3. Strumento del Clero

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Il carro procedeva spedito in mezzo alla città, sobbalzando di tanto in tanto a causa delle irregolarità della strada. A trainarlo erano due ippolafi[3] dal manto bruno, animali simili a robusti cervi. Altri uomini con le medesime cavalcature accompagnavano il mezzo: due in testa al gruppo e altri due al seguito.

Tenko viaggiava nel carro, incatenata e sorvegliata da due guardie. Non era lì per essere giustiziata, al contrario: indossava anche lei i robusti abiti dei militari, e presto sarebbe stata costretta a combattere in nome degli dei. La sola idea le faceva venire il voltastomaco. Ma meglio il voltastomaco dell'atroce dolore inflitto dal veleno.

Quando era ancora in cella, aveva atteso deliberatamente che la tossina cominciasse a fare effetto, così da valutarne gli effetti. Era stato devastante: ogni fibra del suo corpo aveva cominciato a urlare di dolore, al punto che non era stata più in grado di muoversi. Aveva perfino temuto di non riuscire a chiamare aiuto. Per fortuna il carceriere era arrivato quasi subito e le aveva fatto bere l'antidoto. Ma il sollievo sarebbe durato solo un giorno: doveva pianificare bene la sua fuga.

D'un tratto il carro si fermò. Tenko provò a guardare all'esterno, ma dalle piccole feritoie per la luce riusciva a scorgere solo tracce di edifici. Non aveva idea di dove fossero.

Qualcuno aprì la porta dall'esterno, la liberarono dalle catene e la fecero scendere.

Ad accoglierla trovò il comandante del gruppo, un robusto semiumano con due orecchie feline. Aveva la pelle ambrata e gli occhi risoluti, in cui si vedeva la fierezza di un leone. «Allora, eretica, sei pronta a espiare i tuoi peccati?»

La demone avrebbe voluto sputargli in faccia, ma si sforzò di trattenersi. «Sì, capitano.»

Fin dal primo momento quel tipo non le era piaciuto. Del resto era un uomo del Clero. Poi però aveva capito quanto facesse bene a disprezzarlo.


Ancora in cella, Tenko finì di indossare l'uniforme da guardia, operazione svolta interamente sotto lo sguardo fin troppo attento di due militari. Una volta pronta, gli uomini sbloccarono la serratura e, senza proferire parola, la scortarono fuori dalle segrete.

Rivedere il cielo fu una piccola conquista per la demone, ma durò poco: ad attenderla nel cortile della canonica c'erano altre quattro guardie.

Il Clero era di fatto la principale autorità giudiziaria, quindi non era strano che le prigioni si trovassero nei sotterranei della loro dimora. Oltretutto la casa degli ecclesiastici era costruita in mattoni e poteva vantare diverse guardie armate, quindi era uno dei luoghi più sicuri in cui rinchiudere i fuorilegge.

Uno dei militari le andò incontro. «Sono il capitano Leonidas Cardea. Tu devi essere l'eretica. Sei pronta a espiare i tuoi peccati?»

Lei lo fissò senza proferire parola.

Il semiumano di tipo leone non si scompose. Prese la sua bacchetta e lanciò un incantesimo. Tenko venne investita in pieno dalla scarica elettrica, lanciò un grido acuto e cadde a terra, scossa da spasmi, incapace anche solo di pensare.

Il capitano si chinò su di lei. «Eretica, sei pronta a espiare i tuoi peccati?» ripeté, impassibile.

Di nuovo lei lo guardò in cagnesco, decisa a non cedere. E di nuovo lui la colpì con una scarica elettrica.

Così come gli ecclesiastici, quasi tutte le guardie facevano voto a un dio o a una dea in particolare, ricevendo in cambio determinati poteri. Più il rango era alto, maggiore era la benedizione della divinità.

Age of Epic - 1 - EresiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora