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Dal suo insediamento a casa di Riccardo erano passati alcuni giorni. Nel cambio da un appartamento all'altro Brian non ci aveva guadagnato nulla, essendo le sue mansioni sostanzialmente uguali a quando viveva con Corrado; si alzava la mattina e preparava la colazione, poi si metteva a spolverare e a fare il bucato, con la differenza che Riccardo era in casa, ma era una presenza più che discreta: faceva colazione, lo salutava con un bacio e poi andava a mettersi al lavoro sui suoi quadri, qualche volta scattando fotografie che poi inseriva sulla sua galleria internet (di cui Brian aveva appreso l'esistenza solo da pochissimo). Ogni tanto usciva, assentandosi anche per ore prima di tornare a casa, peraltro senza avvisarlo.

- Potevi avvertirmi che saresti tornato tardi – gli aveva detto una volta Brian, mentre erano a cena. Riccardo non aveva risposto, continuando a mangiare. Brian allora aveva lasciato cadere l'argomento, perplesso.

Quando Riccardo era in casa e lui intento a fare i mestieri, poteva capitare che gli prendesse la voglia e decidesse di possederlo lì per lì. Di questo Brian era molto contento, però poi anziché restare e coccolarlo, si dileguava senza dirgli nulla, uscendo per andare chissà dove.

Oltre a questi episodi di vita domestica, continuavano a uscire e fare cose insieme, come andare a cena e pranzo fuori, al cinema, alle mostre. In una di queste gli aveva anche presentato Enrica, la sua agente, una donna sulla cinquantina che era molto contenta del suo pupillo, e che lui trattava quasi come se fosse una fidanzata.

Una sera l'aveva anche portato a una mostra-vendita di suoi quadri.

Fu esattamente lì che Brian cominciò a nutrire qualche dubbio sul suo nuovo ragazzo.

La serata era incominciata con Riccardo che, insieme alla sua agente riceveva i visitatori: lui o lei si avvicinavano quando vedevano un visitatore osservare un quadro, raccontandogli che cosa rappresentasse e a quali correnti artistico-pittoriche si ispirasse. Poi, quando il visitatore era imbonito a sufficienza, lo portavano in un piccolo ufficio dove presumibilmente veniva conclusa la vendita, completa di probabile distacco di assegno per migliaia di euro. L'ufficio era una specie di gabbiotto con la porta in vetro smerigliato e finestre con delle veneziane, che in quel momento erano abbassate.

Per tutta la serata Brian era rimasto in disparte, andando di qua e di là per la galleria, osservando i quadri di Riccardo. Per essere belli lo erano, ma di certo non erano più originali di opere figlie del futurismo, corrente alla quale si ispiravano.

Mentre girava alla cieca nel dedalo creato dalle finte pareti della sala, si sentì leggermente escluso: Riccardo era lì per lavorare, d'accordo, ma era lui il capo di se stesso. Quindi perché non lo faceva sentire un po' più a suo agio? Per tutto il tempo, da quando erano entrati fino a quel momento, Brian aveva cessato di esistere. Ogni tanto aveva provato ad avvicinarsi a lui, ma Riccardo era semplicemente svicolato via, diretto verso questo o quel visitatore che stava guardando i suoi quadri.

All'improvviso gli sovvenne il ricordo di quando partecipò a un evento ufficiale insieme a Corrado: la festa di Natale della sua azienda, il primo anno che ci lavorava. Corrado era dichiarato con i suoi colleghi, anche perché non era il solo omosessuale, essendoci anche un altro suo collega che aveva portato il rispettivo compagno. Al contrario di Riccardo, Corrado l'aveva presentato ai suoi colleghi come il suo partner, parlando naturalmente e coinvolgendolo nelle conversazioni (benché Brian non sapesse cosa dire, essendo totalmente a digiuno di termini come inside sales, project managing, business development e altro). Anche se non era proprio al suo posto, Corrado a un certo punto della serata gli aveva chiesto se si stesse annoiando o se desiderasse tornare a casa. Lui aveva risposto di no, sorridendogli, felice perché erano insieme. Corrado gli aveva sorriso e gli aveva educatamente baciato la mano, facendogli un occhiolino. Un gesto semplice, dolce, che aveva apprezzato con tutto il cuore.

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