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Michela varcò la soglia del negozio con animo tranquillo, le mani in tasca e un passo tranquillo, quasi fosse entrata a fare la spesa. Ma si bloccò appena dentro, colta di sorpresa. Attraverso la porta a vetri aveva visto Lucia che pescava nel congelatore, le era sembrata sola, invece un'altra persona era con lei, seduta nell'angolo.

Cadde un silenzio di gelo. Alida si alzò e per un attimo sembrò volesse aggredirla. Lucia era rimasta con il braccio teso a porgere uno dei gelati all'amica, che non sembrava più intenzionata a prenderlo.

Michela sorrise.

«Ti sei tagliata i capelli» fece, rivolta ad Alida. «Bene, stai molto meglio così.»

Ma non andava mai bene niente di quello che diceva. Alida rimase in piedi, tesa come una corda di violino, a fissarla. E Lucia, passato il momento di incertezza, la ignorò: posato sul tavolino il gelato di Alida, prese a scartare il proprio con noncuranza.

«Suoni sempre il flauto?» provò ancora a dire Michela, a voce più bassa.

Nessuno le rispose. Inutile cercare di tendere una mano, di smorzare le ostilità.

Michela attese. La pazienza non era una delle migliori virtù di Alida, se ben ricordava.

«Quando te ne andrai?» sbottò infatti quella qualche istante dopo.

«Se non lo mangi, rimettilo dentro» rispose Michela, indicando il gelato confezionato su cui si stava formando uno spesso strato di brina. «Si scioglie.»

«Questa non è più casa tua. Non puoi irrompere qui dentro e dar fastidio alla gente.»

Lucia era tornata dietro al bancone. Mangiava il suo ricoperto senza guardare nessuna delle altre due, e non sembrava nemmeno ascoltare, quasi si fosse dimenticata di loro.

«Non è nemmeno casa tua. Non puoi decidere tu chi è ammesso e chi no» ribatté Michela.

Alida levò un pugno, ci ripensò, si sedette con malagrazia, e afferrò il gelato quasi spiaccicandolo tra le mani. Iniziò a strappare la carta con malagrazia.

«Vorrei parlare con mio padre» disse finalmente Michela.

E finalmente Lucia fece sentire la sua voce. Calma, anzi, sepolcrale. Innaturale.

«Non è tuo padre. Tu lo hai ripudiato cinque anni fa e non puoi pretendere nulla da lui.»

Michela la guardò per qualche momento. Ma Lucia invece fissava sempre il vuoto.

«Non pretendo niente» mormorò. «Sono stata via, mi è capitato di ripassare da qui e vorrei salutarlo. Volevo salutare anche te, ma non me lo permetti.»

«Ma certo!» sbraitò Alida, inferocita. «Non aspettiamo altro che i tuoi saluti! Abbiamo vissuto in attesa fino a oggi a chiederci quando saresti tornata a fare due chiacchiere e mostrarci le foto di dove sei stata... Maledizione!»

Imprecò, mentre la crema le gocciolava su una scarpa. I suoi interventi non risultavano molto efficaci, con un gelato in mano. Michela si trattenne dal sorridere, non era il caso di innervosire ulteriormente quella permalosa.

«Non stavo parlando con te» si limitò a dire.

«E questo cosa significa? Io non sono nessuno, dovrei stare zitta, mentre tu sei la cara sorella maggiore, e hai tutti i diritti? Bene, dov'era il tuo interessamento fraterno mentre Anna Coletti moriva, mentre Lucia restava sola e aveva bisogno di aiuto? Io ero con lei, non tu. Anzi, no, sono ingiusta: ci siamo fatte coraggio a vicenda, perché è stato quasi come se anch'io avessi perduto una madre!»

Michela si ritrovò instabile sulle gambe. Irrigidì i muscoli per resistere, non intendeva appoggiarsi al muro e sembrare debole. Non era venuta ad attaccare briga con Alida, ma una cosa doveva dirla.

«Devi sempre metterti in mezzo, tra noi due. Devi sempre ficcare il naso nelle famiglie altrui, con la scusa che non ne hai una!»

Alida gettò quel che restava del gelato sbocconcellato sul tavolo, sopra la carta.

«Michela, io ti avverto...»

Il grido di Lucia squarciò l'aria come il fischio di una sirena.

«Smettetela!»

Che sguardo aveva, e gli occhi che sembravano più cupi, ma brillanti, come se dentro ardesse un fuoco che...

«Fatemi il santo favore di andare via e lasciarmi in pace. Uscite! Anche tu, Alida!»

«Ma...»

«Ho bisogno di pace, è tutto quello che voglio!»

Alida non fiatò. Finalmente esibì un poco di buon senso. Lasciò il negozio senza voltarsi, senza nemmeno degnare Michela di un ultimo sguardo.

E lei invece rimase qualche istante di più, sperando di ottenere qualcosa da Lucia, qualche altra parola da sua sorella. Ma nemmeno più insulti le regalò Lucia, nemmeno più un'ultima occhiata. Si era voltata a guardare il ritratto della mamma sul muro, come in preghiera davanti a un'immagine sacra.

La crema del gelato di Alida stava formando una piccola pozzanghera bianca sulla tovaglia di plastica del tavolino.

Adagio ma non tanto [completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora