23. Onore ferito

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Quando Leonidas si affacciò alla finestra il vento freddo lo costrinse a nascondere le mani sotto le ascelle: lui era originario del nord, non era abituato a quel clima rigido. A giudicare dalla luce ipotizzò che fosse ancora prima mattina, poi però guardò in cielo e capì che era già tardo pomeriggio. Aveva dormito quasi tutto il giorno, ma la cosa non lo stupì: per inseguire Tenko e il suo compagno, lui e Persephone avevano riposato pochissimo gli ultimi giorni.

A proposito dell'inquisitrice, doveva andare da lei. Forse si stava ancora riprendendo, in quel caso non l'avrebbe disturbata. La notte prima la semiumana aveva evocato un'enorme barriera per difendere l'intero villaggio dalla tromba d'aria, uno sforzo notevole anche per un inquisitore: si meritava un po' di riposo.

Uscito dalla stanza, andò da una delle guardie stanziate nel piccolo centro abitato. L'uomo, un tipo in carne che non aveva nulla di militaresco, lo condusse all'alloggio dell'inquisitrice, dove una ragazza con delle pelose orecchie da gatta gli andò incontro. «Mio signore, desiderate vedere l'inquisitrice?» Come tutti gli abitanti del villaggio, parlava con un accento piuttosto marcato.

«Sì, se possibile. È sveglia?»

«In questo momento sta parlando con il guaritore. Apena avrà finito le domanderò se desidera incontrarvi. Vi prego di comprendere, è ancora provata per la ferita e per lo sforzo di ieri.»

«Naturalmente. Siete molto gentile.»

«Capitano, poso chiedervi se avete già mangiato?» intervenne la guardia. «Il cuoco sarà felice di prepararvi qualcosa di caldo.»

«Vi ringrazio, ne ho proprio bisogno.»

Il latte caldo e la zuppa furono un vero toccasana per il suo corpo infreddolito, ma gli diedero anche il tempo per riflettere con calma su quanto successo la notte precedente. La sua utilità nello scontro era stata pressoché nulla, e se ne vergognava profondamente. Perfino un novellino sarebbe stato in grado di fare meglio.

Questo lo portò a riconsiderare la sua strategia. Si era illuso che Tenko avrebbe accettato di parlare con lui, che sarebbe stata lì ad ascoltarlo dopo quello che lui e Padre Palladios le avevano fatto. Non aveva ancora rinunciato all'idea di riportarla sulla retta via, tuttavia la demone era troppo... irruenta. Per riuscire a portare avanti un qualsiasi discorso, doveva per prima cosa immobilizzarla. Una volta catturati lei e il suo complice, avrebbe avuto tutto il tempo per scusarsi e per provare a farla ragionare.

«Mio signore,» lo chiamò la ragazza di prima, «se lo desiderate, l'inquisitrice ha acetato di incontrarvi.»

Leonidas lasciò immediatamente il pasto e si alzò. «Vi ringrazio molto. Vi prego, fatemi strada.»

La giovane chinò il capo e lo guidò fino alla stanza dove riposava la semiumana. Bussò rispettosamente sulla porta e, una volta ricevuto il permesso, la aprì per far entrare l'uomo.

Persephone era in piedi al centro della stanza, dritta e fiera, lo sguardo freddo e impassibile. Indossava degli abiti pesanti invece della consueta uniforme, ma a catturare l'attenzione di Leonidas fu la vistosa fasciatura che le copriva l'occhio sinistro.

«Se avete bisogno di me, sarò qui fuori» disse la ragazza prima di uscire chiudendo delicatamente la porta.

Nella stanza calò un pesante silenzio, interrotto solamente dal leggero crepitio del camino. In effetti lì la temperatura era molto gradevole, ma la guardia non se ne accorse nemmeno. Sapeva di dover dire qualcosa, ma non riusciva a trovare le parole: voleva scusarsi per essere stato inutile, prima però forse avrebbe dovuto chiederle come stava. Farlo però gli sembrava sconveniente: non voleva sottolineare ancora una volta la menomazione della semiumana.

Age of Epic - 1 - EresiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora