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«Celli.»

Nel silenzio gelido che era seguito allo sfogo dell'ex-rappresentante, il richiamo risuonò tonante e imperioso. Eppure la preside non aveva alzato la voce.

Milly aveva desiderato scappar via, forse anche con la speranza di fare un uscita a effetto, lasciarli per un attimo tutti basiti, ma non ci riuscì. Non poté in alcun modo ignorare il comando insito in quella voce in apparenza impassibile come sempre. Si voltò lentamente, ad affrontare di nuovo le odiate facce di quei cialtroni.

Vide qualche espressione –adesso sì- lievemente turbata, come se non fosse stata prevista un'ulteriore appendice alla spiacevole scena. E qualcosa nel viso della preside pareva mutato. Milly si era aspettata di leggervi rabbia e indignazione per le insolenze che le aveva appena rivolto, invece la donna le sembrò d'un tratto più anziana, scoraggiata, stanca, quasi che la sconfitta fosse stata lei.

«Celli, lei non ha conosciuto la preside Roggi, non è vero?»

La domanda la spiazzò. Non c'entrava nulla col problema. Esitò un attimo, valutando se rispondere, ma l'altra la precedette.

«No, nessuna delle sue compagne l'ha conosciuta direttamente, perché se n'è andata in pensione quasi otto anni fa. Eppure ne parlano ancora, ne parlano tutti, in toni nostalgici, quasi rievocando una perduta età dell'oro. Di sicuro avrà udito ripetere quanto le cose erano diverse con la vecchia preside, quanto la Roggi era gentile, comprensiva, alla mano, disponibile con tutti per qualsiasi cosa. E quante iniziative! Si facevano le gite scolastiche con la preside Roggi, e anche giornate fuori a vedere mostre e assistere a spettacoli. C'era il laboratorio di scienze in funzione, corsi sperimentali di musica e teatro. La preside Roggi è quella che ha provveduto ai lavori di restauro della facciata, che ha un notevole valore artistico, e ha installato il sistema di riscaldamento centralizzato e ha fatto eseguire ristrutturazioni per modernizzare l'edificio... l'edificio che la preside di adesso sta lasciando cadere a pezzi!»

Si levò un lieve mormorio, subito zittito dallo sguardo glaciale della preside. Milly la fissava spiazzata. Nonostante l'amarezza, il tono di quella rimaneva monotono, appena increspato di tanto in tanto.

«Con la preside di adesso fa tutto schifo. Ci sono le infiltrazioni nei muri, i banchi rotti, le attrezzature scadenti e usurate, il riscaldamento che viene acceso solo in poche aule per volta perché la caldaia potrebbe non reggere, il laboratorio di scienze chiuso da anni. E anche gli insegnanti... anche quelli fanno pena. Sono quasi tutti gli stessi assunti dalla Roggi, ma senza di lei hanno perso mordente.»

La preside si appoggiò allo schienale della sedia con un sospiro.

«Era una donna così generosa, la Roggi. Non badava a spese, per la scuola. E le piangeva il cuore a dover respingere ogni anno le domande di tante aspiranti studentesse per una banale mancanza di posto. Era il suo cruccio. Dunque, l'ultimo anno prima del suo ritiro, volle togliersi questa soddisfazione... ed ecco che diede il via alla sua più importante iniziativa: l'istituzione della sezione E. Fu un evento importante, largamente pubblicizzato, credo ne abbia parlato anche la stampa locale.»

Si concesse un sorriso, mentre lo sguardo vagava lontano.

«Bastava preparare un'aula... ce n'erano di stanze inutilizzate, allora... bastava ripulirne una, tirar fuori una ventina di banchi e sedie, una cattedra e un armadio dal magazzino, stiracchiare un po' l'orario dei docenti, ed ecco la I° E! Un trionfo! Alla fine dell'anno scolastico la Roggi se n'è andata. Ma la I° E no. E ci si è aggiunta la II°. E poi la III°, la IV° e la V°, come può immaginare. Provi a fare il conto. Significa un centinaio di allieve in più a cui badare e cinque aule da mantenere in ordine, quindi più personale di supporto. Cento banchi, cento sedie, materiali didattici vari. Sei insegnanti in più.»

Fu la volta della preside di chiudere per un attimo gli occhi in preda alla stanchezza. Quando li riaprì, riprese con slancio.

«Per mantenere la sua indipendenza e il suo peculiare statuto, il S. Nicoletta ha rinunciato a gran parte delle sovvenzioni statali. Lei saprà che questa scuola attinge le proprie risorse quasi esclusivamente da un fondo privato, il lascito di una nobildonna che all'inizio del diciannovesimo secolo volle adoperarsi per la scolarizzazione delle giovinette. Era un fondo ricco, saggiamente investito e conservato da tutti gli amministratori che si sono succeduti alla guida del S. Nicoletta. Fino alla preside Roggi. Lei non ha saputo porre un freno alla sua mania di grandezza, alla sua voglia di... farsi ricordare. Per le sue iniziative non erano certo sufficienti le sole rendite del fondo. Piano piano, cominciò a intaccare il capitale, quello che non avrebbe mai dovuto essere toccato. E sa una cosa? Quando si tolgono soldi da un investimento, anche le rendite diminuiscono. La Roggi tentò nuove manovre finanziarie, cercò forme di investimento alternative sperando di ottenere rendite maggiori. Ma diciamo la verità: era una buona insegnante, una cara persona... ma amministrare denaro non era proprio il suo forte. Non so cosa avesse in mente alla fine, forse sperava che chi fosse venuto dopo di lei avrebbe magicamente aggiustato ogni cosa.»

Milly ascoltava ipnotizzata. Non le piaceva questo discorso. Poco prima, durante l'inutile intervento di Lucia e la propria scenata, aveva creduto di aver toccato il fondo, di non poter stare peggio di così, ma si era sbagliata.

«Quando ho assunto questo incarico» continuava l'altra, implacabile. «E ho avuto accesso ai libri contabili... Sospettavo che la situazione non fosse buona, ma non mi aspettavo di scoprire che la scuola era oberata di debiti.»

Annuì lentamente.

«Lei ha visto giusto, noi accettiamo donazioni da parte di privati. Non è una cosa illegale, il nostro statuto lo permette. La generosità delle famiglie delle allieve più abbienti, come La Bella, di benefattori più o meno disinteressati e anche di alcune delle persone che vede qui» e lanciò un'occhiata rapidissima in direzione della Querzola, cenno che a Milly non sfuggì. «È la sola cosa che tiene in vita questo Istituto.»

La preside si protese sul tavolo verso di lei. E per la prima volta Milly vide in quegli occhi qualcosa che assomigliava a un'emozione umana. Tenacia, fermezza, forse ostinazione, la triste risolutezza di qualcuno che si era assunto il peso di un'impresa improba e destinata con certezza al fallimento, ma che tuttavia avrebbe proseguito dritto per la sua strada, senza cedimenti, senza arrendersi, sino alla fine.

«Questa situazione, essere in debito con tanta gente, non mi piace più di quanto non piaccia a lei, Celli» sussurrò. «Non so quanto potremo andare avanti ancora. Ma quando il S. Nicoletta chiuderà i battenti, non voglio che si dica che non ho tentato di tutto.»

Milly vedeva espressioni cariche di sgomento intorno a sé. La Galdani aveva le lacrime agli occhi. La Reviso era rimasta a bocca aperta, inebetita. Molti si guardavano l'un l'altro nel panico, quasi avessero scoperto di trovarsi in un edificio in fiamme. E lei si rese conto che nemmeno i professori, per la maggior parte, avevano saputo né sospettato nulla di tutto questo. Ma com'era possibile, loro che lavoravano lì da tanti anni, come non si erano accorti... pazienza le ragazze, svagate e ingenue com'era giusto che fossero, e tenute apposta all'oscuro, ma loro...

Sentiva brividi di freddo. Le sembrava di trovarsi in un film dell'orrore, anzi in una di quelle storie irreali in cui il protagonista si svegliava una mattina in un mondo che non era più il suo, tutto sembrava uguale ma niente era lo stesso, il linguaggio stesso era composto delle stesse parole, ma tutte con un significato diverso, impossibile da indovinare...

Non seppe mai se prima di uscire avesse detto ancora qualcosa. L'ultima cosa che sempre avrebbe ricordato di quell'agghiacciante riunione sarebbe stato il sorriso immutabile della Querzola, che nel vederla sulla soglia le fece ciao con la mano.

Adagio ma non tanto [completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora