La faccia grassa e stupida della bidella la fissava senza espressione. Fino a non molto tempo prima questo atteggiamento avrebbe scoraggiato Lucia dall'insistere oltre... ma adesso molte cose erano cambiate.
«Sì, esatto: il mio banco» ripeté, con calma, sorridendo fiduciosa.
La donna sembrava non aver mai udito prima quella parola. Si stringeva nelle spalle.
«Un banco come questo qui» continuava Lucia, indicando il tavolino su cui la bidella stava mollemente appoggiata col gomito, una rivista di lavori a maglia ancora aperta bene in evidenza sul ripiano.
Il confronto col noto mobilio dovette riaccendere un barlume di conoscenza nella mente della bidella.
«Ieri c'era» borbottò.
Lucia annuì. La faccenda le sembrava più buffa che irritante.
«Sì, me l'hanno detto che ieri c'era... Ma stamattina non c'è più. Perciò, le chiedo: dove posso procurarmene un altro? Magari con tanto di sedia?»
«Ma che scuola è questa?» tuonò una voce spazientita. «Le allieve non si possono assentare qualche giorno senza che venga scippata loro la sedia di sotto il... ehm, di sotto?»
La Reviso, assai vistosa avvolta nel suo scialle a losanghe gialle e lilla, si avvicinò guardando in cagnesco la bidella, i libri che stringeva tra le braccia d'un tratto molto simili ad armi improprie.
Finalmente l'altra si alzò.
«Non ne so niente, professoressa» rispose, con apparente deferenza che non riusciva a nascondere l'ostilità. «Le ragazze si fanno continuamente scherzi sciocchi e poi danno la colpa a noi!»
«Invece non c'entrate niente, eh? Certamente il vostro lavoro non comprende l'aver cura dell'arredamento delle classi e dei beni della scuola! Potrebbero venire qui con un camion da traslochi, svuotare tutto, e voi direste che...
«Va bene, vado a chiedere alle mie colleghe» concesse la donna con malagrazia e si allontanò, cercando di ergersi impettita nonostante la modesta statura.
La Reviso le sibilò dietro, a bassa voce.
«Spiona, te la do io la torta! In faccia te la do!»
«Grazie, professoressa» diceva Lucia. «Di tutto quanto. Non sarei qui se non fosse per lei.»
«Si figuri, Coletti» le sorrise l'insegnante, quasi commossa. «Ma guardi che razza di benvenuto: non c'è neanche più il posto per sedersi!»
«Le dirò: la cosa tutto sommato è comica.»
«Torni in aula, ci penso io a ripescare il banco. Già che ci siamo, gliene faccio dare uno di quelli nuovi.»
«La ringrazio, ma è meglio di no. Non vorrei scatenare gelosie tra le mie compagne! Il solito tavolino traballante con la sedia da spiaggia andrà benissimo.»
La Reviso ridacchiò, divertita ma con una punta di amarezza. Lucia Coletti non aveva mai sottolineato prima le manchevolezze di quella scuola tanto prestigiosa. Forse non le aveva mai nemmeno viste.
***
Sullo scalone fuori della scuola, Lucia venne afferrata e portata via sottobraccio da una che non la lasciò parlare.
«Mi dispiace, mi dispiace! Sono mortificata! Che deficiente, che cretina! Ma perché non mi hai avvisata, io cosa ne sapevo che tu eri finita in un casino del genere?! Dimmi che possiamo ancora essere amiche, ti prego!»
Lucia sospirò, d'un tratto stanchissima. Non si era resa conto di essere stata tutta la mattina tesa come una corda di violino.
«È finito tutto bene, questo solo conta. Tu non hai nessuna colpa, comunque.»
«Non direi, è stata mia l'idea più imbecille del secolo...»
«Che io ho subito seguito! Ma se è servito ad aiutarti, e da quello che è uscito dal colloquio con tua madre penso che sia così, allora sono contenta. Non pensiamoci più.»
«Mia madre!» sospirò forte Susanna, levando gli occhi al cielo. «È saltato fuori che sapeva tutto! Mia cugina in realtà aveva subito avvisato mia nonna, e lei lo ha detto a mia mamma, che...»
«Quindi non sono stati in pena per te.»
«Mio padre in pena lo è stato di sicuro, con tutte le donne della famiglia che lo insultavano!»
Si erano incamminate giù per la scalinata. Lucia sorrideva all'idea di quel tiranno tanto severo messo alle strette.
«Anche mia madre pensava che lui esagerasse a programmare così tante attività per me, ma siccome io non dicevo niente, pensava che mi andasse bene» confessò infine la ragazzina, vergognosa. «Alla fine avevi ragione tu: bastava parlare.»
«Adesso lo dicono. Non è detto che ti avrebbero ascoltato.»
Lucia si fermò di botto. Erano già quasi arrivate all'incrocio.
«Ma dove ti porto? Non sei venuta con tuo padre?»
Susanna scosse la testa.
«No: visto che sono autosufficiente e so cosa voglio, lui non mi accompagnerà più, se non in orari o luoghi potenzialmente pericolosi. Devo arrangiarmi. Il prezzo dell'indipendenza. La fermata del bus è quella là.»
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Adagio ma non tanto [completa]
General FictionLucia Coletti, diciotto anni, è una studentessa modello, una talentuosa musicista dilettante, una responsabile donna di casa che accudisce suo padre e lo aiuta anche in negozio. Così, con un'estenuante ricerca di perfezione, la ragazza ha rimesso or...