37. Il giorno dell'esecuzione

6 2 0
                                    

Era passata almeno una settimana dal loro arri vo in prigione quando un manipolo di guardie si presentò davanti alle celle dei quattro prigionieri. Portavano dei robusti ceppi per le mani e avevano tutti un'espressione soddisfatta.

«In piedi, feccia!» ordinò il capitano di turno. «È arrivato il giorno dell'esecuzione!»

I quattro fecero come ordinato e si mantennero a qualche passo di distanza dalle sbarre, lo sguardo serio.

Due militari infilarono le chiavi nelle toppe delle due celle e cominciarono a ruotare. Gli scatti avvennero quasi all'unisono, come un conto alla rovescia mal sincronizzato. All'ultimo schiocco, le porte vennero aperte emettendo un cigolio sinistro che echeggiò in tutta la prigione. Era il momento: i quattro scattarono come molle, avventandosi sulle guardie. Tenko sferrò un pugno e Leonidas caricò con una spallata. Persephone sferrò un calcio e Zabar si fece da parte, cercando con gli occhi le chiavi dei collari. Le guardie indietreggiarono, sorprese dalla veemenza dei prigionieri.

«Fermateli!» gridò il capitano. «Fermateli, idioti!»

Spinti anche fisicamente dal loro superiore, i militari si riversarono sui prigionieri. Li afferrarono per le braccia e li schiacciarono a terra. Tenko e Leonidas opposero maggiore resistenza, ma proprio per questo vennero colpiti con maggiore forza. Storditi dalle percosse, anche loro finirono per capitolare e i pesanti ceppi di legno e metallo si chiusero intorno ai loro polsi.

«Siete degli imbecilli!» imprecò il capitano. «Cosa cazzo pensavate di fare? Pensavate di fuggire?! Eh?! Muovetevi, figli di puttana!»

Nuovamente sconfitti, i quattro vennero messi in riga e costretti a camminare. Sapevano fin dall'inizio che sarebbe finita così, ma avevano voluto ugualmente tentare. Cos'avevano da perdere?

Usciti dalla prigione, vennero fatti salire su un robusto carro trainato da quattro imponenti ippolafi di tipo alce. Pensavano di venire giustiziati in qualche piazza, invece il cocchiere e la scorta si diressero con decisione verso il maestoso anfiteatro di Theopolis, famoso per essere uno dei più grandi al mondo. Si diceva che nella sua ampia arena combattevano i migliori gladiatori di tutto il continente, alcuni dei quali si erano addirittura guadagnati il favore di un dio grazie alle loro gesta.

Entrarono da uno degli ingressi secondari, abbastanza grande da consentire il passaggio del carro e della scorta, e in breve si ritrovarono nei sotterranei dell'anfiteatro. Videro molti animali esotici chiusi in celle piccole e sporche, ma anche grandi montacarichi pronti per essere messi in moto da gruppi di manovali. Era all'incirca mezzogiorno e sopra di loro si sentiva un gran fragore: evidentemente c'era già uno spettacolo in corso.

Le guardie li trascinarono fuori dal carro e poi li chiusero in un'altra cella, in attesa che venisse il loro turno.

Appena ricevettero il segnale che lo spettacolo precedente si era concluso, le guardie li liberarono dai ceppi e consegnarono loro delle armi: spade e scudi di scarsa fattura.

«Che gentili, non è che avete anche una frusta?» li schernì Tenko.

Le guardie si limitarono a sogghignare tra loro e si allontanarono.

Poco dopo la cella in cui erano rinchiusi cominciò a salire con un leggero cigolio. Arrivò fino in cima, appena sotto l'arena, e poi si arrestò. Davanti a loro c'era una rampa, ma la cella era ancora sbarrata, così come l'apertura in alto.

Dovettero attendere ancora qualche minuto, poi una voce potente li raggiunse dall'arena sopra di loro: «Popolo di Theopolis! Quella di oggi non sarà una semplice esecuzione! Oggi la giustizia colpirà i criminali più pericolosi che il nostro amato mondo conosca.»

Age of Epic - 1 - EresiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora