Cap.21

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CARMEN'S POV

Fede e io abbiamo preso l'aereo per tornare a casa partendo dall'aeroporto di Roma. Siamo già dentro ma abbiamo fatto parecchie ore di fila. Non sarebbe stato conveniente scegliere l'autobus perché avremmo passato un'altra giornata in viaggio com'è accaduto con mia madre il giorno in cui arrivai a Roma. A farci compagnia c'è sua madre. Lei ha avuto la fortuna di averla vicino in questi duri mesi perché ha affittato una casa in centro e nel frattempo lavorava in un ristorante proprio sotto casa loro, scelta presa in accordo con il padre che invece è rimasto in Sicilia.

-Carmen come ti senti?- mi chiede Tania, la mamma di Fede.

-Emozionata, non vedo l'ora di stringere i miei fratelli, mia madre e soprattutto papà che non vedo dal mese prima di essere partita-

-Immagino ma in occasione di queste vacanze potrete stare vicini- mi conforta Fede, appoggiando la testa sulla mia spalla.

Dall'oblò osservo le nuvole e il cielo azzurro. Nonostante sia una gelida mattina di dicembre il sole splende alto. Le case appaiono minuscole, come quelle delle Barbie che collezionavo da piccola. Prendo il cellulare dalla tasca e infilo le cuffie nelle orecchie. Scelgo la musica perché solo lei sa come rilassarmi ed è la mia fonte a cui attingere in situazioni come questa.

Una volta atterrati all'aeroporto di Trapani, prendiamo valigie e borsoni che vengono sottoposti ai dei controlli e usciamo seguendo la madre di Fede che ci aspetta fuori con il cellulare in mano.

-Tuo padre è qui Federica, andiamo ragazze. -

Grazie al passaggio dei genitori di Fede in accordo con i miei siamo già a destinazione. Scendiamo, abbraccio Fede perché ci separeremo per un giorno. Sicuramente passeremo la vigilia e il Natale insieme, come avvenuto in tutti gli altri anni. Lei abita di fronte a me, potremmo anche chiacchierare dalla finestra volendo. Da piccole lo facevamo spesso prima di essere sgridate dai nostri genitori che sostenevano disturbassimo i vicini.

-A presto!- la saluto prima di entrare in casa. Sono come spaesata, è tutto uguale eppure tutto diverso. Quasi tre mesi lontana da qui portano ad abituarsi ad ambienti e realtà distanti da quelli della mia Terra. Mi è mancata però, Trapani è ineguagliabile a bellezza di altre città italiane, perlomeno per me è così, da cittadina saldamente legata alle sue radici.

-Carmeeeennnn!- Andrea corre verso me seguito da Giovanni. Mi stritolano e buttano a terra.

-Wow! Che avete fatto? Un corso di arti marziali?-scherzo scompigliando i capelli ad Andreuccio.

-Ha pianto tutti i giorni da quando sei partita, anche se non lo ammetterà mai- sostiene Stefania prima di aiutarmi ad alzare e abbracciarmi.

-E a te? Sono mancata?-

-Da morire- sorrido tra i suoi capelli ricci che mi solleticano il viso.

Papà e mamma arrivano in punta di piedi. Mi stacco da mia sorella per abbracciare anche loro e scoppio a piangere prima di rendermene conto.

-Diavolina, siamo orgogliosi di te. Ti vediamo cresciuta seppur sia passato poco da quando sei partita. Non è passato giorno in cui io non ti abbia pensato mentre ero in viaggio imbarcato e non potevo nemmeno sentire il delizioso suono della tua voce al telefono- sussurra mio padre prima di darmi un bacio sulla fronte e asciugare le mie lacrime. Il rapporto che ho con lui è speciale e credo che sia stata la lontananza a rafforzarlo. Ogni volta che andava via per me era come prendere una batosta, mi chiudevo in camera a piangere e non lo dicevo a nessuno. Lui è stato un grande esempio per me, una persona di sani principi che ci ha inculcato fin da piccoli. Papà è tutto.

-Nonno Giovanni ha detto che dopo ci aspetta a casa sua per vedere la sua bella Carmen e ascoltare qualche canzone da te cantata- dice sorridendo mia madre.

-Con piacere, in fondo è grazie al nonno che ho scoperto questa passione per il canto. -

Disfaccio le valige e mi sdraio sul letto. Il mio pensiero vola via, dritto verso Irama. Chissà dove sarà e se starà pensando un po' a me in questo istante.

IRAMA'S POV

Di sera mi chiudo dentro la mia camera, tengo in braccio la chitarra che mio padre mi regalò a 12 anni. Inizio a suonare la canzone che scrissi per una persona speciale. In questi periodi percepisco la sua mancanza maggiormente rispetto ad altri. Non so se sia l'atmosfera natalizia in sé, il riunirsi della famiglia ma adesso vorrei che fosse vicino a me e invece lui non c'è, ed è così triste ricordarlo per la bella persona che è stata piuttosto che averlo a fianco e punzecchiarsi come facevamo di solito. Se solo lui potesse vedermi ora mi direbbe che è fiero di me probabilmente, al contrario di mia madre che ritiene i musicisti dei nullafacenti. Ha sempre avuto qualcosa contro la musica contemporanea, in casa nostra si ascolta solo musica classica infatti. Poi ha cercato parecchie volte di sbarrarmi la strada. Voleva che facessi l'avvocato ma a me quel mondo non è mai piaciuto. Non voglio giudicare l'operato degli avvocati perché se svolto in maniera giusta è un mestiere valido come tanti ma l'artista è tutt'altra cosa. L'artista regala emozioni, l'avvocato no. Mia madre non digerisce questa cosa, è per questo che appena giunto in casa già abbiamo avuto una discussione. Mio padre e mia sorella hanno assistito incapaci di contrariarla. Va avanti così da molto, lei è stata molto severa, vuole fare il capo si potrebbe dire mentre noi saremmo i suoi sottomessi. Non lo tollero ma è la verità. Qualcuno bussa alla porta, metto la chitarra nella fodera e la nascondo sotto al letto prima di dire "Avanti!".

-Fil, Nicole è sotto, ti aspetta, mamma ha detto di sbrigarti- mi avvisa Jolanda, mia sorella.

-No... ancora lei!- a scuola mi sta attorno ventiquattro ore su ventiquattro e adesso manco il tempo di stare un po' solo che torna da me.

-Filippo sai che la mamma tiene al fatto che vi frequentiate, dai, evitiamo un altro litigio, non è abbastanza quello che avete avuto poco fa?- sbuffo esasperato.

-Deve comandare sempre tutti noi! Non siamo mica i suoi burattini!- esclamo infuriato. Certe volte per colpa sua vorrei sfondare un muro a pugni e per scaricare la tensione esco di casa e vado a correre.

-Fil, solo per oggi, che ti costa?- Jolanda ha paura che litighiamo di nuovo, se non mi presento accadrà perché siamo entrambi due teste dure, quindi sono costretto ad assecondarla.

-Lo faccio per te e papà- la sento sospirare e chiudere la porta. Mi sfilo la maglietta e resto a torso nudo sul letto. L'occhio cade sulle foto scattate mentre giocavamo a pallone al campetto. Se lui fosse ancora qui questo non sarebbe successo. Chiudo gli occhi. Prima di tornare a Monza ero felice. Einar è a Brescia ed io bloccato qui in questa gabbia. Vorrei ritornare a scuola e rivederlo perché non potremmo passare le vacanze insieme. Ci sentiremo su Facebook e con le chiamate ma nient'altro per colpa di mia madre. Accedo al mio account prima di scendere. Scorgo tutte le foto delle uscite con i miei amici. Sorrido. Organizzeremo una rimpatriata prima o poi. Spengo il cellulare e metto un'altra maglietta. Spruzzo un po' di profumo sul collo. Facendo i gradini mi ritorna in mente l'attimo prima che Carmen mi baciasse. Avrei voluto che stesse lei con me oggi al posto di Nicole perché mi capisce e poi penso che sia bellissima realmente anche se non ne sembra per nulla consapevole.

Ciaoooo!!

Ragazzi mi sono divertita tantissimo a scrivere il pov di Irama. Per me è una nuova esperienza perché non mi è mai capitato di scrivere un capitolo con entrambi i punti di vista dei protagonisti. A voi è piaciuto? Vi sono chiare un po' di cose? Sicuramente avrete capito che la sofferenza di Irama è dovuta a un motivo specifico ma per ora non sveliamo di cosa si tratta. Ci vediamo martedì con il nuovo. Commentate, votate, ditemi cosa ne pensate!

Un bacio,
Mya❤

𝑼𝑵 𝑮𝑰𝑶𝑹𝑵𝑶 𝑰𝑵 𝑷𝑰𝑼̀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora