Capitolo 🌹2🌹

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Mi vestì con la maglia più sobria e più ''normale'' che avevo e con i jeans della stessa categoria e dopo una ricerca davvero disperata, riuscì a trovare qualcosa di più consono alla serata schifosa che mi avrebbe aspettata.

Alle otto e mezza in punto, sentì un clacson suonare fuori dalla mia porta e dopo aver indossato dei maledettissimi tacchi neri, che affibbierei più il nome di ''trampoli'', scesi le scale e aprì la porta di casa ritrovandomi davanti una limousine bianca posteggiata davanti e alla guida Frank, l'autista di famiglia, nonchè unico componente di quei fenomeni da baracconi che mi stava simpatico.

Entrai nella limousine e lo salutai calorosamente mentre questo era già partito verso la villa dei miei genitori.

Li soprannominavo Barbie e Ken perchè mi sembravano cosí finti e così falsamente perfetti che sembravano due bambole da gioco.

«Ciao Frankie, e grazie.» salutai l'autista una volta arrivati davanti alla villa mentre scendevo dall'auto.

Oltrepassai il cancello d'ingresso e iniziai ad incamminarmi verso l'ingresso della casa passando per il grande giardino con una fontana proprio al centro della proprietá con una statua in pietra con incise l'iniziale del cognome della nostra famiglia.

Sbuffai rumorosamente mentre passavo accanto a quella statua e alzavo i miei occhi al cielo pensando a quanto fossero ridicoli quei due.

«Chi è?» domandò la voce elettronica di mia madre che usciva dal campanello non appena vi suonai.
«Belle.» risposi giá seccata.

Sentì poi uno scatto e la porta d'ingresso, lentamente, si aprì e così vi entrai accolta dalle varie inservienti di casa.

Arrivai in sala da pranzo con mio padre giá seduto a capotavola, mia madre alla sua destra, un posto libero proprio accanto a lei e sulla sinistra, accanto a me, c'era un ragazzo che non avevo mai visto in vita mia.

Chi diamine era?

«Pensavo fosse pur sempre una cena di famiglia, anche se non lo siamo più...» dissi guardando sbilenca quel tipo che mi fissava attentamente.
«Siediti, Belle, intanto siediti.» rispose mia madre sorridendomi mostrandomi le sue trentasei sedute di chirurgia plastica alle sue labbra.

Feci come mi aveva detto solamente perchè avevo passato una giornata intera in giro a fare "il mio lavoro" con la mia gang e mi ero stancata parecchio, altrimenti le avrei risposto e avrei creato un putiferio in quella grande sala da pranzo.

Mi sedetti mentre io e quel ragazzo, mai visto prima, ci fissavamo attentamente.
«Mi volete dire chi è questo piumino umano o dobbiamo continuare a fissarci come due cretini per tutta la cena?» sbottai stavolta iniziando ad innervosirmi.

Quello che mi innervosiva e mi infastidiva maggiormente, erano due lunghissime piume che portava alle orecchie il che lo faceva sembrare piuttosto stupido e ridicolo, ecco infatti perché piumino umano fu il soprannome più adatto che mi passò per la mente.

«Lui è Filippo, suo padre lavora nella mia stessa societá e allora, dato che avete la stessa etá, fate... purtroppo...la stessa vita, ho pensato che sarebbe stato carino presentarvi.» rispose mio padre.

Sbarrai gli occhi fissando attentamente quel ragazzo e per poco non mi venne un colpo.

«Ma certo! Come ho fatto a non capirlo prima. Sei Irama, il capo del Beraldi.» esclamai quasi stupita.
«Proprio io.» rispose lui rivolgendomi un sorrisetto allungato e piuttosto forzato.
«E tu fai parte dei Morealdi.» continuò il piumino umano.
«Esatto.» risposi con un tono un po' schifato.

I Beraldi e i Moreaoldi non erano mai state delle bande che andavano d'accordo insieme, anzi, nella storia delle bande di strada, le peggio risse si creavano sempre fra di loro.

Così, ritrovarmi un componente di quella banda in una cena di famiglia, era come avere un topo nella tana del lupo.

«Bene, come mai Miranda non si è presentata?» domandò poi mio padre cercando di smorzare l'aria tesa che si era creata.
«Hai pure il coraggio di chiederlo?» gli chiesi io iniziando ad innervosirmi davvero tanto.

«Va bene, Belle, va bene così, l'importante è che ci sia tu qui.» rispose subito mia madre calmando i bollenti spiriti.
«Certo; te ne sei fregato quando sei andato a letto con quella puttanella e lei nove mesi dopo l'ha partorita, quindi perchè dovrebbe fregartene ora che ha diciotto anni e non ti sei nemmeno degnato di farle una chiamata d'auguri per il suo diciottesimo compleanno?» sbottai mentre le vene dei miei polsi iniziavano a rialzarsi e a pulsare.

«Belle... per favore.» s'intromise mia madre.
«No, Belle proprio niente.» risposi subito alzando il tono maggiormente.
«Ti prego Belle, almeno non adesso che c'è un ospite...» disse mio padre abbassando lo sguardo.

Fissai disgustata Irama e mi alzai dalla tavola facendo sussultare i miei genitori.

«Belle ti prego! Non abbiamo nemmeno iniziato la cena!» esclamò mia madre quasi supplicandomi.
«Ma andate al diavolo tutti quanti, non chiamatemi più e sappiate che se ignorate Miranda, ignorate anche me.» quasi urlai andando via da quella stanza e digitando il numero di Matteo per farmi venire a prendere.

* * *

«Ma come ti sei conciata.» mi derise Matteo vedendomi vestita in quel modo così elegante e senza pearcing.
«Per favore non dire niente e passiamo da casa mia, devo togliermi questo schifo di dosso e ritornare in me.» subito risposi saltando su sulla sua Ducati nera e sfrecciando via con il vento in faccia che portava indietro i miei capelli.

* * *

«Ti aspetto qui.» disse mentre scendevo dalla moto e correvo subito dentro casa.
Salì velocemente le scale mentre mi sfilavo i tacchi che mi avevano torturato i piedi per tutto quel tempo.

Mi sfilai i jeans e tolsi velocemente quella maglietta che mi pungeva ovunque per via della stoffa troppo pregiata.

Rimasi in intimo mentre spalancavo il mio armadio e tiravo fuori una t-shirt nera a maniche corte e dei jeans attillati e stretti dello stesso colore.
Poi presi il mio chiodo in pelle e indossai delle dottor martens a stivaletto nere.

Mi spettinai leggermente i miei capelli con le mie mani e mi struccai per poi applicare la mia fidata matita nera nei miei occhi e tantissimo mascara.
Sulle labbra mi tolsi quell'orribile lucida labbra e misi un rossetto rosso nude tendente al vinaccia e mentre acquistavo ossigeno ritornando la vera me, mi rimettevo tutti i miei vari pearcing.

In soli venti minuti ero giá pronta e non appena scesi le scale e aprì la porta, Matteo da appoggiato al manubrio mentre pensava a chissá cosa, ritornò dritto vedendomi.

Deglutì mentre metteva in moto la sua Ducati e io mi sistemavo dietro di lui.
«Avete roba?» domandai riferendomi al fumo.
«Come potrebbe mancare mai in una serata?» mi domandò ridacchiando mentre accellerava.

«Non sai chi mi sono ritrovata alla cena.» dissi poi avvicinandomi al suo orecchio dato che il rumore del motore che strideva impediva di farmi sentire bene da lui.

«Ah si? E chi?» mi chiese incuriosito.
«Prima arriviamo e poi lo racconto a tutti.» risposi ridendo mentre ritornavo in posizione eretta e le mie mani erano attorno al suo bacino.

...

Stray Heart. «Irama Plume»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora