23. Bruciante desiderio

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[Pre-NDA: Quando vedrete questo simbolo (*) nel testo, fate partire la musica]

Francis

Era un dovere che avevo imposto a tutti. Non m'importava che gli altri tre a stento approvassero: la mia eloquenza era stata in grado di piegare le loro sciocche motivazioni sulla comodità e sulla praticità, nonché sul caldo, per il favore di ingraziarci l'intero equipaggio – fra ospiti e servitù – che avrebbe certamente ammirato la nostra eleganza. Ma non l'avevo certo deciso per vanità o buon costume: il Grande Dirigibile D'Argento non era alla portata di tutti. Solo nobili di un certo calibro ne avevano accesso e fare una buona impressione mi sembrava fondamentale per garantirci un soggiorno tranquillo.

«Che ne pensi?» domandai, reggendo una stampella con un delizioso farsetto blu notte a motivi di gigli araldici dorati, ovviamente estivo, completamente in lino e seta tutto riempito di stringhe al centro del petto.

Rhod Hywel emerse dalle candidi tende del camerino facendo spuntare la testa di lato in modo da mostrare solo gli enormi occhi blu. Una treccina gli cadde proprio fra le ciglia e stropicciò goffamente le palpebre.

«Ehm... N-non lo s-s-so... M-ma...» prima di aggiungere qualsiasi altra cosa si nascose all'interno. «Que-queste ca-calze-b..brache s-sono tr...troppo.» balbettò dall'interno ed io lo sentii a stento visto che non si impegnava nemmeno ad alzare la voce.

Sapevo che non era molto educato nei miei confronti, ma ormai non ci facevo più caso, non dopo aver passato tanto tempo a dormire insieme, ad indicarci quali punti nel terreno potessero essere i migliori per creare una latrina e a consigliarci quali ossicini dei leprotti fossero troppo rigidi da rosicchiare in una giornata particolarmente priva di cibo. Sì lo so, ero molto in imbarazzo al solo ricordo di queste cose, specialmente per la latrina. O per quella volta in cui si pulì inavvertitamente con dell'ortica salvando me dallo stesso tragico destino.

Questi erano i piccoli inconvenienti di viaggiare insieme per i boschi, improvvisando. Ma eravamo diventati amici, anche se il mago era praticamente tutto ciò che non ero io: balbuziente, timido, solitario e pieno di potere e talento. Ahimé, io non ne avevo molto.

«N-non gua-guardare...» bofonchiò, ma dovetti farlo per capire se avessi scelto bene. Capii subito cosa intendeva con "troppo". Le calze-brache erano davvero attillate e non perché il gentile sarto che ci serviva le avesse scelte strette. Il modello tirava su ogni punto delle sue grazie poco virili, rendendo la cosa piuttosto imbarazzante.

«Oh.. Ehm...» distolsi lo sguardo imbarazzato e gli porsi il farsetto che avevo appena trovato.

«Provati questo, intanto vado a chiedere un paio di pantaloni. Vedrai, avrai un guardaroba da principe!» esclamai, battendo gioiosamente le mani prima di uscire alla ricerca di altri farsetti.

Occorreva riempire le belle valigie di pelle di cinghiale che avevamo appena comprato di abiti nuovi, non ne potevo più di usare sempre il solito farsetto, sdrucito e così impregnato di sudore che anche lavandolo più volte e strofinando rametti di menta l'odore persisteva. Dovevo ammettere però, che trovare degli abiti adatti era abbastanza difficile, considerando che ogni giorno nella corte di Gilerines una governante decideva come pettinarmi, vestirmi, cosa abbinare a cos'altro – perfino i calzini e le scarpe. Ne avevo non sapevo quante paia.

Intanto, pregai gli Dei che da Cyran e André le cose andassero per il verso giusto, ma intuii che il mercenario stesse facendo i capricci come al solito, quando si trattava dei vestiti. Si trovavano in una sala parallela alla nostra, con un sarto ancora più competente che io compatii con tutto me stesso nel sentire dalla porta più vicina un certo trambusto.

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora