32. Just the two of us

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Cyran


Mi ci volle un bel po' di tempo per realizzare la portata dell'enorme vaffanculo che mi stava salendo da dentro.

All'inizio, ero solo convinto di essere in taverna.

E questa che era la più grande sbronza del secolo. Non dovevo aver bevuto solo qualche boccale di birra, né mischiato con un po' di idromele, che dopotutto non faceva mai male. Dovevo aver come minimo svuotato le totali riserve di alcol di una città intera ed essere finito a sventolare i miei calzoni in aria, in equilibrio precario su un tavolo, leccando sudore dalle tette di una cameriera.

Cosa che era già successa una volta, appunto durante una delle mie peggiori sbronze. Bizzarro che riuscissi ancora a ricordarlo!

Insomma, quando mi ubriacavo fino al punto da dimenticare che anche un tipo come me aveva una dignità, succedevano strane cose. Iniziavo a vivere dentro a fantasie talmente colorite che non riuscivo nemmeno a raccontarle. Perciò, tutto quello che era appena successo doveva essere per forza un trip, di cui l'ebbrezza era la prima colpevole.

Perché poi pensavo di essere in taverna? Molto semplice.

Quella cacchio di musica non la finiva un attimo con la lagna. Avrei volentieri strangolato il menestrello appendendolo per le mutande solo per costringerlo a cambiare canzone. Ma poi, dove diavolo era il menestrello?

Mi guardai intorno e vidi solo una calca di gente sudata e vestita in modo strano che saltava, si sbracciava e si strusciava come se ne andasse della loro vita. Niente palco. Niente stronzetto col suo liuto da spezzare in due. E comunque, era davvero un liuto quello che stava suonando? Parevano strumenti mai uditi prima. Ecco perché dovevo essere ubriaco.

E avevo altri ottimi motivi. Per esempio: quel bastardo del maghetto aveva provato ad ammazzarmi. Me lo ero sognato? Poteva essere mai possibile?

Ma soprattutto, perché quel dannato con la mia faccia si faceva vedere proprio adesso? Fra tutti i momenti, aveva selezionato il più inopportuno. Aveva senso che fosse lì, nei Regni del Caos, lo sapevo bene. Eppure una parte di me non voleva accettarlo. Non poteva aver finto di essere Marshall per tutto quel tempo ed avermi ingannato così abilmente. Non poteva essere lui. Perciò, si trattava per forza del peggiore svarione mentale di tutti i tempi.

Dovevo ricordarmi di non andarci giù pesante col rum, per la miseria! Le mie botte pazzesche venivano soprattutto dal rum. Dannato rum.

Sfortunatamente, capii che si trattava della realtà quando il fioraio mi vomitò sugli stivali. «Ma porcaccia...!» bestemmiai. «Fra tutte le scarpe qui presenti dovevi scegliere proprio le mie?!» ringhiai, mentre il biondo stava chino a terra, i pugni stretti, la saliva alla bocca e il naso che continuava a sanguinare copiosamente. Era talmente bianco - grigio, quasi - che ebbi l'impressione stesse per tirare le cuoia nel giro di un paio di minuti.

Ebbi abbastanza pietà di lui da non infierire, limitandomi a scrollare il vomito dalle scarpe con qualche calcetto schifato, mentre il principino già strepitava fra di noi per controllarci.

«Siete tutti interi?!» esclamò, esaminandoci come una mammina apprensiva, a cominciare da me: mi stava tastando le braccia, il petto, i muscoli con le dita come in cerca di ferite. Gli feci l'occhiolino.

«Perché non sposti le mani un po' più in basso? Sicuramente c'è qualcosa lì sotto che ha bisogno di un controllino...» gongolai, pizzicandogli un fianco. Lo vidi infiammarsi e poi lanciarmi un'occhiataccia.

«Non è il momento, Cyran!» Lo sapevo perfettamente, ma era il mio modo per cercare di razionalizzare l'assurdità appena capitata. Quel bastardo bugiardo - che non era mai stato un mago - ci aveva catapultati chissà dove, lontani dalla nostra meta. E perché, poi? Non volevo pensarci.

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora