34. Sotto custodia

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Erano settimane che camminavano, combattendo contro la fatica e il freddo. Ogni giorno sembrava identico al precedente: marciavano, marciavano e poi marciavano ancora, con la perenne minaccia dei mostri in agguato.

Tenko non era più in grado di dire da quanto tempo erano stati catturati, né quanto tempo ci sarebbe voluto per raggiungere il villaggio più vicino. O quanto le restava da vivere.

Dopo quello che l'inquisitrice aveva fatto a Zabar, qualcosa sembrava essersi rotto dentro di lei: non aveva più la forza e la determinazione per provare a fuggire. Sapeva che se non faceva qualcosa il suo destino era segnato, eppure non aveva più il coraggio di tentare una fuga disperata. Aveva paura: non tanto di quello che avrebbero fatto a lei, ma di quello che avrebbero fatto a Zabar. Il chierico non le aveva più rivolto la parola, eppure lei preferiva rinunciare a combattere piuttosto che farlo soffrire ulteriormente. Era forse questo che significava essere compagni?

Una notte i suoi tormenti interiori sembravano particolarmente intenzionati a non farle chiudere occhio, così si alzò e si avvicinò al fuoco.

«Ti spiace se mi siedo?»

Leonidas le fece cenno di accomodarsi. Cercava di dimostrarsi serio e concentrato, ma anche lui era al limite.

Rimasero in silenzio a lungo, fissando il fuoco o scrutando la foresta, ascoltando i rumori intorno a loro. Era una notte molto tranquilla.

«Perché sei diventato un soldato?»

Il semiumano si prese qualche secondo prima di rispondere. «Volevo proteggere la mia famiglia. I miei amici. Quelli che non potevano proteggersi da soli. Lo so, è un motivo banale, ma è così.»

«È un bel motivo» rispose la demone.

Per un po' non dissero nulla, poi Leonidas riprese a parlare: «Posso chiederti perché sei diventata una fuorilegge?»

Questa volta fu la demone a concedersi qualche momento per riflettere. «La mia famiglia faceva parte di un circo itinerante. Sarei diventata una circense anche io, ma il Clero ha scoperto che facevamo pozioni e quindi ha ucciso tutti quanti. Ero ancora una bambina, ero arrabbiata e spaventata, e dovevo trovare un modo per cavarmela da sola. Non è stato facile, ma sono sopravvissuta.»

«Mi dispiace. Per la tua famiglia, e per quello che hai dovuto passare.»

Un sorriso mesto ma sincero affiorò sulle labbra di Tenko. «Grazie.»

«Ora capisco perché ce l'hai con il Clero, ma non sono tutti cattivi. Ci sono anche molte brave persone. Persone che dedicano la vita ad aiutare gli altri.»

La demone continuò a fissare il fuoco per alcuni lunghi istanti. «Probabilmente hai ragione. Ma non è così per tutti. Non è così per gli dei.»

«Perché ti ostini a diffidare degli dei?» Il tono di Leonidas era calmo: voleva davvero capire le ragioni della giovane.

«All'inizio era solo rabbia, vendetta, grazie a Zabar però ho cominciato a capire meglio come stanno davvero le cose. Mi ha mostrato le incongruenze, le menzogne, e ora abbiamo trovato la goccia con i ricordi. È chiaro che ci stanno ingannando.»

«Anche ammettendo che l'abbiano fatto, e non sto dicendo che è così, sono sicuro che avrebbero avuto le loro ragioni. In fondo noi esistiamo grazie agli dei. Se non fosse per loro, non ci sarebbe nulla.»

Tenko scosse il capo. «Questa è solo una delle menzogne degli dei, forse la più grande di tutte. Gli dei non hanno creato un bel niente, hanno solo preso quello che c'era e ci hanno detto che l'avevano fatto loro.»

«E allora come lo spieghi il sole? La terra, il cielo, tutto quanto. Come spieghi la magia, se non sono stati gli dei a crearla?»

«Questo non lo so. Ma questo non vuol dire che gli dei abbiano ragione. Magari una spiegazione c'è, solo non la conosciamo. Non ancora per lo meno.»

Age of Epic - 1 - EresiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora