Capitolo ventinove

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Gerard accedette anch'egli all'abitazione; nonostante avesse mantenuto sempre certo sangue freddo, non riusciva a cessare il tremolio delle sue mani. Sospirò.

Aveva già in mente cosa dirgli, avrebbe evitato il tema della paternità, dopotutto era molto improbabile che lo riconoscesse.

Invece, all'entrare, notò che il sovrano era pallido e tremolante come lui.

Non seppe immediatamente la ragione, ma gli pareva divertente che fosse così.

-Suppongo che tu non sia riuscita a mantenere la bocca chiusa...- disse, rivolgendosi a sua moglie, che semplicemente alzò le spalle e indietreggiò qualche metro per non interferire.

Il sovrano di Ugarth invece si approssimò quel tanto che gli bastava per allungare una mano senza toccarlo.

-Non c'é altro rimedio allora...- si interruppe, cercando le parole giuste –Il mio nome è Gerard Michael Whitefield, sono il figlio di Cathelin- specificò il nome di sua madre, affinché potesse sapere con quale concubina avesse avuto un pargolo.

-Siediti, siediti, abbiamo molto di cui parlare.

Gerard cercò Victoria e questa annuì, si sedette di fronte a colui che avrebbe potuto essere suo padre. Anche il re si girò verso la giovane e le chiese:

-Potreste scusarci? Io e... abbiamo molto di cui parlare....

-Victoria resta. Non c'é nulla di ciò che mi direte che poi non le riferirò, per questa ragione, è inutile che la mandiate via. Lei è l'unica persona della quale mi fido.

Rori non lo ascoltò, si girò di spalle e camminò velocemente fuori dalla stanza.

-Lei è importante per te, giusto?

-Non l'ho sposata per nulla....

Il volto dell'uomo si illuminò per un istante:

-Vuoi dire che sei sposato? Di già? Sono molto felice che tu sia diverso da me in quest'aspetto e abbia trovato la felicità. Da quanto tempo? Avete dei figli?- lo bombardò di domande, tante che Gerard non sapeva nemmeno da dove iniziare.

-Poco più di una settimana. Non è stata una cerimonia vera e propria, ma la sostanza è quella. È strano parlare di questo.... Ovviamente non ho figli, troppe responsabilità sulle spalle per aggiungerci anche un bambino.

-La Gens... molti la considerano solo una leggenda. Mai mi sarei immaginato che il mio stesso figlio sarebbe stato schierato con loro.

Il re di Ugarth e il principe adottato si fissarono:

-Posso sapere la tua storia?- gli chiese finalmente il sovrano.

Gerard iniziò il suo racconto, si preoccupò di non lasciare nemmeno un dettaglio fuori dalla discussione, temendo di non avere un'altra occasione per potersi sfogare.

L'uomo si teneva con forza alla sua sedia, finché, all'udire dell'abuso che aveva subito quando era nell'esercito, si portò una mano agli occhi e si asciugò le lacrime.

-È tutta colpa mia! Se solo ti avessi reclamato quando ne ho avuta l'occasione!- si lamentò a voce bassa.

Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi, uguali ai suoi, solo allungò un braccio e gli prese la mano.

-So che non mi consideri tuo padre. Non lo farei neanch'io se fossi passato anche se per la metà di ciò che hai vissuto tu; voglio che tu senta la mia storia, però, e ti giuro che non cerco di giustificare ciò che è successo.

Gerard annuì.

-Il mio nome è Michael- iniziò –e voglio che tu ti riferisca a me come tale siccome non vorrai definirmi come tuo padre.

Gerard di UgarthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora