27.

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I giorni successivi non furono proprio allegri, per Brian. La sua percezione della realtà alternava periodi di sollievo durante i quali si rendeva conto di stare bene senza Riccardo, a periodi di dolore in cui desiderava averlo ancora lì accanto a tenergli compagnia.

- Ma quale compagnia?! Bri, ma stai scherzando? Quello non era un compagno, era una palla al piede che ti portavi appresso! Uno stronzo che ti lasciava da solo mentre andava a farsi le sue avventure con altri...! –

- Sì, ma... -

- Senti, piuttosto vado a casa tua, prelevo Corrado di peso e te lo porto qui, ma tu dimentica Riccardo, va bene? – disse, guardando lo smartphone per controllare l'ora. – Adesso puoi toglierti il termometro, i cinque minuti sono passati. –

Brian si tolse il termometro da sotto il braccio e glielo porse.

- Cazzo che febbrone...! – Lo guardò con gli occhi sgranati - Sei ancora messo male, tesoro. Anche per oggi non si esce. E guai a te, se ti pesco a chiamare quel bastardo. –

- Non potrei, anche perché mi ha bloccato... -

- Eh, visto...? Lascia stare, dammi retta. –

- Però... -

- Cosa? "Però" che cosa? -

- Corrado... Devo... devo chiamare Corrado. –

– Cos'è che vuoi fare, tu? –

- Devo chiamare Corrado. Voglio sapere se sta bene. –

- Oh madre de dios...! – esclamò l'amico, sospirando e forse valutando se fosse il caso di ribattere con una battutaccia delle sue. Poi disse – Ma ne sei sicuro? –

Per tutta risposta, Brian incominciò a piangere.

*****

La salute di Brian si stava rimettendo al meglio; almeno quella fisica. La notte si svegliava sognando che riprovava a contattare Riccardo o mentre lo toccava, rattristandosi quando sua mente lo riportava alla realtà composta dal letto di fortuna di Carlo nella sua casa dove viveva con sua madre Marisol, ricordandogli che Riccardo non c'era più nella sua vita. E piangeva. Poi pensava a Corrado, che aveva lasciato quasi quattro mesi prima, e piangeva perché non riusciva a contattarlo, nonostante Carlo ci avesse provato più e più volte. Semplicemente, il suo telefono risultava staccato. Telefonare a Valeria era fuori discussione, anche perché non pensava che sarebbe stata molto d'aiuto: Per quanto le voleva bene, Brian sapeva che Corrado non si sarebbe mai rivolto alla sorella più piccola in cerca d'aiuto, perché la conosceva fin troppo bene.

- Niente – disse Carlo, mettendo giù il telefono – lo dà sempre come spento. –

Brian smise di camminare avanti e indietro per il tinello di Carlo, che rimase seduto con lo smartphone sul tavolo, guardando il suo amico come a chiedergli "Cosa facciamo adesso?"

Si sedette, appoggiando le mani sul tavolo e cercando di rimettere in ordine i suoi pensieri, ma non riuscì. Al pensiero di averlo perso, gli occhi gli si velarono di lacrime, che incominciarono a colargli giù dalle guance in un pianto silenzioso.

- Ascolta – gli disse Carlo a un certo punto – Tu hai ancora le chiavi di casa, vero? –

- Sì – mormorò Brian.

- Ma cazzo! E allora perché non vai a casa, scusa? Stiamo qui a perdere tempo cercando di contattarlo quando invece potresti... -

Brian lo interruppe bruscamente – ...Non so se farei bene ad andare a casa dopo ciò che gli ho fatto, Carlo! Tu come la prenderesti se un ragazzo ti tradisse e poi tornasse a casa, tranquillo e beato, dopo che ti ha lasciato?! Per questo vorrei telefonargli prima. Glielo devo, almeno. –

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