10. La prima regola è: non uccidere

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Francis


Ricordavo che la luce era dorata e piena di pulviscolo. Profumava di un qualche fiore lasciato da una domestica sul mio comodino, un fiore con un nome che non riuscivo mai a pronunciare.

«Quando tornerai sul sole?» mi chiese, ridendo. Eravamo nella mia camera da letto, stesi a terra, sul pavimento di pietra fredda. I suoi capelli azzurri erano sparsi per il pavimento e la testa premeva contro la mia spalla, mentre gli occhi stavano rivolti al soffitto.

Capitava spesso di stare in quella posizione, le prime ore pomeridiane delle afose giornate estive, dopo uno stancante banchetto in cui i nostri genitori si incontravano.

In quel momento, fasci di luce solare penetravano dalla finestra e colpivano punti indefiniti del muro, sopra ai nostri occhi. Da qualche parte nel castello, qualcuno suonava la lenta melodia di un'arpa, e la sua musica arrivava fin dentro alla mia stanza.

Mi chiesi chi fosse ad avere tanta forza da suonare quella canzone senza morire di caldo. Quando lo dissi, lei rise.

«Mi piace stare con te.» disse. «Ho sempre così tanta voglia di vederti. Magari all'improvviso, mentre il mio maestro di danza mi mostra i passi giusti da eseguire.»

«Anche io ce l'ho, a volte.» Avevo sottolineato "a volte". Ci furono alcuni secondi di silenzio. Il brano all'arpa finì ed iniziò una nuova melodia.

«E' questo il problema con te. Sembra piacerti la mia compagnia, eppure non penso che vorresti stare con me tutto il giorno, dalla mattina alla sera. E non capisco perché.»

«Mmh.» mormorai.

«Non ti senti a tuo agio con me? E' che, quando stiamo insieme, ho l'impressione che l'aria diventi ancora più calda, soffocante. E' come stare sul sole.» disse, mentre le carezzavo piano una lunga ciocca di capelli che mi era finita sul petto.

«Non è che sul sole l'aria sia soffocante.» puntualizzai. «Semplicemente non esiste. Quindi...»

«E' soffocante. E calda.» insisté lei con un tono flebile di voce. Quel tono sommesso per qualche ragione mi turbò. «A volte troppo calda. Ed ho la netta impressione che respiri un'aria diversa dalla mia. Non so come spiegarlo.»

Voltai il capo verso di lei, che lo teneva dolcemente abbandonato sulla mia spalla. Lei scosse la testa. Poi si alzò dal pavimento con un fruscio di gonne, si avvicinò alla grande vetrata che permetteva l'accesso al balcone, e aprì completamente le tende. Dietro ai vetri si vedeva il mare. In alto, giallo come l'oro, galleggiava il sole del primo pomeriggio.

«Vai, tornatene a casa tua.» disse, indicando con un dito il sole.

«Non ti fa caldo?» dissi, arricciando il naso, con un'aria di divertimento mista a confusione.

«Sul sole?»

«No, lì davanti alla finestra! Non hai caldo?» dissi. Era agosto. Ferma accanto alla finestra, il suo volto si accendeva sotto ai raggi bollenti che penetravano nella camera.

Nel sentire le mie parole, sembrò finalmente accorgersi del caldo e tornò in fretta al mio fianco, sul pavimento fresco. Poggiò il viso nell'incavo del collo, avvolgendomi il petto con un braccio. La punta del suo naso premette contro la mia pelle. Era bollente.

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora