5. Una serie di sfortunati incendi

974 70 114
                                    


Cyran 


Ancora sotto le lenzuola di seta, scrutai le gambe nude e snelle della domestica zampettare per la stanza, in cerca dei vestiti sparpagliati per tutta la camera da letto.

«S-signore, deve alzarsi... Il banchetto sta per iniziare.» esordì timorosa, infilandosi l'orribile uniforme color arancio che indossavano tutti i servitori del castello. Schioccai la lingua e alzai gli occhi al cielo, seccato.

Dopo aver dialogato con il re nella sala delle strategie, tutti e quattro eravamo stati informati del banchetto che la regina aveva indetto in nostro onore, per supplicare gli dei che il nostro viaggio andasse a buon fine. A quel punto, ognuno di noi era stato spedito nella propria stanza, pronto ad essere impacchettato e messo in mostra davanti alla corte. Non amavo affatto trascorrere quel genere di festicciole con odiosi aristocratici intorno, ma quello non significava che non potessi approfittare dell'ospitalità del sovrano. Le lenzuola di seta, il bagno con acqua bollente, l'aiuto delle domestiche... Ecco, mi piacevano sopratutto le domestiche. Abbozzai un sorriso divertito, seguendo il movimento delle mani della serva, che si affrettavano a richiudere i bottoncini dell'abito.

«Avanti, vieni qui.» Diedi un colpetto al lato vuoto del letto, dove albergavano lenzuola sfatte ma ancora di un bianco splendente. «Fammi di nuovo compagnia.» E le rivolsi un sorriso ostinatamente malizioso. Ma la ragazza si affrettò verso l'uscita, con gli occhi rivolti al pavimento.

«Presto verranno altre domestiche a vestirvi.» mi avvisò.

«Saranno carine quanto te?» domandai, prima che facesse un inchino ed uscisse in silenzio, senza degnarmi di alcuna risposta. Sospirai e rigettai la testa contro il cuscino, rimanendo a fissare il grande lampadario di ferro battuto che pendeva nel punto esatto in cui le volte di pietra si incontravano.

Qualche minuto più tardi, dopo aver appurato che le domestiche erano tutte affette da bruttezza cronica, mi lasciai agghindare come un albero di Natale, troppo annoiato per ribattere. Cercarono perfino di ingellarmi i capelli, e allora diedi di matto e le feci uscire tutte quante.

Libero da mani nemiche, mi sbottonai i primi cinque bottoni della camicia bianca, che con quel colletto striminzito e fastidioso pieno di merletto mi faceva venire un prurito pazzesco. Poi, slacciai il farsetto di pelle verde scura e lo lasciai aperto sulla camicia, cosa che aiutò a smorzare quell'aria da idiota e perfettino uomo di corte. Non ancora soddisfatto, mi cambiai quelle tremende scarpette da ballo dotate di luccicante fibbia argentata con i miei vecchi e fidati stivali di pelle al ginocchio, con la punta di metallo, che mi avevano salvato tante volte nelle risse in taverna. L'ultima cosa che feci fu passarmi una mano fra i capelli corvini, giusto per scompigliarmeli ancora di più. Ammiccai al riflesso nel mio specchio e, compiaciuto dal risultato, uscii impettito, infilandomi le mani in tasca.


***


Al mio arrivo nella sala del banchetto, mi accorsi che se prima mi sentivo a disagio circondato dai servitori, adesso sapevo benissimo di non c'entrare assolutamente nulla in quell'ambiente.

Sebbene non mi interessassi minimamente al lusso o agli eventi galanti, dovevo ammettere che quel posto era spettacolare. Non era che una sorta di terrazza adibita a sala da ballo: la stanza dalla forma rettangolare si presentava enorme e sfarzosa, circondata da lunghe file di colonnati in legno intarsiato, sulla quale si arrampicavano fasci rigogliosi di bouganville, che spargevano chiazze di viola e un profumo soave un po' dappertutto. Data l'assenza del tetto, un tappeto di stelle era ben visibile e la luce della luna tinteggiava d'argento i vestiti delle dame, facendo scintillare i dettagli di perle e gemme che decoravano le stoffe. Ad unirsi a quelle spirali di colore, torce e candele pendevano qua e là fra i colonnati, creando giochi di luce fra gli invitati. Al centro della sala, le dame danzavano con i loro signori in file precise, congiungendo le mani e girando in tondo, per poi cambiare compagni di ballo con un salto. Dietro all'imponente colonnato invece, una lunghissima fila di tavoli procedeva senza fine: sembrava che per quella sera trovare il mio posto sarebbe stata un'impresa impossibile.

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora