Rhod
Strinsi l'indice e il pollice fra loro, tanto forte da far sbiancare i polpastrelli. Tenni le palpebre chiuse, le gambe incrociate, il capo chino, le braccia sollevate a mezz'aria. Il pavimento in parquet scuro fluttuava sotto di me di diversi metri, o meglio, ero io a fluttuare di diversi metri dal parquet. Una piccola sfera di vetro, un'altra di pietra e un'altra ancora di legno, galleggiavano intorno a me in senso orario, seguendo attentamente i miei comandi. La finestra era aperta, lasciava entrare un lento sibilo di vento e le urla esaltate provenienti dalle sale d'allenamento del palazzo reale.
Ma io allontanai i rumori dalle orecchie, le sensazioni sulla pelle, e focalizzai tutte le mie energie sul movimento che producevano le sfere intorno al mio corpo, sull'aria che si curvava per sorreggere il mio peso. Ed ero così concentrato, che neppure mi accorsi della freccia.
Entrò dalla finestra, aperta abbastanza da facilitarne l'ingresso e, con una precisione micidiale, mi si conficcò nella gola.
Chiaramente, se fossi stata una qualsiasi altra persona al mondo, il destino non avrebbe di certo fatto in modo che una freccia, proveniente da un combattimento a diversi metri in basso rispetto alla mia stanza, mi colpisse precisamente la gola. Ma quel fato era beffardo con me. Maligno.
La prima volta che morii fu a cinque anni. Attraversavo la strada, un lento carretto della frutta percorreva il sentiero e, per uno strano caso del destino, non mi vide arrivare. La mia vita cessò sul colpo: troppe fratture per un solo piccolo corpo. Eppure, quando furono sul punto di bruciare i miei resti sulla pira funebre, io mi alzai in piedi, tutto intatto. Nessuno ebbe il coraggio di parlarne. Poi però non passò molto dalla seconda morte, quando la vipera mi morse a sei anni. O quando una capanna mi crollò addosso, oppure quando mi strozzai con il pranzo, oppure... Oppure.
Avevo sperimentato così tante morti, così svariate, che ormai non riuscivo più a ricordarle tutte. Ma forse era giusto così. Ero nato mago, avevo avuto in dono incredibili qualità, e per questo anche io dovevo avere un punto debole. Tuttavia, perfino per uno che ne aveva vissute di tutti i colori, morire innumerevoli volte all'anno poteva considerarsi una prova dura da affrontare, sopportare. Non ci si abitua mai alla morte.
Mi ero unito alla corte del re perché mi aveva promesso protezione. Potevo rimanere chiuso in una stanza, diminuire le mie probabilità di decesso ed avere un lavoro fiorente e di tutto rispetto. In realtà, salvarmi la pelle era più che sufficiente, mi bastava. Morire faceva provare un dolore particolarissimo, inenarrabile, non importava quante volte fossi in grado di rialzarmi.
Comunque, il programma della mia mattinata si mostrava prevedibile: sveglia alle sette e trenta, colazione alle otto, allenamento alle nove, morte alle nove e trenta e resurrezione alle dieci. E accadde tutto molto velocemente. Non appena la freccia mi si conficcò nel collo, la sfera di vetro cadde a terra e si spaccò in milioni di pezzi acuminati; la sfera di pietra si schiantò contro la libreria, che con un frastuono tremendo cadde in avanti e si sfracellò contro il suolo; invece, la sfera di legno cozzò contro una pila infinita di tomi magici, sparpagliandoli con terribili tonfi fra i vetri rotti.
Quanto a me, mi limitai a precipitare a tutta velocità contro il pavimento, mentre il dolore mi si espandeva dalla gola in fitte lancinanti e mi mozzava l'aria. Atterrai con un rumore sinistro sui vetri infranti, i pezzi di legno della libreria cozzarono contro la mia testa, i frantumi dei vetri mi entrarono nella pelle, la punta acuminata della freccia nella mia gola stridette contro il pavimento. Poi divenne tutto nero.
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Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |
AventuraCOMPLETATA (Capitoli: 38/38) || BOYXBOY - R18 || Dal capitolo 14: Ero stregato. Stavo baciando un principe che era già promesso ad un'altra. Stavo baciando un ragazzo che, con quegli occhi temporaleschi, era il rovescio del mio malefico potere. St...