!»

«Mi sono divertita tantissimo oggi, spero anche tu!»

«Mi piace sempre suonare in compagnia. Ci rivediamo mercoledì prossimo?»

La ragazzina si illuminò, felice. Non aveva osato sperare di essere invitata di nuovo. Ora non le restava che rovinare tutto come faceva sempre, magari frantumando qualche prezioso oggetto nella casa mentre si muoveva goffa con quell'ingombrante custodia della chitarra sulle spalle, mandando a gambe all'aria la vecchia nonna, pestando le zampe al cane o involontariamente insultando la famiglia della sua ospite.

«Perfetto! Ci sarò!»

Susanna prese la giacca con cautela, cercando di non staccare l'appendiabiti dal muro e non colpire con una gomitata le foto appese nel corridoio. Bene. Tutto tranquillo, non c'erano nonne e Lucia non aveva nemmeno un cane.

«Ah, sarebbe bellissimo se potessimo suonare insieme alla festa!» sospirò, avviandosi alla porta.

«Quale festa?»

Ecco. Susanna sbatté le palpebre, gli occhi verdi che cercavano disperatamente una buona risposta da qualche parte sulla tappezzeria. Ecco che un pasticcio l'aveva combinato!

«Una festa... generica, dicevo. Alida mi ha raccontato che a volte fate delle festicciole in casa e suonate tutte insieme...»

Se l'era inventato di sana pianta. Ma le andò bene.

«Ah, sì, ma è passato un bel po' di tempo dall'ultima.»

«Non ti sembra di sentire un clacson? Sarà meglio che scenda, mio padre potrebbe essere già qui sotto. Se lo faccio aspettare, non vorrà più accompagnarmi da nessuna parte!»

Susanna corse giù per le scale alla massima velocità, perché davvero udiva un clacson. E, alla svolta sul pianerottolo, la chitarra colpì il muro con un cupo rimbombo.

Adagio ma non tanto [completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora