Capitolo ventotto

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Gerard e Rori camminavano sottobraccio per un corridoio dell'ala est della reggia di Ugarth; avevano consigliato ai loro accompagnanti di non seguirli per evitare problemi, rimanendo invece nei loro appartamenti.

Rori agli occhi della società era una vedova ufficialmente, perciò non richiedeva di essere presentata in società, aveva detto che Gerard (fratello del suo defunto sposo) era il suo accompagnatore.

-Odio questa bugia... mi porta dei ricordi sgradevoli- mormorò la principessa, esitando quando Gerard si inchinò innanzi a una coppia di duchi che passava.

-Ed io non sopporto dover fingere che tu non sia altro che la mia protetta. Sei mia moglie e vorrei poterti riconoscere come tale- bisbigliò il giovane dai capelli neri.

La maggior parte di coloro che incrociarono pensavano che erano due nobili molto strani, siccome i loro abiti non erano principeschi, quanto piuttosto pratici nonostante accordi allo stile dell'epoca.

-Siamo fuori moda, dovremmo procurarci abiti eleganti il prima possibile- cambiò discorso la principessa.

Gerard annuì. Era stato l'ultimo dei suoi pensieri quello di trovare un completo da festa, però Rori aveva ragione: non si sarebbero nemmeno potuti avvicinare al re con quell'aspetto.

Però valeva la pena provarci.

-Se ne avessimo bisogno, potrei vendere la mia collana e comprare ciò che necessitiamo- si offrì lei, mostrando il suo pendente che, nella sua semplicità, poteva costare una piccola fortuna.

Il principe negò con il capo: non erano ancora così disperati, possedeva ancora un paio di oggetti regalatogli dal re Ulises che avrebbe potuto dar via. Era pur sempre lui chi aveva l'obbligo di mantenerli, non voleva che Rori rinunciasse alle sue cose.

-Non ne avremo bisogno. Nell'evenienza, troveremo una sarta esperta.

Si avvicinarono allo studio del re, il ragazzo ne ricordava la posizione da quando ci giocava appena infante, però vennero subito fermati dalla guardia reale.

Il re aveva espressamente ordinato che nessuno lo disturbasse fino al giorno dopo, fosse qual fosse il suo interesse o grado sociale.

Non importò quanto tempo provassero a convincere i soldati che si trattasse di una questione urgente, di nulla servì: le uniche persone che potevano avere accesso alla stanza del re erano le cameriere che portavano il suo cibo.

Quando i due uomini pronunciarono quelle parole, Rori si illuminò e tirò dal braccio di suo marito, portandolo a un angolo remoto ove una cameriera stava appunto entrando in una stanza.

La ragazza osservò che la donna recava altri vestiti quando uscì, probabilmente aveva finito il suo turno, perciò attese che si allontanasse e si infilò nella stretta porta di legno.

Quando fu pronta, raccogliendosi i capelli eterei in una cuffia, si mostrò innanzi a Gerard:

-Che ne pensi?- evitò di trovare il suo sguardo.

Sorprendentemente, lui arrossì.

-Non guardarmi così... non sono abituato a stare da solo con te. Quando non siamo in compagnia del matrimonio infelice, c'é il mio amico perverso... mi fa felice essere finalmente da soli...- mormorò a voce bassa.

Lui non era stato così sincero da molto. Normalmente era piuttosto riservato in quanto ai suoi sentimenti: sì, sapeva che la amasse, però non era del tipo che le desse molte ragioni.

-Volevo chiederti se sembro una cameriera....

Gerard spalancò gli occhi e la sua voce si fece più acuta del normale.

-Sì, sì... certo... sapevo che parlavi di quello. Oddio, mi sento molto stupido. È meglio che tu ti sbrighi.

Rori si allontanò con passo affrettato, però non negò a Gerard la vista di come si allontanava; si avvicinò alla porta dello studio e abbassò il viso per non farsi riconoscere.

-Vengo a chiedere al re cosa desidera oggi per alimentarsi.

Uno dei due guardiani la studiò un attimo, convinto di non averla mai vista prima di quel giorno al servizio del sovrano.

Alzò un sopracciglio e le chiese da quanto tempo era stata designata a quel compito.

-Il sovrano richiede discrezione- si giustificò Rori, sussurrando in forma provocante. Non era per nulla raro che i monarchi avessero amanti lavorando nel castello.

La lasciarono accedere, lei avanzò con attenzione fin dentro la stanza, tenendo stretto il trattato di pace sotto i suoi vestiti.

-Con permesso, vostra maestà.

Nonostante il motivo della sua visita fosse molto formale, non poté evitare ricorrere con lo sguardo l'opulenza nella quale si trovava. Era molto tempo che non camminava per una stanza così elegante.

Il re di Ugarth le fece cenno di avanzare, era in piedi di spalle e osservava il fuoco.

Si voltò e la principessa di Wari e Castiglia restò di sasso al guardarlo mentre si voltava: era esattamente come si sarebbe immaginata Gerard vent'anni più tardi.

Quando il suo amato le aveva detto che assomigliava a sua madre, non poteva essere più errato: l'unica cosa che lo differenziava da quell'uomo era il colore dei capelli, che erano di un castano scuro con qualche spruzzo di grigio, e nell'espressione un po' più stanca.

-Siete nuova.

Rori non sapeva bene come comportarsi: era pur sempre l'uomo che aveva aiutato alla nascita di suo marito, però lo aveva abbandonato ed ora avevano così bisogno della sua approvazione.

-Sì, signore. Il mio nome è Victoria.

-È un piacere conoscerla, Victoria- il suo sorriso era tranquillizzante, e la sua voce era suadente e profonda.

Rori si avvicinò pericolosamente a lui e gli porse la mano, non nella solita posizione nella quale lo avrebbe fatto una donna (in modo che potesse ricevere un bacio) quanto per ricevere una stretta di mano:

-Spero che abbiate sentito parlare della Gens, vostra altezza.

Lui non poté occultare un sorriso:

-Sapevo che sareste arrivati prima o poi, ma mai mi sarei immaginato che sarebbe stata... una ragazza...- non lo incolpava di essere stupito, era una possibilità irrisoria che non lo fosse.

Le fece cenno di sedersi:

-Abbiamo molto di cui parlare.

-E non sarò io a farlo.

-Non comprendo ciò che state dicendo, potreste spiegarvi meglio? Non siete voi stessa della Gens?- le domandò.

Diamine, era difficile stare davanti a lui quando si comportava in quel modo così simile a suo figlio, non c'erano dubbi della sua paternità.

-Vi dice nulla il nome "Gerard"?

Il re era sconcertato, impallidì e la sorprese oltre ogni limite:

-Giuro che vi metterò in un altare, Victoria, se avete riportato a casa mio figlio.

Gerard di UgarthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora