21. Ad occhi chiusi

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Rhod


Correvo dentro ad un labirinto fatto di buio e oscurità. Sapevo che qualcosa mi inseguiva, sapevo che più mi si avvicinava, più quello sfarfallio di falene e moscerini si palesava nel mio campo visivo, tremolando nella coda dell'occhio. Una cosa strisciante che suggeriva mostruosità inenarrabili.

C'era qualcosa nel buio. Ma non l'avrei guardato. Non mi sarei girato. Dovevo solo andare avanti. Dovevo solo aspettare che un vicolo si aprisse alla mia destra, che un muro crollasse, che il pavimento si trasformasse in scale.

Era questa l'avventura con la principessa. Un labirintico percorso verso una fanciulla che non conoscevo, ma di cui riuscivo a percepire tutta la paura, tutta l'angoscia, tutto il dolore, che mi mozzava il respiro come se morissi e resuscitassi solo per morire ancora, e ancora e ancora. Ma sapevo che dietro ad un muro ci sarebbe stata lei, come in ogni volta che sognavo. Sapevo che mi avrebbe detto di non voltarmi, di non guardarlo, perché altrimenti mi avrebbe preso. Lo diceva sempre, tutte le volte, ogni notte.

Ma non questa.

Se ne stava in catene, a terra, come una bambola di pezza svuotata dalla sua imbottitura. Vuota. Un involucro rotto, gli arti molli e tremanti, un flebile barlume di vita che s'aggrappava disperatamente a qualcosa. Qualcuno. Me.

«....» Non ebbi la forza di parlare. Non potevo neppure rincuorarla. La verità era che non sapevamo nulla: perché era stata rapita? Contro chi combattevamo? Cosa le stava facendo? Forse nessuno di noi quattro avrebbe avuto la forza per affrontare il nostro nemico. Non avevamo neppure la forza di affrontare i nostri problemi, i mostri del passato e i segreti del presente... Forse la nostra missione era destinata a fallire in un modo terribile. Sarebbe stato meglio abbandonare prima.

Ma non avevo il cuore di pietra per riuscire a dirlo. Il principe teneva troppo alla spedizione, il regno di Akra aspettava con angoscia il ritorno di una figlia e la principessa non meritava di restare in quell'inferno. Così mi lasciai cadere sulle ginocchia, al suo fianco, disposto a tenere segreti i sogni che tormentavano le mie notti e a chiudere gli occhi sul pericolo che avremmo affrontato in futuro. 


Eravamo in un mare di guai, su questo nessuno di noi quattro, strampalati ed inusuali compagni di viaggio, aveva dubbi.

Ricapitolando le sventure precedenti: dopo esserci inavvertitamente beccati una maledizione – la seconda nel mio caso, per disgrazia degli dei – ed esserci scambiati di corpo, avevamo indagato per scoprire quale fosse la causa e scoperto, mediante l'aiuto di un cantante-mago piuttosto sospettabile, che per salvarci avremmo dovuto compiere un rituale su un antico tumulo. Le cose erano andate bene, fino ad allora. 

Ognuno era ritornato ad essere se stesso: il principe dai capelli color caramello il solito giovane allegro, un po' precisino e un po' troppo religioso; il mercenario un mascalzone antipatico; io il mago sfortunato. E poi c'era André. Sarebbe stato impossibile nascondere quello che accadeva fra di noi. Ma quando lo avevo visto privato degli abiti, durante il rituale magico, avevo anche notato tutto il resto... 

La mappa di tessuto cicatriziale che gli scivolava sul corpo come se qualcuno avesse giocato sadicamente a martoriarlo. Linee nette o frastagliate, bruciature o ustioni, perfino incisioni... Parole scritte che non avevo avuto il tempo né il coraggio di leggere, troppo turbato, troppo sconvolto, rivoltato come un calzino sporco. Cercavo di non pensarci, ma ogni volta che guardavo quegli occhi di un verde acido quasi spettrale, mi ritornava in mente il suo corpo e i miei lineamenti si storcevano in un'espressione stravolta.

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora