CAPITOLO 36

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OIKAWA'S POV
Il tizio se ne era andato, lasciando lì: solo ed afflitto dal dolore, causategli dal colpo al ginocchio.
Quel ginocchio che lo stesso Oikawa da una parte amava, poiché gli aveva permesso di entrare nell'Aoba e di conoscere tutte quelle fantastiche persone e di continuare a vedere il suo Iwa-chan, dall'altra invece lo odiava, perché si trovava in quella situazione per colpa di quello stupido ginocchio che aveva ceduto mentre correva.
Ah, forse la colpa è anche della mia bellezza.
Già... odio ed adoro anche questa.
Iwa-chan si sarebbe mai innamorato di me se non l'avessi avuta?
Questo non lo so...ma di sicuro quel pervertito non mi avrebbe rinchiuso qui...
Iwa-chan...
Eccole: ancora lacrime che gli scorrevano sul volto.
Non ce la faceva più. Era da quando era stato preso che piangeva.
Che stupido: come aveva potuto pensare che lo avrebbe liberato?!
Sinceramente non se lo aspettava ma ci sperava perché sentiva che la resistenza del suo ginocchio stava cedendo e che non lo avrebbe retto ancora per molto.
Ora che la sorpresa della cattura gli era passata, si prese la briga di osservare meglio il luogo in cui si trovava; anche perché, che cosa avrebbe potuto fare?
Vi era una finestra, sopra la parete di fronte a lui, da dove entrava la luce che però non riusciva a raggiungerlo ma illuminava gli oggetti che aveva di fronte: un tavolo, un divano e numerosi scatoloni.
Inoltre dopo aver valutato le dimensioni, giunse alla conclusione che era troppo piccola per essere usata come via di fuga.
Nonostante la poca illuminazione, capì che il posto in cui si trovava doveva essere una specie di rifugio: era piccolissimo.
Vi erano le scalette che lo avevano portato in quel baratro e sui muri, oltre a lui, erano appese le sue foto e una mappa.
Iwa-chan, Iwa-chan ti prego trovami
Io ti aspetterò, te lo prometto
Farò di tutto per non farmi sfiorare ma tu, ti supplico amore mio, trovami
Non me ne frega se lui dice che nessuno può sentirmi: urlerò il tuo nome finché avrò le forze.
E così fece: gridò il suo nome più e più volte
-IWA-CHAN, IWA-CHAN, IWA-CHAN IWA-CHAN, IWA-CHAN, IWA-CHAN-
Un rumore: il suono della botola che si apriva e che annunciava il suo arrivo.
Una luce che si accendeva e dei passi che rimbombavano.
Una risata che si espandeva in quel luogo tetro.
Poco importava, lui avrebbe continuato a chiamarlo.
-IWA-CHAN-
-Ci provi ancora? Non può sentirti-
Lo ignorò
-IWA-CHAN-
-Ti ho detto che è inutile-
-IWA-CHAN-
-Tsk! NON MI PIACE QUANDO LA GENTE NON ASCOLTA- lo avvertì
-IWA-CHAN, SONO QUI-
-Ti avevo avvisato-
L'undicesimo Iwa-chan non uscì dalla sua bocca, da questa uscì sangue: gli aveva tirato una forte gomitata sulla faccia.
-La prossima volta non sarò così gentile. Ti manca il tuo Iwaizumi, vero? Siccome sono una persona dal cuore d'oro, che ne dici di chiamare me in quel modo? Di chiamarmi Iwa-chan? Dai prova, piccolo mio- disse sollevandogli il mento con due dita e sfiorandogli con l'altra mano le labbra.
Per tutta risposta, Toru gli sputò.
-Ah, vedo che non hai capito- riprese, dirigendosi verso il tavolo ed aprendo uno dei numerosi scatoloni. Ti offro di  nuovo una possibilità-
-Scordatelo: non ti soprannominerò mai così, pervertito-
-Vediamo se con questa riesco a farti cambiare idea- continuò estraendo qualcosa dal cartone.
Sussultò.
Udì l'oggetto emettere un suono acuto quando si scontrò con il pavimento.
- Ti va di sentire il suono che provoca sulla tua pelle?- propose il maniaco leccandosi le labbra
Oikawa degludì.
Ti amo, Iwa-chan
Questa fu l'unica cosa che pensò quando la frusta colpì il suo corpo togliendogli il fiato.

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