CAPITOLO 53

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OIKAWA'S POV
No
Per favore, no
Cercava di dimenarsi ma il maniaco bloccava con forza i suoi sforzi.
Erano giorni che non mangiava e la sua potenza lo stava abbandonando, se ne rendeva conto facilmente: aveva perso peso.
Tuttavia non voleva farsi ferire.
Non voleva.
Odiava le lamette.
Già, eccome se le detestava...
Perché tutto questo astio contro questi oggetti?
Perché, per un periodo, lui stesso era caduto in quel circolo vizioso che lo aveva fatto precipitare in un baratro, dal quale credeva di non uscirne più.
Eppure si sbagliava: Hajime lo aveva aiutato.
Gli era stato accanto e gli aveva impedito ogni possibile gesto avventato.
Chiuse gli occhi quando la lametta ferì la sua pelle candida e una smorfia di dolore si disegnò sul suo volto.
Inspirò e ripensò a quei giorni in cui aveva sfiorato il suicidio.
Aveva da poco avuto la notizia dell'infortunio e ne era uscito distrutto.
Cosa avrebbe fatto se non avesse più potuto giocare a pallavolo?
Controvoglia, si era recato al club e gli si era stretto il cuore non appena aveva visto i suoi compagni giocare una semplice amichevole.
Li osservava muoversi: erano in grado di stare sulle loro gambe.
Erano capaci di saltare e di atterrare sul suolo del campo senza cadere.
Si scambiavano sorrisi e sguardi pieni d'intesa.
Oikawa distolse lo sguardo: non riusciva a sopportarlo.
Stavano facendo tutto quello che ora lui non poteva fare.
Guardò con disgusto le stampelle accanto a sé, consapevole che, proprio quelle, lo stavano facendo allontanare dalla sua squadra e dal suo Iwa-chan.
Sorrise amaramente: chissà se avrebbe avuto modo di ricominciare a giocare.
Guardò l'orologio e, dopo aver realizzato di essere in ritardo, si alzò per recarsi dal fisioterapista che distava pochi minuti dal luogo in cui si trovava ora.
Durante le due ore di fisioterapia, l'uomo davanti a lui gli parlava ma Oikawa si limitava ad eseguire, svogliatamente, gli esercizi.
Dopo una settimana, dove aveva svolto quella routine, il capitano dell'Aoba decise di non recarsi più né al club né dal fisioterapista, convinto che la sua situazione non sarebbe cambiata.
Lo vedeva, vedeva con i suoi occhi i miglioramenti dei suoi amici.
Ovviamente ne era contento ma, allo stesso tempo, qualcosa dentro di lui gli diceva che non avrebbe potuto recuperare tutti quei mesi persi e mettersi al loro stesso livello.
Lui non era un prodigio.
Era un semplice giocatore abile nel ruolo di alzarore e capace di motivare la squadra.
Non era come Tobio.
Con rabbia, buttò a terra le stampelle e si sedette sul letto.
Era da solo a casa. Sua madre non sapeva della sua decisione: non l'aveva detto a nessuno.
In realtà, tutti nella sua famiglia credevano che lui stesse facendo il percorso di riabilitazione e Toru non rivelò mai la verità per evitare di dover ricominciare quella routine straziante.
Non rispondeva neanche alle chiamate dei suoi amici né alle mail di Iwa-chan, che si era recato più volte a casa sua ma, prontamente, Toru si inventava una scusa e non gli parlava.
Già: aveva smesso di vedere anche Iwaizumi
Il suo sguardo cadde su un cassetto.
Lo aprì e prese ciò che conteneva.
Andò in bagno e, con le mani tremanti, strappò la busta facendo cadere a terra un po' del suo contenuto.
Degludì e, impaurito, le raccolse per poi prendere un po' di quelli presenti ancora nella busta e sedersi sul water.
Alzò la felpa del club di pallavolo, messa per far credere alla madre che sarebbe andato dalla squadra, e osservò la sua pelle intatta consapevole che sarebbe rimasta tale ancora per poco.
Inspirò profondamente per poi intagliare il suo braccio.
Sussultò al contatto con la lametta e strinse gli occhi mentre alcune lacrime minacciavano di uscire.
Un taglio.
Due.
Tre.
Quattro.
Osservava il sangue colare e sporcargli i pantaloni.
Rimase così per alcuni minuti finché, la vibrazione del telefono, non lo fece sussultare.
Guardò lo schermo: Iwa-chan.
Andò nel panico e si alzò dal water ma, troppo velocemente, e questo gli procurò un giramento di testa.
Si appoggiò al muro, deciso a non rispondere e a ripulire il casino che aveva fatto in bagno.
Questa nuova routine continuò per una settimana ma nessuno se ne accorse. Oikawa cercava sempre di portare maglie lunghe abbastanza da coprirgli le ferite, ovviamente disinfettate e coperte con alcune garze.
Sentiva il ginocchio pulsare così, ogni tanto, faceva a casa gli esercizi consigliatogli dal fisioterapista.
Oikawa era deciso a continuare le giornate in questo modo finché qualcosa andò storto.
Un giorno i suoi tornarono a casa ed iniziarono ad urlargli contro, o meglio il padre perché la madre si limitava a piangere sommessamente: avevano scoperto, quando erano andati dal fisioterapista a pagare il mese, che il figlio aveva fatto solo una settimana.
Oikawa non disse nulla, si chiuse semplicemente in camera.
Non appena udì i genitori uscire di casa, prese le lamette e andò in bagno, deciso a ferirsi nuovamente e di più.
Osservò il suo braccio e storse il naso: stava rovinando la sua pelle...
Scosse la testa per allontanare la coscienza che gli diceva di fermarsi.
Questa volta però, essendo arrabbiato, fece un taglio troppo profondo.
Udì la porta di casa sbattere: segno che i suoi erano tornati.
Sbarrò gli occhi, si alzò velocemente non badando ai giramenti di testa: doveva nascondere le prove.
La porta del bagno si spalancò, cogliendolo in fragrante.
Oikawa sgranò gli occhi appena si rese conto che, insieme ai suoi, c'era anche Hajime.
Iniziò ad udire le voci ovattate poi più nulla.
Quando si risvegliò era in ospedale: suo padre e sua madre piangevano. Anche Iwa-chan era lì, dormiva, ma era lì e gli stava stringendo la mano.
Da quello che gli aveva detto il medico, era stato salvato giusto in tempo.
Tornò a casa quattro giorni dopo: le ferite erano guarite.
Davanti ai suoi ed ad Hajime, buttò tutte le lamette e promise di non farlo più. Ovviamente i suoi lo rimproverarono ma la cosa che lo stupì e che, quando furono soli, Hajime fece lo stesso. Quello che gli disse quel giorno, se lo impresse nella mente
-Cosa cazzo ti è venuto in mente eh?! Non vuoi tornare al club?! Non vuoi essere il capitano?! Non vuoi portarci alla vittoria contro Ushijima?! Non vuoi continuare a stare al mio fianco?! Al fianco della squadra?! Cazzo, Oikawa ma ci pensi agli altri quando fai queste stronzate?! Pensi alle conseguenze?! Se noi non fossimo arrivati, tu non staresti qui con noi! E non ti azzardare a dire che non è successo?! Da domani ti accompagnerò tutti i giorni dal fisioterapista e a vedere i nostri allenamenti.-
E poi lo vide: vide Hajime piangere e abbracciarlo, chiedendogli di non fare più una cosa del genere e di non ignorarlo, dicendogli anche che lui ci sarebbe sempre stato.
E, grazie ad Hajime, riprese la retta via.
-A COSA DIAVOLO STAI PENSANDO?! LE PUTTANE NON PENSANO-
La voce del maniaco lo riportò al presente: avrebbe resistito. Non avrebbe reso vana la morte di Iwaizumi.
Il pervertito incominciò a strusciarsi su di lui, abbassò i pantaloni di entrambi ma lasciò ad entrambi i boxer.
Toru si dimenò ma questo fece sì che l'uomo aumentasse il numero di lamette da usare su di lui.
Con la lametta gli segnò il petto.
Gli sfiorò il braccio e, non appena cercò di nuovo di opporsi, gli ferì la guancia.
Sussultò: per poco non gli aveva preso l'occhio.
Chiuse gli occhi e lo lasciò fare: non voleva rischiare di morire di nuovo.

Eiii
Ecco un nuovo capitolo un po' triste ma ci sta.
E niente, ho pensato fosse carina (?) l'idea di analizzare la riabilitazione di Oikawa in modo da collegarla alle lamette.
Spero vi piaccia ☀
P.s. scusami se ieri non ho aggiornato 😭😭

Resta-Iwaoi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora